In questa stagione di guerre la morte appare come condizione di normalità quotidiana
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In questa stagione di guerre la morte appare come condizione di normalità quotidiana

In questa stagione drammatica di guerre a livello mondiale, la vita e la morte rischiano di apparire universalmente condizione di normalità quotidiana, fino a sembrare frutto perverso del caso e della sfortuna.

In questa stagione di guerre la morte appare come condizione di normalità quotidiana
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Nuccio Fava Modifica articolo

11 Gennaio 2024 - 02.16


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Per i cristiani il dolore più grande è quello di nostro Signore sul Golgota necessario per espiare la malvagità del mondo e provocare un recupero, attraverso la resurrezione di Cristo della possibilità di trovare salvezza e liberazione da ogni male. Al punto che il suo totale sacrificio è portatore di quella unica speranza per i viventi, di diventare salvati per tutto il mondo futuro. Un grande mistero che anima la vita spirituale e fisica di milioni e milioni di uomini, a partire da quelli più semplici e più sfortunati o addirittura bambini considerati i più privilegiati e accolti dal signore. 

In questa stagione drammatica di guerre a livello mondiale, la vita e la morte rischiano di apparire universalmente condizione di normalità quotidiana, fino a sembrare frutto perverso del caso e della sfortuna. Stare da una parte o dall’altra del conflitto ora che sempre più armamenti potenti e manovrati a distanza, anche molto a distanza, utilizzano sofisticati strumenti tecnologici, armi azionate da lontanissimo per colpire avversari con la massima precisione, rendono gli uomini comuni bersagli inconsapevoli delle guerre e degli obbiettivi da raggiungere. Il dolore che producono e’ però immenso e devastante, per le città, i paesi, le comunità, le scuole, le abitazioni e, ovviamente per le persone che sono inevitabilmente colpite da questi ordigni micidiali: i cosiddetti droni di cui tanto si parla, i missili a lunga gittata, i super cario armati che sono praticamente invincibili. 

C’è per fortuna anche un dolore e una vittoria gioiosi, legati alla vittoria o alla sconfitta della propria squadra del cuore, con fenomeni di tifoseria davvero straordinaria. Non solo nelle partite di calcio, specie quelle da Derby e da incontri internazionali. Sempre più si fa avanti il tennis, un tempo sport quasi solo di elite, che oggi dopo molti anni, con la vittoria della coppa Davis e l’esplosione gentile di Sinner, conquista grandi masse specie di ragazzi e ragazze. Anche in questo caso manifestazioni di gioia e lacrime si intrecciano fortemente con il risultato di portare un po’ di allegria e divertimento. 

Ma il dolore rimane sempre presente e imperterrito emerge dietro l’angolo delle pagine più buie e sfrontate dell’esistenza.

L’altra sera mentre mi accingevo alla visione delle partite di tennis dall’Australia, ho ricevuto la telefonata da un mio caro amico romano. Con voce rotta mi annunciava la morte di un amico comune, finito con uno scooter contro un gard rail. La perdita di un ragazzo e la sua morte inesorabile, fanno parte di una sequenza tragica che si verifica giorno e notte nelle nostre città e nei nostri paesi.

L’amico era affranto e a fatica riusciva a parlare, niente riusciva a dirmi : niente è più terribile della morte di un figlio, dolore destinato ad accompagnarti per tutta la vita come la tragedia più grande che inesorabile ti colpisce mutando nel profondo tutto il senso dell’esistenza. 

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