Turchia,il mistero degli ostaggi
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Turchia,il mistero degli ostaggi

Ottanta cittadini turchi sono stati catturati dai ribelli sunniti del Siil, e secondo alcuni giornali dietro quest’atto c’è la ritorsione per la violazione dei patti.

Turchia,il mistero degli ostaggi
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17 Giugno 2014 - 09.31


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Il rapimento in Iraq di 80 cittadini turchi da parte del gruppo radicale sunnita “Stato islamico dell’Iraq e del Levante (SIIL)”, continua a suscitare polemiche su presunti legami della Turchia con alcuni gruppi ribelli jihadisti. La rimozione di alcuni autisti turchi e del personale del consolato turco a Mosul ha causato disagi ad Ankara, sia nel governo che nell’ opposizione, poiché sembra ammettere indirettamente i legami mantenuti dallo Stato turco con fazioni jihadiste e islamiste in Siria e in Iraq.

Il regime del premier islamico-conservatore turco Recep Tayyip Erdogan ha sempre negato do aver messo in atto attraverso i suoi servizi di intelligence (MIT) di una tacita alleanza con questi estremisti contro il nemico comune, ovvero il regime del presidente siriano Bechar Al Assad ma oggi l’alleanza sunnita si rivolta contro la Turchia, membro della NATO, minacciando la sua sicurezza.

“Abbiamo visto tutti sui giornali ed in tv le immagini di uomini barbuti che trasportavano armi e venivano curati in ospedali nel sud della Turchia dall’inizio del conflitto siriano ma il governo mantiene ancora il silenzio sulle sue relazioni con i gruppi combattenti islamici – dice Serkan Demirtas, capo servizio del quotidiano “Hurriyet” – la Turchia sta pagando il prezzo della sua collaborazione con i terroristi e probabilmente ha commesso errori nel valutare la situazione”, scrive l’editorialista. Un suo collega del quotidiano liberale “Radikal”, è dello stesso parere, ed anche lui parla di “un grande errore di valutazione politica: sopo il ritorno del personale diplomatico si dovrebbero chiaramente analizzare le lacune nell’ intelligence e nella politica seguita da Ankara in Iraq e in Siria”, afferma Özgür Mumcu.

Informazioni apparse sulla stampa di opposizione sostengono che gli ufficiali turchi avevano ricacciato i ribelli di SIIL in Iraq”, ma un comunicato dei militari afferma che “questa informazione è priva di fondamento”. La stampa turca ha riportato anche il testo di una circolare emessa lo scorso anno dal ministro degli interni dell’epoca, Muammer Güler, che consigliava di fornire rifugio e sostegno agli jihadisti di “Nousra Turchia”. Sotto la pressione internazionale, e probabilmente consapevole della minaccia che queste organizzazioni hanno rappresentato per la sua sicurezza, Ankara alla fine verso gli inizi di giugno aveva inserito il “Fronte SIIL Nousra” nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Adesso la presa degli ostaggi sembra aver colto impreparato il governo Erdogan e provoca una ridda di interrogativi: si è trattato di una rappresaglia? Il governo ribatte che per il momento è concentrato sui negoziati per il rilascio e non sembra escludere l’opzione militare, ma nel frattempo viene criticato con veemenza criticato dall’opposizione parlamentare che chiede la testa del capo della diplomazia, Ahmet Davutoglu.

Il ministro degli Esteri è anche l’architetto di una politica estera attiva nei Balcani, nel Mediterraneo orientale e nel mondo arabo in generale, che spesso dall’esterno è stata percepita come “neo-ottomana”. “Sono le persone che decidono», ha risposto il ministro ai cronisti che dopo un incontro con la direzione del principale partito di opposizione socialdemocratico (CHP, Partito repubblicano del opolo) chiedevano se si sarebbe dimesso.

“Se c’è democrazia in questo paese, Erdogan ed il suio ministro Davutoglu dovrebbero dimettersi immediatamente e pagare il conto per questo fiasco”, dichiara alla France Presse il socialdemocratico Mahmut Tanal. Il ministro invece avrebbe escluso qualsiasi ipotesi di dimissioni, dicendo che non abbandonerà gli ostaggi alla loro sorte così come i cittadini delle zone curde (fra le 7 e le 10 mila persone), cui Ankara consiglia di lasciare il territorio iracheno per fare ritorno in Turchi. Il ministero degli Esteri ha fato sapere sabato in una dichiarazione che la “Turkish Airlines”, dopo aver cessato di servire Mosul , adesso sta organizzando voli supplementari per rimpatriare i turchi dall’ Iraq.

Il vice ministro degli Esteri, Naci Koru afferma intanto che gli che gli 80 ostaggi turchi non sono stati maltrattati e sono in buone condizioni di salute, aggiungendo che la decisione di svuotare la rappresentanza diplomatica turca a Mosul è stata spontanea”.

“Le autorità irachene avevano ritirato gli agenti di sicurezza dispiegati intorno all’edificio – aggiunge – e le 30 guardie turche che restanano a difesa dell’edificio erano in grande inferiorità numerica rispetto ai ribelli SIIL”. Il governo turco è stato criticato anche per la lentezza nell’ evacuare suo consolato a Mosul prima dell’arrivo dei jihadisti e la sua resa senza resistere in alcun modo. Il primo ministro Erdogan, che deve presto annunciare la sua candidatura per le elezioni presidenziali del 10 agosto, però respinge come sempre le critiche dei suoi avversari. “L’opposizione ha perso la testa. Facciamo tutti i nostri sforzi per portare la nostra gente a casa sano e salvo da Mosul mente loro pensano solo a strumentalizzare questa situazione”, sostiene lui.

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