Africa, quelle guerre dimenticate e la tragedia del "popolo degli invisibili"
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Africa, quelle guerre dimenticate e la tragedia del "popolo degli invisibili"

Tragedie che riguardano l’esistenza di milioni di esseri umani, in maggioranza donne e bambini. Ma è come se non esistessero, non fanno notizia.

Miliziani della repubblica Centrafricana
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Novembre 2020 - 16.32


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Africa, le guerre dimenticate, le speranze deluse, le tragedie in atto. Tragedie che riguardano l’esistenza di milioni di esseri umani, in maggioranza donne e bambini. Ma è come se non esistessero, non fanno notizia. Sono il “popolo degli invisibili”.

L’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in una nota ufficiale ha espresso “profonda preoccupazione in merito all’aggravarsi della crisi nell’Etiopia settentrionale, dove gli scontri in corso tra il governo federale etiope e le forze del Tigrè stanno costringendo migliaia di persone a fuggire, più delle metà delle quali minori.

Dallo scoppio delle violenze, a inizio novembre, oltre 14.500 minori, donne e uomini sono fuggiti in Sudan per mettersi in salvo, andando a sovraccaricare le attuali capacità di assicurare assistenza. Nel frattempo, i servizi rivolti ai 96.000 rifugiati eritrei presenti nel Tigrè hanno subito gravi interruzioni e, secondo testimonianze, numeri crescenti di cittadini etiopi sarebbero costretti a fuggire all’interno della regione.

L’Unhcr si appella a tutte le parti coinvolte affinché garantiscano l’incolumità e la sicurezza di tutti i civili nel tigrè.

Etiopia, nuovo fronte di guerra

Ieri, il teatro dei combattimenti in corso nel Tigrè si è spostato in prossimità del campo rifugiati di Shimelba – che accoglie 6.500 rifugiati eritrei – sollevando timori di un esodo di massa dal sito. L’Unhcr sta predisponendo i preparativi per accogliere i rifugiati che hanno già cominciato ad arrivare nel campo di Hitsats, a 50 km di distanza, e sta considerando ulteriori opzioni di ricollocamento nella regione.

In generale, le condizioni di vita e le condizioni operative nel Tigrè stanno divenendo più difficili, considerato che si registrano interruzioni di corrente e che i rifornimenti di carburante e cibo scarseggiano sempre più. Ogni canale di comunicazione è stato interrotto, impedendo qualunque possibilità di condivisione di informazioni.

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Il numero di rifugiati che cercano di mettersi al sicuro nel vicino Sudan è in rapido aumento, con oltre 4.000 persone che hanno varcato il confine in un solo giorno. Di queste, la maggior parte ha fatto ingresso dal varco di Hamdayet, e la parte restante da quello di Ludgi, rispettivamente negli Stati di Kassala e di Gadaref.

Le persone in arrivo portano con sé pochissimi effetti personali, indicatore di come siano dovute fuggire in tutta fretta. I bambini appaiono esausti e impauriti. La maggior parte proviene da Humera, nel Tigrè, mentre altri dalle città limitrofe di Rawyan e Dima.

L’Unhcr e i partner stanno intensificando gli aiuti, ma il numero di nuovi arrivati sta largamente superando le capacità di assistenza a disposizione sul campo.

La capienza del centro di transito presso il varco di confine di Hamdayet permette di alloggiare 300 rifugiati, ma il sito è già sovraccaricato dall’arrivo di 6.000 persone. I servizi igienico-sanitari disponibili sono inadeguati e questo condiziona i livelli di igiene.

Le persone che fanno ingresso dal varco di Lugdi sono temporaneamente accolte in un centro di transito allestito presso un sito chiamato Villaggio 8, a 35 km dal confine. Grazie al supporto del Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) e di Muslim Aid, sono assicurati loro pasti caldi. Anche le comunità locali stanno generosamente assicurando supporto ai rifugiati procurando loro cibo. La Mezzaluna Rossa Sudanese ha fornito farmaci essenziali e dispiegato personale medico presso Hamdayet per condurre screening, anche per testare il contagio da Covid-19, in previsione di un rafforzamento dell’assistenza sanitaria nei giorni a venire. Considerato l’aumento di persone in fuga, il governo ha approvato l’allestimento di un campo rifugiati a Um Rakuba, a 80 km dalla frontiera, capace di accogliere fino a 20.000 persone. Attualmente, è in corso di individuazione un numero supplementare di siti.

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Mozambico, altro fronte.

Sempre l’Unhcr ha lanciato l’allarme per il peggioramento della sicurezza nella provincia di Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale. I civili, in particolar modo donne e bambini, soffrono le conseguenze più gravi delle violazioni di massa di diritti umani, compresi aggressioni brutali e rapimenti.

Migliaia di persone sono fuggite dal distretto di Muidumbe a causa dei ripetuti attacchi perpetrati ai danni di numerosi villaggi a partire dalla settimana scorsa.

Si registrano testimonianze orripilanti di violenze di estrema brutalità scatenate contro civili da gruppi armati non statali nel distretto di Muidumbe. Secondo le testimonianze, sarebbero state prese di mira e distrutte anche scuole, cliniche mediche, case private e infrastrutture governative.

Numerosi civili in fuga da tali attacchi si sono rifugiati nel distretto di Mueda, accolti da membri delle comunità di accoglienza o da famigliari. Ci si aspetta che altre persone fuggiranno prima che nuovi attacchi verranno sferrati.

Esodo disperato

Le violenze perpetrate da gruppi armati nella provincia di Cabo Delgado hanno costretto alla fuga almeno 355.000 persone dal 2017, secondo stime delle Nazioni Unite. Molte cercano rifugio in aree delle province di Cabo Delgado, di Nampula e di Niassa. Numerosi distretti continuano a essere inaccessibili poiché occupati da gruppi armati oppure restano ad alto rischio di essere attaccati. L’Unhcr teme che i civili, compresi anziani e persone con disabilità, possano restare intrappolati in queste aree.

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Continuano ad approdare persone presso la spiaggia di Paquitequete, nel distretto di Pemba, in arrivo principalmente da Macomia, Quissanga e dall’isola di Ibo. Il numero di sfollati giunti in quest’area da metà ottobre è di 14.353. Per centinaia di questi, che vivono in spiaggia in condizioni precarie, l’accesso ad acqua potabile rappresenta l’esigenza più urgente, secondo una valutazione dell’agenzia Onu. Le persone, inoltre, vivono in condizioni igienico-sanitarie inadeguate e in spazi caratterizzati da sovraffollamento.

Le agenzie umanitarie, tra cui l’Unhcr, hanno assicurato l’erogazione di cibo, acqua e servizi igienici, ma è necessario adottare con urgenza ulteriori misure a causa dei nuovi arrivi nell’area di Pemba. L’accesso a determinate aree continua a essere ridotto a causa delle violenze e dell’assenza di sicurezza.

L’Unhcr ha lanciato un appello da 19,2 milioni di dollari per soddisfare le esigenze più urgenti degli sfollati. Attualmente, è stato raccolto il 39 per cento dei fondi richiesti. Una vergogna che ricade sull’intera comunità internazionale, a cominciare dal ricco Occidente. Ma questa, purtroppo, non è una novità. 

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