Sami (Unhcr): "Il virus non ha fermato i combattimenti. L'emergenza non può portare a respingimenti"
Top

Sami (Unhcr): "Il virus non ha fermato i combattimenti. L'emergenza non può portare a respingimenti"

La portavoce per il Sud Europa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) parla delle emergenze ai tempi del coronavirus

Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)
Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

8 Aprile 2020 - 14.55


ATF

Migranti, richiedenti asilo, una umanità sofferente che fugge da guerre, povertà, disastri ambientali. I più indifesi tra gli indifesi, tanto più ai tempi del Coronavirus. In questa intervista esclusiva, Globalist ne parla con Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)

I più indifesi tra gli indifesi al tempo del Coronavirus. Se c’è un osservatorio privilegiato per monitorare la situazione di migranti e richiedenti asilo su scala globale, questo osservatorio è l’Unhcr. Qual è il quadro attuale e che considerazioni si possono fare?

“Le considerazioni principali riguardano il fatto che questa pandemia è una emergenza sanitaria che aggrava ulteriormente le condizioni di milioni di persone che si trovano in contesti di guerre, emergenze umanitarie e povertà. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato, due settimane fa, un appello per il cessate-il fuoco globale. Questo è molto importante, considerando che più dell’80% dei rifugiati e degli sfollati vivono in Paesi poveri, dove oltre la povertà non c’è l’accesso ai servizi sanitari di base. Questo lo vediamo in molti Paesi africani ma anche in Siria dove, ad esempio, proprio le strutture sanitarie sono state tra le prime ad essere colpite nel conflitto, o in Libia dove la guerra non si è fermata e migranti, rifugiati e anche tanti libici non riescono a godere di cure mediche”.

La risposta della comunità internazionale all’appello del segretario generale dell’Onu è stata all’altezza delle aspettative e delle necessità impellenti?

“No, purtroppo in molti contesti la guerra continua. Il virus non ha fermato i combattimenti. Nonostante questo, come Unhcr stiamo riorganizzando tutte le nostre attività in ogni teatro umanitario per fare in modo che i rifugiati, che spesso vivono in campi o in città ma confinati in zone molto affollate, possano avere accesso a sapone e acqua. E su questo stiamo anche coinvolgendo in tutti i Paesi gli stessi rifugiati, e oggi producono loro stessi il sapone necessario per garantire l’igiene e la prevenzione”.

Un problema riguarda i Paesi, europei che, in nome dell’emergenza sanitaria, hanno congelato le richieste di asilo.

“In realtà non sono molti i Paesi che hanno adottato questa misura, ma il rischio è presente. Noi possiamo comprendere che ci possano essere delle restrizioni alle entrate, ai viaggi, alla libertà di movimento, ma queste misure devono includere degli screening sanitari, la realizzazione di tamponi o la messa in quarantena, mentre non possono mettere in atto respingimenti o negare la possibilità effettiva di fare domanda d’asilo”.

In precedenza lei ha fatto riferimento alla risposta della comunità internazionale, intesa come organismi sovranazionali e singoli Stati, all’appello di Guterres e più in generale alla difesa dei più indifesi. Che risposta avete avuto dalle opinioni pubbliche? C’è stata una qualche risposta?

“Sì, la risposta c’è stata ed è stata una risposta straordinaria, in Italia e in ogni parte del mondo, forse perché ognuno di noi sta capendo concretamente che quello che succede agli altri si ripercuote subito su di noi, e stiamo quindi riscoprendo che la solidarietà con gli altri può essere qualcosa di cui andare orgogliosi”.

Niente sarà più come prima, si dice e scrive da più parti. Ma per l’Unhcr come dovrebbe tradursi in positivo questa asserzione?

“Innanzitutto, bisognerà che non si dimentichi quello che è successo. Non sarà facile tornare alla normalità. Dovremo cambiare radicalmente anche il modo di intervenire in ambito umanitario. E poi mi auguro che i cittadini non tollerino più la propaganda. Non abbiamo bisogno di minacce costruite ad arte quando ce ne sono di reali molto più pericolose”.

Native

Articoli correlati