L'Italia più brutta degli ultimi 10 anni: deve ringraziare il Belgio per l'accesso ai playoff
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L'Italia più brutta degli ultimi 10 anni: deve ringraziare il Belgio per l'accesso ai playoff

Ora si va in Albania dove bisogna vincere per evitare sorprese sgradite negli spareggi. Voci di una rivolta dei 'senatori' contro il moduli scelti da Ventura

Gian Piero Ventura
Gian Piero Ventura
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8 Ottobre 2017 - 08.19


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Chi l’avrebbe mai detto: l’Italia del calcio divisa! Nel cuore di ciascun italiano si nasconde un commissario tecnico, che esce fuori quando la Nazionale va male ed anche quando va bene (all’incirca una volta ogni vent’anni o giù di lì) tutti si sentono autorizzati a suggerire, contestare, bacchettare chi guida dalla panchina i ragazzi in maglia azzurra.

Quindi perché meravigliarsi se sta accandendo anche a Gian Piero Ventura, cui l’accesso ai playoff, per gentile concessione del Belgio, non può certo fare assolvere dalla sue colpe? Che ci sono e tante e che c’erano anche prima della imbarazzante, anzi penosa partita con la Macedonia, che ha scoperto gli altarini di una squadra male assortita e peggio messa in campo.
Ora ci tocca andare in Albania, a Scutari, per vincere ed evitare che negli spareggi l’urna ci riservi sorprese poco gradite. Una prospettiva ”esaltante” , non c’è che dire, ma che, come in tutte le cose di calcio, non arriva per caso, ma è frutto di atteggiamenti e decisioni del passato.
Il ct, dicono i bene informati, sarebbe stato messo sulla graticola dai ‘senatori’ della Nazionale, ai quali non sono troppo piaciuti i cambi di modulo che, sostengono, non rispecchiano le potenzialità della squadra. Quindi, a detta di qualche gola profonda dello spogliatoi, la vecchia guardia preferirebbe il 3-5-2 al 3-4-3 utilizzato con la Macedonia e sicuramente all’immaginifico 4-2-4, ritenuto un azzardo.
La situazione è questa e, Dio non voglia, se dovessimo fallire dopo cinquant’anni la qualificazione mondiale, dell’Italia di ‘Eupalla’, come la chiamava Gianni Brera, rimarrebbero macerie sui quali, però, potere ricostruire da zero, che in fondo non sarebbe il male peggiore.

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