In Egitto i giovani hanno voglia di cambiare
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In Egitto i giovani hanno voglia di cambiare

Alcuni vogliono mostrare che l'alternativa al regime è il disordine, ma a difendere il Paese ci sono i giovani della rivoluzione, spiega la prima donna candidata alle elezioni.

In Egitto i giovani hanno voglia di cambiare
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6 Agosto 2011 - 08.53


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di Azzurra Meringolo

Il Cairo, 06 agosto 2011, Nena News (foto dal sito un-truth.com) – “Questo processo mostra che quella egiziana é una rivoluzione. Le nostre televisioni sono state a lungo oscurate dal regime che accusava i giornalisti di vilipendio ogni volta che criticavano il raís. Il processo a Hosni Mubarak è andato in onda e trasmesso da emittenti internazionali, basta questo a rendere l’evento in corso storico e rivoluzionario” dice Bouthania Kemal, da anni la giornalista più controllata dal regime di Mubarak, la prima donna egiziana a candidarsi alle elezioni presidenziali previste per il 2012. Indossa un kaftano rosso, bianco e nero, come i colori della bandiera egiziana e al collo porta una catena con la mezzaluna Islamica che abbraccia la croce copta. Nata come giornalista radiofonica, negli anni ‘90 Bouthania ha condotto il programma “Confessioni notturne”, interrotto perché ritenuto, dalle autorità locali, nocivo per l’immagine dell’Egitto. Passando allo schermo, ha lavorato per la tv di Stato egiziana dove è stata a breve annunciatrice dei notiziari quotidiani. “Nel 2006 non ce l’ho più fatta a leggere quelle notizie, delle vere e proprie prese in giro per il mio popolo- dice Bouthania. Ho deciso quindi di sbattere la porta in faccia alla televisione di stato che era unicamente al servizio del regime.”

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Che cosa ha provato il popolo egiziano quando ha visto il deposto raís entrare in aula sdraiato su un barella per finire dietro le sbarre insieme ai suoi figli?

Il popolo ha capito che la rivoluzione sta andando avanti, che non è finita, ma che possiamo ottenere quello pur cui centinaia di giovani hanno perso la vita. Ora dobbiamo continuare nella nostra lotta con convinzione per fare crollare l’intero sistema e costruirne uno nuovo da zero. Vedere tutti i membri della famiglia del deposto presidente dietro le sbarre ha mostrato al mondo intero che l’era Mubarak è finita, ma questo non vuol dire che abbiamo sradicato il regime. Ci siamo disfatti della sua testa, che non potrà tornare, ma restano altri organi che hanno interesse a tornare attivi.

Fuori dall’Accademia militare dove si è condotto il processo ci sono stati scontri scatenati dai controrivoluzionari ancora affezionati al vecchio rais. Questo processo ha unito o diviso il paese?

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Certamente ha unito la maggior parte degli egiziani, quelli che per tre decadi sono state vittime del regime. Tutti loro vogliono che Mubarak sia condannato e paghi per quello che ci ha fatto. Allo stesso tempo però, non dobbiamo scordarci che ci sono istanze che sono contro la rivoluzione che non vogliono che questa arrivi a compimento. Quella egiziana è stata una rivoluzione pacifica e proprio per questo è normale che ci siano quanti vi si oppongono. Nel nostro caso i controrivoluzionari sono personaggi corrotti che hanno legami con il vecchio regime e che fanno ora di tutto per riprendere il potere. Non è il processo in sé che ci divide, quanto i giochi sporchi di questi corrotti che vogliono dividere il popolo per indebolire il fronte rivoluzionario. Basta pensare alla crescente presenza dei salafiti nelle manifestazioni della settimana scorsa. Sembra evidente che queste istanze a lungo assenti dalla politica siano ora spinte in strada da altre forze che hanno tutti gli interessi a destabilizzare il potere. Vogliono mostrare che l’unica alternativa al regime è il disordine. Per questo dobbiamo continuare a combattere per dimostrare l’opposto.

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E’ preoccupata per la calda estate della transizione egiziana?

Molto, l’esercito sta lasciando spazio ai nemici della rivoluzione e questi riescono a creare caos. Sembra quasi che i militari vogliano realizzare le previsioni fatte da Mubarak: o lui o il caos.


Dopo il presidente tunisino, Ben Ali, Hosni Mubarak è stato il secondo raís a essere depodestato in questi mesi da movimenti di rivolta popolari. Ben Ali è stato processato in contumacia, mentre Mubarak è entrato in aula. Che messaggio invia alla regione questo processo?

Stiamo mostrando che vogliamo arrivare fino in fondo. I primi a farlo sono stati i nostri giovani, quasi tutti nati quando Mubarak era già al potere. La nostra è una società giovane e i ragazzi non sopportavano più di essere manipolati e di vivere in un regime anacronistico governato dalla corruzione. Le immagini di ieri sono state viste nell’intera regione. Sono bastate queste per inviare un messaggio chiaro. La determinazione dei giovani è una forza inarrestabile, i cui effetti sono ora sotto gli occhi non solo di tutti i dittatori arabi, ma del mondo intero.

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