"Non accetto il dovere di denunciare i preti pedofili": la rivolta delirante del vescovo greco
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"Non accetto il dovere di denunciare i preti pedofili": la rivolta delirante del vescovo greco

Si tratta di monsignor Francesco Papamanolis: il concilio Vaticano II dice che il vescovo è, per i suoi sacerdoti, padre, fratello e amico. Quale padre denuncerebbe suo figlio?"

Il Papa in Grecia
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29 Agosto 2018 - 12.17


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Nei giorni in cui Papa Francesco, da poco rientrato dall’Irlanda, chiede la massima trasparenza e collaborazione contro la pedofilia e gli abusi sessuali nella Chiesa c’è chi dice che un vescovo non deve essere obbligato a denunciare.
E’ monsignor Francesco Papamanolis, vescovo emerito di Syros, Santorini e Creta in Grecia, in una lettera pubblicata da Settimana News, sito di informazione dei Dehoniani.
“In questi giorni – ha scritto Papamanolis – soffro moltissimo per le notizie che mi giungono. Condanno la pedofilia in maniera assoluta. Ringrazio il Signore che, in Grecia, non abbiamo casi di queste dimensioni e quindi, come vescovi, non ci siamo mai occupati di questi problemi”.
“Senza dubbio – ha aggiunto – il vescovo che avesse tra i suoi presbiteri qualcuno che pratica la pedofilia, deve prendere dei seri provvedimenti, in modo che il sacerdote non ripeta il suo peccato ed eventualmente ripari lo scandalo. Ma non posso accettare che io, come vescovo, abbia il dovere di denunciare il fatto”.
“Il concilio Vaticano II – è il ragionamento di Papamanolis – che è il mio costante punto di riferimento, dice che il vescovo è, per i suoi sacerdoti, padre, fratello e amico. Quale padre denuncerebbe suo figlio anche se ha commesso il peccato di omicidio? Quando il sacerdote affidato alle mie cure farà esperienza dei miei sentimenti paterni nei suoi confronti? Quando ubbidisce a ciò che gli chiedo? O solamente quando gli faccio i miei complimenti o gli offro qualche regalo?”.
“Il sacerdote – ha concluso – scopre ed esperimenta la paternità, la fratellanza e l’amicizia del suo vescovo, quando vede che lo vuole aiutare a superare il suo momento difficile. Se ce ne sarà bisogno, il sacerdote accetterà più facilmente i provvedimenti che il vescovo prenderà nei suoi confronti, anche se gli richiedessero un grande sacrificio. Quarantaquattro anni di servizio episcopale questo mi hanno insegnato”.

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