La rabbia dei puri
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La rabbia dei puri

Una riflessione sulla dignità di sapersi raccontare, attraverso un'informazione più giusta e democratica.

Los Indignados
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22 Maggio 2011 - 17.34


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Lo stretto di Gibilterra unisce quello che il Mediterraneo ha solo diviso per troppi secoli: due terre, due culture. Lo fa ancora di più in queste settimane dove la rivolta partita dalle coste africane raggiunge la Spagna di Zapatero (già me lo immagino seduto in una poltrona a incolparsi di non essere stato poi così tanto socialista). Lo fa sempre con facebook, twitter e tutta quella finta democrazia che è l’unica cosa possiede la mia generazione nel mondo: un luogo dove poter organizzare mobilitazioni dai numeri esagerati.

E allora ti dici che sei stato proprio accorto a studiare spagnolo, così puoi leggere i giornali in lingua madre e tentare di fare il tifo per quella che in un suo libro Margaret Mazzantini ha definito “la rabbia dei puri”. Non parlava di loro, lei. Ma a me queste paroline hanno fatto pensare agli indignados spagnoli, a ciò, che nonostante tutto quello sia successo in questi anni in Italia, non siamo riusciti a essere noi.

Così mentre loro si indignano perché nessuno fronteggia la precarietà salariale e lo sfruttamento degli stagisti, perché nessuno sa porre in atto una decente riforma fiscale in grado di favorire i redditi più bassi, io e tutti quelli come la sottoscritta “i puri arrabbiati” si indignano della non indignazione del nostro paese sedato, dei loro vicini di casa, delle loro nonne, degli zii, dei datori di lavoro, dei colleghi, della parrucchiera, dell’edicolante. Di tutti coloro, che per quelli come me, non hanno fatto nulla tranne che aumentare il debito pubblico e votare l’amico dell’amico, chi li farà un favore e non sa occuparsi della cosa pubblica. Di coloro che stanno muti, buoni, buoni, mentre a noi under 30 ci stanno togliendo la vita perché ci stanno togliendo il futuro.

Ma è molta colpa di quei giornalisti che tengono i microfoni, non hanno più la voglia né la capacità di fare domande e restano ad ascoltare la prima cosa scellerata li viene detta.

Ma si impara questo nei costosissimi master che ci obbligano a seguire? A perdere la dignità?

Mi mancano tanto i giornalisti di un tempo, con una semplice laurea in materie serie e tanta tanta pratica sul campo. Perché l’indignazione, la consapevolezza, l’intelligenza, la libertà si fanno informando. La dignità di un Paese passa da quello che riesce a raccontare di se stesso.

Ad Anno zero un pastore affermava qualche giorno fa una frase che nuovamente mi fa essere orgogliosa di essere Sarda prima che italiana:

“L’Africa è vicina e la lotta è contagiosa”.

Questa frase ve la metto a capo, fra due punti, un virgolettato e una manciata di secondi di silenzio.

A tirare la corda la rivoluzione sveglia anche chi ha abusato di sedativi e sonniferi per anni. Perché la fame che fra qualche anno arriverà, sveglia tutto e tutti.

Anche noi.

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