Cuba nuovo hub della coca verso gli Usa?
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Cuba nuovo hub della coca verso gli Usa?

Le rotte dei narcos attraverso l'isola socialista preoccupano gli Stati Uniti. E i Castro accettano l'aiuto degli americani.<br>

Cuba nuovo hub della coca verso gli Usa?
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8 Febbraio 2012 - 12.03


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di Christian Giorgio

Ci sono duecento chilometri tra Cuba e gli Stati Uniti d’America. Poco più di centosette miglia di mare separano due mondi antitetici, in conflitto su tutto… o quasi. La scorsa settimana, durante un’audizione al Senato sul traffico internazionale di stupefacenti, la democratica Dianne Feinstein ha dichiarato che Cuba potrebbe trasformarsi presto in una grande piattaforma per la distribuzione di narcotici verso gli Stati Uniti. La posizione dell’isola, come ricorda il sito Insight Crime, è sempre stata considerata strategica dai narcotrafficanti ma, sin dal 1959, l’azione delle autorità cubane ha sempre contrastato questo tipo di attività illecita. Nonostante ciò l’isola socialista non è rimasta mai completamente immune dagli interessi dei cartelli. Nel 1989 quattro ufficiali cubani, tra i quali il generale Arnaldo Ochoa Sanchez, furono giustiziati dopo che il tribunale dell’Avana aveva accertato la loro vicinanza al cartello di Pablo Escobar; e ancora, nel 1998 fu intercettata una spedizione di 7,2 tonnellate di coca diretta a Cuba facendo immaginare che la via fosse stata già percorsa da altri carichi.

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In uno dei suoi ultimi discorsi, Raul Castro ha parlato apertamente della corruzione sull’isola come “uno dei principali nemici della rivoluzione”. A cosa si riferiva di preciso il presidente? Le cose stanno cambiando a Cuba; il mercato degli stupefacenti, anche se ancora relativamente limitato e per uso interno, continua a crescere. Secondo i dati del governo, nel solo 2011 sono state sequestrate nove tonnellate di sostanze, tre in più rispetto all’anno precedente (soprattutto marijuana). Crescono anche i sequestri di cocaina; con l’aumento della produzione i cartelli vengono spinti a trovare nuove rotte e a forzare con tutti i mezzi gli ostacoli che Cuba pone tra la Colombia e il più grande consumatore mondiale di cocaina: gli Stati Uniti. Nulla a che vedere con le rotte del narcotraffico che passano per Santo Domingo o per il Messico, ma il fenomeno non è da sottovalutare se consideriamo che gli Stati Uniti intrattengono, ormai da diverso tempo, rapporti operativi con il ministero dell’interno dell’Avana. Uno dei cablogrammi svelati da Wikileaks (datato 11 agosto 2009) ha rivelato una stretta collaborazione tra la polizia cubana e gli specialisti del DIS, l’antinarcotici della guarda costiera Usa, invitati più volte ad ispezionare carichi navali e container nei porti dell’isola caraibica.

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Sembrano passati tanti anni dal 1983, quando l’allora presidente Ronald Regan accusava Fidel Castro di introdurre stupefacenti negli Usa per dare slancio all’economia cubana. Si sono ricreduti così tanto che nel 2011, all’interno dell’ “International narcotics control strategy report”, il Dipartimento di Stato americano ha riconosciuto alle forze di polizia cubane di limitare efficacemente i traffici di droga attraverso una “pervasiva presenza” che ha permesso di creare una notevole “forza d’interdizione”. Non sappiamo se questa collaborazione avrà dei risultati concreti sul fronte del dialogo tra le due nazioni, ma di sicuro, fa gioco ad entrambe mantenere sotto controllo sia i flussi di passaggio che quelli d’ingresso degli stupefacenti. D’altra parte, per non farsi sporcare casa bisognerà pur tenere sotto controllo il suo “cortile”.

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