Parte dall'Iowa il lungo viaggio delle primarie democratiche
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Parte dall'Iowa il lungo viaggio delle primarie democratiche

La scorsa estate erano partiti in tantissimi, oltre 25, ma strada facendo si sono già ritirati

Sanders e Warren
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3 Febbraio 2020 - 11.13


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Dureranno cinque mesi per un totale di 57 primarie e caucus e dovrà portare a scegliere la donna o l’uomo che il prossimo novembre sfiderà Donald Trump. Dodici i candidati ancora in lizza, cinque quelli che sembrano avere qualche possibilità di diventare effettivamente lo sfidante del presidente in carica.

La scorsa estate erano partiti in tantissimi, oltre 25, ma strada facendo si sono già ritirati candidati che, come l’afroamericana Kamala Harris o il giovane progressista texano Beto O’Rourke, per alcuni potevano rappresentare la carta a sorpresa – un po’ come lo sconosciuto Barack Obama che prima sbaragliò Hillary Clinton e poi vinse la Casa Bianca nel 2008 – da giocare contro alle elezioni di novembre.

Secondo gli ultimi sondaggi, in cinque hanno più possibilità di vincere, in maggioranza uomini, ultrasettantenni e bianchi. Con l’eccezione dell’unica donna, la senatrice Elizabeth Warren, e l’unico millennial, il 38enne Pete Buttigieg. Un discorso a parte poi per il terzo – dopo l’ex vice presidente Joe Biden ed il senatore Bernie Sanders che al momento sono in testa ai sondaggi in Iowa – degli uomini bianchi anziani: il miliardario Michael Bloomberg che ha scelto di non fare campagna nello stato del Midwest, ma apparirà come una sorta di convitato di pietra dal momento che, dopo un inizio a rilento, sta raggiungendo il 10% a livello nazionale.

JOE BIDEN – Il 77enne ex vice presidente, già senatore di lungo corso, continua ad essere da mesi uno dei principali front runner, con un forte appello all’ala più moderata del partito ed all’establishment rivendicando la sua lunga esperienza di governo. Non manca però chi considera – soprattutto nella sempre più crescente ala progressista del partito – proprio la sua lunga carriera politica, un possibile tallone d’Achille, considerato anche il fatto che Biden ed il figlio Hunter sono al centro di accuse di corruzione rivolte da Donald Trump contro di loro che sono all’origine del Kievgate e conseguente impeachment.
Sposato con Jill in seconde nozze, Bill ha perso la prima moglie Neila Hunter in un incidente automobilistico in cui rimase uccisa anche una figlia di due anni. Nel 2015 Biden ha perso un altro figlio Beau malato di cancro. Fu proprio per quella perdita che l’allora vice presidente decise di non candidarsi nel 2016.
Dopo la vittoria di Donald Trump Biden si è pentito di questa decisione perché pensava che avrebbe potuto batterlo e per questo ora sente il dovere morale di candidarsi adesso. Un ragionamento che l’ex vice presidente avrebbe fatto anche a Barack Obama – che non gli ha dato l’endorsement ed afferma che rimarrà imparziale per tutte le primarie – che però lo avrebbe esortato a non pensare di “essere tenuto a farlo”, come hanno rivelato i media Usa nei mesi scorsi.

BERNIE SANDERS – Il 78enne senatore indipendente del Vermont quattro anni fa ha segnato, con il suo exploit alle primarie dem quando insidiò fino alla fine Hillary Clinton, l’avanzata della sinistra progressista – che come lui non esita a definirsi ‘socialista’, parola che ormai non è più un tabù negli Stati Uniti – che si è registrata tra le fila dei democratici alle ultime elezioni di midterm.
Anche quest’anno Sanders sta raccogliendo favori e sostegni tra l’elettorato di sinistra e delle sue nuove leader emergenti, come Alexandra Ocasio Cortez e le altre deputate della cosidetta “squad”, che sembrano non essere state scoraggiate dal fatto che, secondo quanto rivelato da Warren, Sanders avrebbe espresso la convinzione che una donna non può vincere la Casa Bianca.
Sindaco di Burlington dal 1981 al 1989, Sanders è arrivato al Congresso nel 1990 prima alla Camera e poi dal 2008 al Senato, quattro anni fa si impose come un front runner a sorpresa con al vittoria delle primarie del New Hampshire, inanellando poi una serie di vittorie proprio negli stati con una forte presenza di colletti blu che poi a novembre tradirono la tradizione democratica votando per Donald Trump, come il Michigan , e consegnando quindi al repubblicano la Casa Bianca.

ELIZABETH WARREN – La 70enne senatrice del Massachussets si presenta come la candidata che vuole cambiare le regole dell’economia in favore del ceto medio americano ma inizia la battaglia delle primarie come seconda scelta per l’elettorato liberal e progressista che al momento, stando ai sondaggi, sembra preferirle Sanders.
L’opposizione tra i due – sfociata in una vera e propria lite durante l’ultimo dibattito televisivo durante la quale la senatrice ha rinfacciato al collega di averle detto di credere che una donna non possa diventare presidente – sta spaventando molto la sinistra dem che teme che questa rivalità possa alla fine avvantaggiare un candidato centrista.
Docente della Harvard Law School dal 1993 al 2013, Warren fu chiamata nel 2010 da Barack Obama a Washington per guidare Consumer Financial Protection Bureau, l’agenzia che l’allora presidente democratico aveva creato per proteggere i consumatori per evitare che venissero travolti da un’altra crisi finanziaria come quella del 2007. Al centro della sua campagna elettorale ha messo la proposta una tassa sui patrimoni di oltre 50 milioni di dollari per portare nelle casse federali 4mila miliardi “per ricostruire il ceto medio americano”.

PETE BUTTIGIEG – Secondo gli osservatori, i caucus in Iowa serviranno anche a capire se il 38enne ex sindaco di South Bend, unico dei possibili candidati sorpresa sopravvissuto fino all’inizio effettivo delle primarie, veramente ha qualche chance di essere uno dei contendenti alla nomination. Ex reduce militare che ha sposato nel 2018 il suo compagno Chasten Glezman in una chiesa episcopale, Buttigieg si presenta come il candidato dei millennial, ma sta avendo difficoltà ad accreditarsi con l’elettorato delle minoranze, soprattutto quella afroamericana.
Secondo gli analisti quindi un cattivo risultato nel piccolo stato del Midwest, dove il 90 per cento dei 3 milioni di abitanti è bianco, indicherebbe che il giovane democratico che parla italiano – anche grazie al padre Joseph, professore universitario di origine maltese famoso nell’accademia per le sue traduzioni dell’opera di Antonio Gramsci – non ha molte chance di continuare il lungo viaggio delle primarie.

MICHAEL BLOOOMBERG – Il 77enne miliardario ex sindaco di New York sarà una sorta di convitato di pietra della prima tappe delle primarie. Sceso in ritardo nell’agone delle primarie, per scongiurare, ha detto, che la scelta di un candidato troppo a sinistra favorisca la rielezione di Trump, Bloomberg ha infatti deciso di tralasciare le tappe inaugurali delle primarie, Iowa e New Hampshire, concentrandosi – con un muro di fuoco di 286 milioni di dollari di spot televisivi, radiofonici e digitali – su quelle successive, a partire dal Super Tuesady del 3 marzo.
Ma sarà comunque impossibile seguire e valutare i risultati di questi primi stati senza considerare che Bloomberg si è avvicinato al 10 per cento a livello nazionale grazie all’enorme campagna pubblicitaria, pagata di tasca propria.
Senza contare che se nelle prime battute delle primarie si imporrà un candidato della sinistra come Sanders, Bloomberg – che nel 2001 lasciò il partito democratico per farsi eleggere sindaco di New York come repubblicano, vincendo poi un terzo mandato da indipendente e tornare ad essere democratico per candidarsi alla Casa Bianca – potrà cercare di fare leva sul voto dei moderati.

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