Sui migranti l'Italia deve prendere lezioni dal Portogallo
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Sui migranti l'Italia deve prendere lezioni dal Portogallo

Da Lisbona una lezione di civiltà, umanità e una difesa solidale dei propri interessi economici.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Marzo 2020 - 12.42


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Il governo di Antonio Costa ha approvato nei giorni scorsi la sanatoria per i richiedenti asilo e per tutti gli stranieri senza permesso di soggiorno che abbiano chiesto di accedere ai servizi sanitari. Con questo provvedimento gli stranieri potranno emergere dal nero, dalle irregolarità, dallo sfruttamento accedendo ai servizi pubblici ed andando così a far parte, a pieno titolo, della comunità portoghese. “Le persone non dovrebbero essere private del diritto alla sanità e ai servizi pubblici solo perché la loro domanda non è stata ancora elaborata”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Interni, Claudia Veloso.
“In questa emergenza, i diritti dei migranti devono essere garantiti”, ha aggiunto. In questa fase, ha deciso il governo socialista, non ci si può permettere di avere sul proprio territorio persone che sfuggano al monitoraggio sanitario delle autorità. Il governo guidato da una coalizione di sinistra, su questo provvedimento sembra abbia trovato un consenso pressoché unanime. A inizio marzo un lavoratore nepalese nelle serre dell’Algarve, nel sud del Portogallo, aveva mostrato i sintomi del virus Sars-CoV-2.
Per precauzione erano stati messi in quarantena altri 79 lavoratori nepalesi. Molto di loro erano fuggiti nella notte, temendo di essere arrestati in quanto non in possesso del permesso di soggiorno. L’episodio ha scatenato, racconta El Pais, un grande dibattito in seno all’opinione pubblica portoghese e ha spinto il premier Costa ad adottare questa sanatoria per tutti gli irregolari presenti nel Paese. Con questo provvedimento gli stranieri potranno anche cercare un lavoro regolare, accedere a tutti i servizi pubblici e affittare una casa senza ricorrere al mercato nero. Sempre secondo una stima del quotidiano spagnolo, questa misura favorisce principalmente la comunità brasiliana – 150mila su un totale di mezzo milione – e i lavoratori asiatici impiegati principalmente settori dell’edilizia e dell’agricoltura.
Per il momento il Portogallo è riuscito a contenere l’emergenza sanitaria, i numeri restano abbastanza bassi: 5170 contagiati e 100 morti. Una situazione ancora gestibile, soprattutto se paragonata al dramma vissuto dalla vicina Spagna. Ma i morti non sono numeri, statistiche. Hanno un volto, una storia. Una vita spezzata nel fiorire degli anni. Un ragazzo di 14 anni, in buona salute, è morto in Portogallo dopo aver contratto il Coronavirus diventando la vittima più giovane in Europa. Secondo quanto riportano i media locali, Vitor Godinho, giovane atleta del futsal portoghese, era in forma e sportivo, ma soffriva di psoriasi, un disturbo della pelle che a volte può colpire il sistema immunitario.Il giovane era stato ricoverato tra venerdì e sabato all’ospedale Hospital de São Sebastião, em Santa Maria da Feira di Lisbona.
Le sue condizioni già gravi, hanno impedito il trasferimento all’unità pediatrica di Porto e poche ore dopo è avvenuto il decesso. Ed è anche sull’onda di questo morte prematura che il Portogallo ha scelto la strada dell’inclusione, della solidarietà. Scrive Joana Gorjão Henriques sul quotidiano portoghese Público, articolo opportunamente tradotto in italiano da Melting Pot Europa : “Nelle scorse settimane una ventina di associazioni hanno manifestato la loro preoccupazione al governo su questi casi e hanno scritto una lettera chiedendo soluzioni concrete. In tale lettera, le associazioni firmatarie sottolineano che ai lavoratori in fase di regolarizzazione e che hanno già effettuato versamenti previdenziali debbono essere garantiti i diritti alle indennità nei casi in cui sono previsti per gli altri lavoratori – se devono rimanere in quarantena, se si ammalano, se devono rimanere a casa per occuparsi dei bambini al di sotto dei 12 anni, o se sono licenziati a causa della chiusura temporanea o permanente delle aziende in cui lavorano. Inoltre chiedono che venga garantito anche il diritto all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento.
Al quotidiano Público Flora Silva dell’Associazione Olho Vivo, riportava alcuni giorni fa che “ci sono molte persone in attesa del permesso di soggiorno non per colpa loro, ma per colpa dei ritardi del SEF. Da un momento all’altro si trovano senza lavoro e non sono coperti da nulla. Così loro e le loro famiglie. Sarà una calamità”. Allo stesso modo questa settimana decine di brasiliani, la più grande comunità di stranieri in Portogallo con 151.000 cittadini, hanno chiesto aiuto all’ambasciata per risolvere la situazione. L’elenco comprende giuristi, assistenti sociali, artisti, sommelier, pubblicisti, cineasti, psicologi, archeologi, insegnanti, addetti alle pulizie, studenti, scrittori, aiutanti di cucina: decine di firme e decine di professioni. Sono preoccupati per l’impatto della crisi da Covid-19. Uno dei modi più comuni per un immigrato di richiedere un permesso di soggiorno per lavoro ai sensi degli articoli 88 e 89 è quello di avere un contratto di lavoro e di pagare la previdenza sociale. Molti attendono addirittura da mesi una risposta dal SEF. La legge prevede anche che possa essere regolarizzato chiunque abbia un accordo circa la stipula di un contratto di lavoro o ‘la sussistenza di rapporto di lavoro provato da un sindacato, da un rappresentante delle comunità di migranti che siedono nel Consiglio per le Migrazioni o dall’Autorità per le Condizioni di Lavoro, sia entrato legalmente nel Paese e sia registrato alla previdenza sociale (fatta eccezione del caso di solo accordo circa la stipula del contratto di lavoro). Dall’anno scorso, gli immigrati che lavorano e versano i contributi alla previdenza sociale per almeno 12 mesi possono avere un permesso di soggiorno anche se non sono entrati legalmente nel Paese. Gli ultimi dati mostrano un saldo positivo di 651 milioni di euro tra i contributi degli immigrati alle casse dello Stato (746,9 milioni di euro) e i benefici di cui gli immigrati hanno usufruito (95,6 milioni di euro)”.
Richard Danziger, direttore regionale dello IOM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, si è complimentato su Twitter con il governo portoghese. “Le persone non dovrebbero essere private dei loro diritti alla salute e al servizio pubblico solo perché la loro domanda non è stata ancora elaborata”, ha scritto. Il ministro dell’Interno, Eduardo Cabrita, ha sottolineato che è “importante garantire i diritti dei più fragili, come nel caso degli immigrati”. “È un dovere di una società solidale in tempi di crisi garantire ai cittadini immigrati l’accesso alla salute e alla sicurezza sociale”. E’ la via portoghese. Che l’Italia farebbe bene a imboccare.

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