Passano i mesi: per i Rohingya solo miseria e fame aspettando le prossime emergenze
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Passano i mesi: per i Rohingya solo miseria e fame aspettando le prossime emergenze

Nel 2018 sono attese oltre 48.000 nuove nascite. Ma solo pochi parti ci saranno in strutture sanitarie. Per gli altri probabile la morte precoce o le malattie

Una rifugiata Rohingya con il figlio
Una rifugiata Rohingya con il figlio
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6 Gennaio 2018 - 10.27


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Ora se ne parla di meno. Ma il problema c’è e resta intatto. Un popolo senza patria e perseguitato nelle regioni birmane nel quale sopravviveva.
Nel 2018 sono attese oltre 48.000 nuove nascite di bambini Rohingya in Bangladesh. Bambini che cominceranno così la loro vita in campi per rifugiati e insediamenti informali dove le famiglie vivono in fragili tende fatte di plastica e bambù e dipendono dagli aiuti alimentari per sopravvivere.
Secondo Save the Children solo pochissimi di questi bambini avranno la possibilità di venire al mondo all’interno di strutture sanitarie, mentre la maggior parte sin dal primo giorno di vita sarà a forte rischio di ammalarsi, soffrire la malnutrizione e morire prima di aver compiuto i 5 anni.
“Nel corso dell’anno appena iniziato ci aspettiamo circa 130 nascite al giorno. La gran parte dei bambini nascerà dentro tende molto basiche, in parte a causa della mancanza di strutture sanitarie di qualità, attive 24 ore su 24, in grado di offrire servizi ostetrici di emergenza, in parte per via degli ostacoli all’accesso ai servizi sanitari”, ha dichiarato Rachael Cummings, consulente sanitario di Save the Children a Cox’s Bazar.
“Nei campi le condizioni igieniche sono molto scarse e rappresentano un terreno fertile per la diffusione di malattie come la difterite, il morbillo e il colera, alle quali i neonati sono particolarmente vulnerabili. Nessun bambino dovrebbe nascere in posti come questi ed è davvero molto doloroso pensare agli svantaggi che i neonati Rohingya saranno costretti ad affrontare a causa di questa situazione. Sin dal primo giorno di vita, infatti, dovranno lottare per sopravvivere, vivendo in ambienti sovraffollati dove tutti sono disperati e hanno bisogno di aiuto”, ha proseguito Rachael Cummings.

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