Noury (Amnesty) sulle armi all'Egitto: "Un governo che ha cuore i diritti umani non autorizza questa vendita"
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Noury (Amnesty) sulle armi all'Egitto: "Un governo che ha cuore i diritti umani non autorizza questa vendita"

Il portavoce della sezione italiana della Ong "Nella maggioranza parlamentare che lo sostiene persone che vogliono giustizia ve ne sono molte. Chiedo che facciano sentire la loro voce"

Riccardo Noury
Riccardo Noury
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Maggio 2020 - 14.25


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Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, qual è il suo giudizio sulla “commessa del secolo” in vendita di armi che l’Italia starebbe per avviare con l’Egitto del presidente -generale Abdel Fattah al-Sisi?

Leggo che il governo è diviso sulla questa enorme commessa militare. Un governo che avesse cura dei diritti umani nei rapporti bilaterali con l’Egitto in realtà dovrebbe essere unito e non diviso sull’inopportunità dell’autorizzazione. A quanto pare vi sono ministri che non la pensano così. Sempre che poi questa divisione sia reale e non solo fumo negli occhi verso l’opinione pubblica, indotta a pensare che comunque sarà una decisione “sofferta”. Se sommiamo la possibilità che questa commessa vada in porto alla realtà che l’Egitto è stato il primo paese cui nel 2019 l’Italia ha fornito armi (autorizzazioni per un valore di 872 milioni di euro), è sempre più chiaro cosa intendesse dire l’ex ministro Alfano nell’estate 2017 con la frase “L’Egitto è un partner ineludibile per l’Italia”.

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Lei è stato da sempre a fianco della famiglia Regeni nel chiedere verità e giustizia sull’assassinio di Giulio.

Continuiamo a sostenere che nei confronti dell’Egitto occorra riprendere a inviare segnali di scontentezza per la mancata collaborazione nella ricerca della verità per Giulio Regeni e per le sistematiche violazioni dei diritti umani, tra cui la detenzione da ormai quasi quattro mesi dello studente del Master di Bologna Patrick Zaki. Ma purtroppo i segnali che vengono da Roma sono di segno completamente diverso. Capisco che la posta economica in gioco sia diversa, ma voglio segnalare un atto di coerenza politica che vorremmo fosse da esempio: pochi giorni fa la giunta regionale dell’Emilia Romagna ha deciso di chiedere la sospensione dell’esame di un accordo su educazione e formazione professionale con l’Egitto. Il motivo è che quell’accordo coinvolge un fondo che fa capo al governo del Cairo. La richiesta l’ha fatta la vicepresidente della regione Elly Schlein e l’ha accolta l’Assemblea legislativa presieduta da Emma Petitti. Io spero che nel governo vi siano esponenti politici che, come Schlein e Petitti, hanno a cuore i diritti umani. Di sicuro, nella maggioranza parlamentare che lo sostiene, di queste persone ve ne sono molte. Chiedo che facciano sentire la loro voce.

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Questa vicenda sembra sancire la potenza dell’industria militare e il fatto che, al di là delle dichiarazioni di circostanza, nei fatti chi governa l’Italia, al di là delle diverse maggioranze succedutesi, continua a ritenere che la diplomazia degli affari non si concilia con quella dei diritti

I fatti ci dicono esattamente questo. L’industria armiera ha un peso importante nelle decisioni della politica. Gli interessi economici pongono i diritti umani in secondo piano. E quando parlo di diritti non mi riferisco a un astratto sistema di princìpi internazionali ma a persone con nome e cognome, le cui vite e le cui libertà decidiamo che in nome della prevalenza di quegli interessi possano essere sacrificate.

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