L'attivista egiziana Sanaa Seif è stata rapita dopo un'aggressione: picchiate anche la madre e la sorella
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L'attivista egiziana Sanaa Seif è stata rapita dopo un'aggressione: picchiate anche la madre e la sorella

La denuncia è stata fatta dalla sorella Mona che da mesi, insieme alla madre Laila, dorme davanti al carcere di Tora, dove è rinchiuso il fratello Alaa Abdel Fattah, attivista egiziano

Sanaa Seif
Sanaa Seif
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23 Giugno 2020 - 16.11


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Mona, Sanaa e Laila Seif sono una famiglia di donne egiziane (Laila la madre, Mona e Sana le figlie) che da settimane stanno portando avanti una protesta davanti al carcere di Tora, nella periferia sud de Il Cairo, dove è rinchiuso Alaa Abdel Fattah, figlio e fratello delle tre attiviste, insieme anche a Patrick Zaki. Il carcere di Tora è famigerato perché è lì che il regime di al-Sisi rinchiude i detenuti per ‘reato di coscienza’, ossia l’opposizione al regime. 

Le tre donne hanno denunciato che Sanaa Seif è stata prelevata davanti alla sede della Procura generale a el-Rehab, nell’area di New Cairo, buttata dentro un furgone bianco che poi si è allontanato in gran fretta. Tutto ripreso in un video postato quasi in diretta sui social da Mona Seif che mostra come l’episodio sia avvenuto in pieno giorno e davanti a tanta gente. Solo la sera prima, le tre erano state aggredite davanti al carcere, picchiate con dei bastoni e derubate, mentre la polizia rimaneva a guardare e rideva, secondo quanto hanno raccontato. 
“Chiediamo alle autorità di avere informazioni su dove si trovi Sanaa Seif e di farla tornare a casa al più presto, oltre a mettere in atto una investigazione imparziale sui fatti del carcere di Tora”, chiede attraverso una nota la Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf).
Alaa Abdel Fattah è rinchiuso dal 29 settembre scorso. Abdel è un notissimo attivista egiziano, già arrestato diverse volte in passato per le sue ribellioni al regime. L’ultimo arresto è avvenuto a settembre, con l’accusa (falsa) di aver partecipato a una manifestazione contro al-Sisi. Da quando è iniziata l’epidemia di Coronavirus, le sue sorelle e la madre non hanno più avuto notizie di lui, rinchiuso nel carcere di Tora da anni denunciato dalle associazioni per i diritti umani a causa delle torture che si compiono al suo interno. 
Leila, Mona e Sanaa da mesi dormono davanti al carcere, in una forma di protesta che ha fatto il giro del mondo e che le ha rese il bersaglio del regime. Mona Seif ha raccontato, riguardo l’aggressione di ieri sera: “Eravamo tutte e tre sedute a terra, sempre in attesa di ricevere un segnale dalle autorità carcerarie per incontrare o far avere degli effetti ad Alaa. Tutto procedeva come al solito, lunghe e inutili attese, quando siamo state avvicinate da un gruppo di donne in abiti civili. Hanno iniziato a fare delle domande, poi si sono avvicinate mettendo le mani dentro le nostre borse, toccandoci e infine passando alle vie di fatto. Sono cominciate le molestie, poi le botte, usando anche dei bastoni. Io e mia sorella Sanaa abbiamo lividi e ferite su tutto il corpo. Lei, in particolare, molto profonde, tanto da dover andare in ospedale. Di quelle donne ne arrivavano in continuazione e mentre una parte ci picchiava, altre hanno preso le nostre borse, potandoci via tutto, soldi, documenti e cellulari. Fortuna che il mio lo avevo lasciato in macchina. Era una banda ben organizzata e protetta, inviata per uno scopo preciso. Le risate e gli incitamenti degli agenti di guardia a Tora ne sono la prova. All’ufficiale che era presente, di cui conosco nome e grado, e ai suoi sottoposti dico che un giorno anche loro saranno giudicati e pagheranno per il loro comportamento”.
Questa mattina Laila Seif è tornata in carcere per chiedere di incontrare il figlio e successivamente si è recata nell’ufficio del Procuratore generale del Cairo, lo stesso che dovrebbe fornire collaborazione alle autorità italiane per il caso di Giulio Regeni e notizie sulla carcerazione di Patrick Zaki. Uscite dalla Procura, Sanaa è stata rapita. 

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