Marocco: la riforma passa a valanga
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Marocco: la riforma passa a valanga

I giovani che hanno boicottato il referendum denunciano come la riforma costituzionale sia di pura facciata. Così come continuerà l'occupazione del Sahara occidentale.

Marocco: la riforma passa a valanga
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3 Luglio 2011 - 17.50


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di Stefano Liberti

Novantotto per cento di sì, 73 per cento degli iscritti che sono andati alle urne. Il referendum voluto fortemente da Mohammed VI per le «riforme costituzionali» si è risolto in una schiacciante vittoria per il sovrano marocchino. Lanciato in modo improvviso con un discorso alla nazione il 17 giugno scorso e organizzato in fretta e furia, il voto aveva lo scopo di disinnescare il malcontento diffuso tra alcuni strati della popolazione marocchina – soprattutto i giovani appartenenti alle élite – e bloccare il contagio delle primavere arabe che hanno rovesciato i governanti in altri paesi del Nord Africa.

A questo proposito Mohammed VI, re relativamente giovane e parecchio scaltro, ha fatto una serie di aperture, cedendo parte delle sue prerogative ma mantenendo di fatto intatto gran parte del proprio potere. Il monarca rimane infatti «comandante dei credenti» (cioè capo religioso), capo delle forze armate, capo dell’autorità giudiziaria, nomina i magistrati, può revocare i ministri e continua a presiedere il consiglio dei ministri. Unica sostanziale differenza rispetto al passato: il re sarà obbligato a scegliere il primo ministro all’interno del partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti alle elezioni e non a proprio piacimento. Il premier, eletto in un certo senso direttamente dal popolo, vede quindi rafforzati i propri poteri.

Andando a votare per il primo referendum costituzionale del suo regno iniziato nel 1999, Mohammed VI ha annunciato di voler consolidare i pilastri di una «monarchia costituzionale, democratica, sociale, parlamentare». Un’affermazione fortemente criticata dai giovani contestari del cosiddetto «movimento del 20 febbraio», che a partire da quella data che dà il nome al loro movimento hanno organizzato varie manifestazioni nel regno e hanno fatto un appello al boicottaggio per il referendum dell’altroieri. Gli stessi giovani hanno sottolineato come la riforma costituzionale sia di pura «facciata», dal momento che il re mantiene la quasi totalità dei propri poteri e che il Marocco rimane molto lontano dal modello di monarchia costituzionale europea (tipo inglese o spagnolo) a cui loro aspirano. L’affluenza alle urne – elevatissima – rappresenta una severa sconfitta per un movimento che, a differenza di quanto avvenutoin altri paesi della regione, non è mai riuscito veramente a sfondare.

La mossa di Mohammed VI è l’ultima di una attitudine moderatamente riformatrice, con cui il monarca ha saputo caratterizzarsi fin dall’inizio del suo regno. A differenza del padre Hassan II, un autocrate che governava con pugno di ferro, Mohammed VI ha lanciato nei suoi 12 anni di regno una serie di riforme simbolicamente molto importanti, fra cui il codice della famiglia che dà maggiori diritti alle donne e l’istanza di equità e riconciliazione, in cui si sono discussi in un dibattito nazionale trasmesso in televisione le torture e i crimini commessi dalle forze di sicurezza durante gli anni di piombo. Ha poi concesso una maggiore libertà di stampa, soprattutto a quei giornali francofoni che vengono letti dalle élite. Nel contempo, ha mantenuto tutti gli aspetti principali del governo ereditato dal padre: carattere assoluto del potere del re e nessuna concessione sulla questione del Sahara Occidentale.

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