Il jet abbattuto, il gelo con Mosca. Anzi la guerra fredda fatta di tante rappresaglie e dispetti reciproci.
Ma adesso sembra tutto lontano anni luce.
La Turchia di Erdogan bastione della Nato e ambiguo alleato nella lotta all’Isis sembra aver fatto un netto cambio di rotta: Vladimir Putin sembra ritornare la sponda preferita nel doppio gioco del sultano Erdogan con le cancellerie occidentali. La lettera di scuse, inviata a fine giugno da Ankara per il jet abbattuto al confine siriano, non poteva avere tempismo migliore.
Proprio nelle ore successive al golpe, mentre la scure della repressione erdoganiana colpiva pesantemente, i due leader sono tornati a parlarsi. Al telefono, Putin ha espresso la sua solidarietà, confermando il sostegno al “governo democraticamente eletto” e promettendo “presto” un incontro.
Secondo la presidenza turca, già la prima settimana di agosto. Potrebbe essere quella l’occasione per testare la ‘nuovissima vecchia alleanza’ con lo zar sul terreno che ha provocato i dissensi più aspri: la crisi siriana. Nei giorni precedenti il golpe fallito, Ankara aveva espresso un’inedita apertura a un riavvicinamento con Damasco, senza pero’ far cadere la condizione dell’uscita di scena di Bashar al Assad, che Mosca continua invece a difendere.
Ma la Siria potrenne diventare arma di ricatto nei confronti di Washington. Il blocco dello spazio aereo sulla base strategica di Incirlik, per adesso rientrato, è solo il primo passo. Da lì, partono i raid della Coalizione contro lo Stato islamico nel nord della Siria. La riluttante concessione della base ai caccia di Usa e alleati è arrivata solo un anno fa, dopo forti pressioni e, secondo molti, anche per giustificare un clima di guerra contro i curdi.
Che restano l’altro ago della bilancia di un possibile patto con Mosca. Se Erdogan dovesse ricevere le rassicurazioni che Washington non gli ha dato su una frenata della loro espansione territoriale nel nord della Siria, a ovest del fiume Eufrate, molte strategie potrebbe tornare in discussione.
La contropartita chiesta dal sultano nel braccio di ferro con l’America è pesante. Fethullah Gulen, lo stratega del golpe secondo Ankara, in Pennsylvania vive indisturbato e rispettato da 17 anni. Per gli Usa, immolarlo sull’altare degli equilibri internazionali non sarà facile.