Libia, Sarraj e Haftar separati a Mosca. Ma Putin impone la pax russa
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Libia, Sarraj e Haftar separati a Mosca. Ma Putin impone la pax russa

Lo Zar è il player centrale nella partita libica, affiancato dal “Sultano di Ankara”, al secolo il presidente turco Recep Tayyp Erdogan. Gli altri, Italia compresa, sono dei comprimari.

Serraj e Haftar
Serraj e Haftar
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

13 Gennaio 2020 - 16.21


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Pax russa in Libia. Dopo la Siria, lo “Zar” replica nel Paese nordafricano. E’ lui, Vladimir Putin, il player centrale nella partita libica, affiancato dal “Sultano di Ankara”, al secolo il presidente turco Recep Tayyp Erdogan.  Gli altri, Italia compresa, sono dei comprimari. L’incontro vuole essere un punto di svolta per la crisi libica: oggi il capo del governo di unità nazionale, Fayez al-Sarraj, e il suo rivale, il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte dell’est della Libia, arrivano a Mosca per firmare un accordo sui termini del cessate il fuoco, entrato in vigore ieri con con il plauso di Unione Europea, Stati Uniti, Nazioni Unite e Lega Araba. Sarraj ha avvertito di essere pronto a “riprendere le operazioni militari nel caso la tregua venisse infranta”, ma ha lanciato un appello ai libici in tv in cui chiede di “voltare pagina rispetto al passato” e di “respingere la discordia e serrare i ranghi per andare verso la stabilità e la pace”.

Lo Zar ritira i mercenari

La Russia ha iniziato a ritirare i mercenari della “Wagner”, la compagnia di contractor di Evghenij Prigozhin, il “cuoco” di Putin. La conferma viene da una un comandante delle forze armate del Governo di Accordo Nazionale di Tripoli. Il generale Nasser Ammar parlando con siti di notizie e agenzie di stampa conferma che i mercenari russi sarebbero stati ritirati dal Fronte Sud di Tripoli, quello più pericoloso per la capitale libica. L’esercito di Tripoli ha registrato voli di elicotteri che hanno trasportato i mercenari dalla periferia di Tripoli verso la base aerea di Al Jufra, nel Sud della Libia. Alcuni mercenari rimangono ancora in zona, per assicurare l’evacuazione dei loro colleghi. Secondo Ammar fio a pochi giorni sarebbero rimasti ancora 500 mercenari nella zona di Salaheddin, Yarmouk, Khallatat, e Abu Salim, tutti quartieri o sobborghi molto vicini al centro della città.

“La ritirata dei mercenari è iniziata dopo l’incontro di Erdogan con Putin”, ha detto il generale libico I soldati e i miliziani di Tripoli – dice Ammar – in questi mesi hanno dovuto combattere “contro un’armata composta per buona parte di mercenari arrivati oltre che dalla Russia e da Paesi ex Urss anche da Sudan (i famigerati janjaweed), Egitto, Emirati e Ciad”. Ammar ha spiegato anche che Haftar ha chiesto ai mercenari russi di spingersi per settimane alla periferia abitata di Tripoli, per prendere di mira anche i civili, provando a creare caos fra la popolazione civile, a riempire gli ospedali di feriti di ogni tipo, in maniera da rendere più difficile l’assistenza ai miliziani di Serraj feriti.

Separati a Mosca

Il capo dell’Alto consiglio di Stato di al-Sarraj, Khaled al Mishri, ha però fatto sapere che non sono previsti meeting tra il premier del Gna e il generale di Bengasi: “Abbiamo rifiutato di incontrare Haftar, i colloqui di Mosca sono tenuti con Turchia e Russia”. Preoccupanti per il buon esito della pace sono però le dichiarazioni dei vertici dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (Lna) legato ad Haftar: “Abbiamo intenzione di liberare tutta la terra libica da milizie e gruppi terroristici – si legge in un comunicato citato dalla Tass-. – Non arretreremo di un solo passo“.

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Dichiarazione finale.

Sono sette i punti dell’accordo sul cessate il fuoco in Libia che sarà firmato “alla presenza di testimoni e garanti della Federazione russa e della Turchia”, secondo quanto si legge nella bozza della dichiarazione congiunta finale dei partecipanti ai colloqui di pace intralibici di Mosca.        I partecipanti, rappresentati dal premier del Governo di accordo  nazionale Fayez al-Sarraj, dal comandante dell’Esercito nazionale libico, generale Khalifa Haftar, il presidente della Camera dei rappresentanti Aguila Saleh, il presidente dell’Alto consiglio di Stato Khalid  El-Mishri ed il presidente della Camera dei rappresentanti di Tripoli  Sadiq el Khaliy hanno concordato:        1) di assicurare l’osservanza incondizionata della cessazione delle ostilità, che è entrata in vigore a mezzanotte del 12 gennaio  2) di determinare una linea del fronte che assicuri un cessate il  fuoco sostenibile, sostenuto dalle misure necessarie per stabilizzare  la situazione sul terreno e normalizzare la vita quotidiana a Tripoli  e in altre città, mettendo fine a tutte le azioni offensive,  procedendo verso una de-escalation armonizzata delle tensioni  militari. 3) assicurare l’accesso sicuro, la consegna e la  distribuzione di assistenza umanitaria per quelli che ne hanno bisogno  4) di designare i membri (5+5) di una commissione militare come  previsto dal piano d’azione dell’Unsmil per determinare la linea del  fronte tra le parti in lotta, monitorare l’attuazione del cessate il  fuoco, assicurare la stabilità del cessate il fuoco   5) di designare i rappresentanti che parteciperanno ai canali di  dialogo politico, economico, militare e di sicurezza lanciati dal  rappresentante speciale per la Libia del segretario generale     6) di formare gruppi di lavoro incaricati di elaborare, attraverso  negoziati, le modalità dell’accordo politico intralibico, la soluzione delle questioni umanitarie e la ripresa economica del Paese   7) di tenere la prima riunione dei gruppi di lavoro in una data ed in  un luogo che non sono ancora definiti nella bozza.        Le parti hanno poi espresso sostegno all’iniziativa della Federazione  russa e della Repubblica turca per una cessazione delle ostilità in Libia senza limiti, hanno riaffermato il loro impegno incondizionato alla sovranità, indipendenza, unità ed integrità territoriale della Libia ed agli obiettivi ed ai principi della Carta dell’Onu, hanno espresso fiducia nel fatto che non ci può essere una soluzione  militare al conflitto in Libia, che può solo essere risolto attraverso un dialogo inclusivo intralibico teso a mettere fine in modo urgente  alle sofferenze della Libia ed a migliorare la situazione umanitaria,  hanno sottolineato il loro impegno incondizionato alla lotta  inflessibile al terrorismo ed al traffico di esseri umani.

Strada in salita
Ma la strada resta in salita. L’emittente al-Arabiya, vicina ad Haftar, ha riferito che ci sono ”diverse lacune” contenute nella bozza dell’accordo tra le parti libiche. Queste lacune, secondo l’emittente ”possono impedire che venga firmato l’accordo”. Ci sono dei “progressi” ai colloqui che si stanno tenendo tra le delegazioni ma il generale Haftar ha chiesto tempo per riflettere prima di firmare la tregua, ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. Il primo ministro del Governo di accordo  nazionale libico, Fayez al-Sarraj, ha firmato l’accordo per un cessate il fuoco in Libia. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri turco  Mevlut Cavusoglu nel corso di una conferenza stampa a Mosca. Il generale Haftar, ha invece deciso di non firmare e di chiedere tempo fino a domani mattina per decidere a riguardo. Tra i punti in discussione lo stop all’invio di truppe turche in Libia, un cessate il fuoco sotto la supervisione della Russia e delle Nazioni Unite, il ritiro delle reciproche milizie nelle caserme e una soluzione politica.  Sono ore di febbrili trattative, ma una cosa è certa: il capo del Cremlino non intende far naufragare sul nascere la “pax russa”.

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La conferenza ha una data

Una data per la conferenza di Berlino sulla Libia c’è, dovrebbe essere il 19 gennaio. Lo ha confermato il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert. “I preparativi per tale conferenza sono in corso”, ha dichiarato nel corso dei briefing con i giornalisti. Il portavoce ha aggiunto che la conferenza si terrà “in ogni caso a gennaio” e che potrebbe tenersi domenica 19. Seibert ha spiegato che il summit è stato preceduto da un processo in corso da tempo, “la cancelliera e il ministro degli Esteri lavorano da settimane a questo processo internazionale”. La Germania, a quanto di apprende, avrebbe già informato in via ufficiosa i vari Paesi partecipanti, tra cui l’Italia, della data. Di Maio in questi giorni aveva più volte sollecitato i tedeschi, anche in sede europea, a stabilirne una al più presto. A questo meeting saranno presenti anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, e il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, come annunciato dallo stesso Erdogan al termine del colloquio con il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ad Ankara. In Libia “non può esserci una soluzione duratura e stabile senza il coinvolgimento dei Paesi vicini della Libia, di comunità fondamentali come quella tunisina ed algerina”, rimarca il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in una dichiarazione a Tunisi, secondo cui “l’Italia crede che la Tunisia debba avere il ruolo che merita alla conferenza di Berlino, al tavolo con tutti gli attori di questa crisi che ci preoccupa”.   “Abbiamo parlato anche di Libia, su questo tema l’Italia crede che la Tunisia debba avere il ruolo che merita, alla Conferenza di Berlino, al tavolo con tutti gli attori di questa crisi che ci preoccupa”, ha ribadito il titolare della Farnesina al termine dell’incontro con il presidente della Repubblica della Tunisia, Kais Said. Di Maio continua con un post su Facebook “Quella che abbiamo davanti è una guerra per procura: dobbiamo fermare ogni interferenza esterna. Bisogna smetterla di vendere armi. Deve prevalere la via diplomatica”, scrive il ministro degli Esteri.

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L’ipotesi caschi blu

L’idea di Di Maio è quella di replicare il “modello Libano”, utilizzando però dei Caschi blu europei” a guida italiana. Un’ipotesi, quest’ultima, al momento frenata dalle istituzioni di Bruxelles, con il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, che ha dichiarato che l’idea “non è da escludere”, ma “per il momento non è realistica”, perché è “troppo presto”. Anche quello su un “inviato speciale dell’Ue in Libia”, per il momento, è un argomento di cui non si è parlato ai vertici comunitari, ha concluso, ma “non è da escludere”. Chi non la esclude è il presidente turco. Dopo il mio colloquio con Guterres posso dire che può esserci la probabilità di una presenza Onu” in Libia: “da osservatori” le Nazioni Unite possono essere presenti. Così Erdogan in conferenza stampa al termine del colloquio ad Ankara con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Questo weekend c’è un vertice a Berlino, il presidente Conte, Putin e io stesso abbiamo la volontà di partecipare a questo vertice, siamo decisi”, ha aggiunto il presidente turco  rivolgendo  un appello a tutti i libici:  “Ogni giorno con ogni comportamento che assumono decidono del loro futuro, se ne vogliono uno di prosperità e benessere e vogliono aprirsi alla piena vita democratica troveranno sempre nell’Italia un alleato, perché non mira a interferenze che possano condizionare uno scenario futuro di piena autonomia e stabilità”. Il cessate il fuoco può risultare una misura molto precaria se non inserito in uno sforzo della comunità internazionale per garantire stabilità alla Libia – dichiara il premier italiano al termine del colloquio con Erdogan – E per questo abbiamo condiviso la opportunità che si acceleri il processo di Berlino”. Conte ha poi aggiunto che alla conferenza di Berlino “ci saranno anche gli attori libici: non è possibile parlare di Libia se non ci sarà un approccio inclusivo. Qui si tratta di un processo politico”. Un processo guidato dallo Zar e dal Sultano.

Il j’accuse di Romano

“Siamo arrivati all’assurdo che sulla Libia, che è vicina alle nostre spiagge e riguarda l’Europa, abbiamo invece una sfida tra la Turchia e la Russia: siamo all’assurdo dell’assurdo dell’assurdo”, rimarca l’ex premier Romano Prodi in una intervista a Quarta Repubblica su Retequattro. “Nessun singolo Paese europeo – annota Prodi – oggi la forza per intervenire. Se Francia e Italia si mettessero d’accordo, gli altri Paesi europei seguirebbero e noi avremmo voce in capitolo”. Una voce che resta fioca, nonostante il frenetico attivismo  di Conte e Di Maio.

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