Migranti rinchiusi a forza nei sacchi per cadaveri per essere deportati dagli Usa
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Migranti rinchiusi a forza nei sacchi per cadaveri per essere deportati dagli Usa

Un gruppo di indiani e pakistani colpito anche con le pistole taser perché avevano cercato di ribellarsi

Un migrante con le catene ai piedi
Un migrante con le catene ai piedi
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globalist Modifica articolo

27 Maggio 2016 - 15.52


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Una storia terribile, ma a quanto pare vera. Un gruppo di migranti sud asiatici ha raccontato di essere stati messo a forza “dentro sacchi di plastica” storditi con il taser, ossia la pistola elettrica, dai funzionari dell’immigrazione mentre venivano deportati dagli Stati Uniti.

Accuse che hanno sollevato grandi protesta soprattutto tra gli avvocati che si occupano di immigrazione e difendono i diritti umani.

I fatti risalgono al 3 aprile scorso, quando 85 bengalesi, nepalesi e indiani sono stati rimpatriati su un volo charter partito da Mesa, in Arizona, dopo che non erano riusciti a ottenere asilo politico o un altro status giuridico che consentisse la loro permanenza.

Sette detenuti che erano sul volo hanno raccontato gli abusi. Secondo la loro versione circa quindici deportati sono stati rinchiusi in quelli che si chiamano “sacchi per i cadaveri”, esattamente quelli che vengono usati per portare via un morto durante una operazione di polizia o in battaglia.

I deportati sono stati costretti a sdraiarsi faccia a terra e a quel punto sarebbero stati avvolti nella coperta sicurezza e fissati con una serie di cinghie. Chi si ribellava veniva colpito con il taser.

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Un testimone ha raccontato: ci siamo molto spaventati e a quel punto alcuni di noi si sono messi a piangere implorando i funzionari dell’immigrazione di non far loro più del male, promettendo che non avrebbero opposto resistenza.

Così nell’America di Obama. Chissà, nel caso, nell’America di Trump

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