La marea arcobaleno travolge l’Italia: la più grande risposta al Governo Meloni è la Generazione Pride
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La marea arcobaleno travolge l’Italia: la più grande risposta al Governo Meloni è la Generazione Pride

La vita delle persone LGBTQIA+ in Italia non è mai stata particolarmente facile, nemmeno quando ci sono stati governi più moderati o di centro-sinistra

La marea arcobaleno travolge l’Italia: la più grande risposta al Governo Meloni è la Generazione Pride
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Gianmarco Capogna Modifica articolo

12 Agosto 2023 - 14.58


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La vita delle persone LGBTQIA+ in Italia non è mai stata particolarmente facile, nemmeno quando ci sono stati governi più moderati o di centro-sinistra, perché il tema dei diritti è sempre stato affrontato con un tono spesso paternalistico e con i contorni, purtroppo, più di una concessione che di un riconoscimento di uguaglianza.

E’ il caso delle Unioni Civili del 2016, un traguardo storico, l’unico diritto che siamo riusciti ad ottenere – e che oggi difendiamo strenuamente – ma che ha visto sacrificare, sull’altare di una legge che nasceva già vecchia, il riconoscimento della stepchild adoption, l’adozione da parte del partner unito civilmente del figlio non biologico. Mentre un pezzo di comunità festeggiava, le Famiglie Arcobaleno venivano escluse dall’unica legge che in Italia regolarizza i legami affettivi delle persone LGBTQIA+.

Non siamo, inoltre, mai riusciti ad aprire un dibattito serio per superare la legge sull’affermazione di genere, la 164 del 1982, oramai talmente vecchia da essere stata superata anche dalla giurisprudenza, oltre che dal contesto internazionale, al fine di discutere e approvare una nuova norma che possa introdurre il principio pieno di autodeterminazione di genere. E se dobbiamo parlare di corpi, anche la nostra legge sull’aborto è vecchia e viene calpestata dalle associazioni anti-abortiste che nel frattempo ottengono sempre maggiori fondi e si inseriscono nelle strutture pubbliche impedendo, di fatto, questo diritto. Non è un caso che al lancio della PDL di Libera di Abortire si siano levati gli scudi, purtroppo, non solo della destra.

Ora siamo addirittura in una fase nuova e ci troviamo ad affrontare il governo più radicale, di destra e estremista della storia repubblicana che ha adottato senza mezzi termini una vera e propria battaglia contro le persone LGBTQIA+, le nostre famiglie, i nostri figli, i nostri corpi.

Negli ultimi anni il livello di scontro sociale è cresciuto, insieme ai numeri delle aggressioni, delle violenze e dei discorsi d’odio contro la nostra comunità. Sempre più spesso risultano vittime di LGBTIfobia le persone giovani della comunità che se da un lato rappresentano al meglio una generazione aperta e molto più queer e friendly delle precedenti, dall’altro sono quelle più esposte e fragili nei confronti di una società che si sente sempre più legittimata ad odiare ed essere violenta, anche grazie ad una certa politica e ad una certa narrazione politica.

Il Governo Meloni ha più volte dichiarato, con la voce di diversi Ministri e esponenti di spicco della maggioranza, di non avere alcuna intenzione di aprire ad alcuna legge in grado di estendere i diritti e riconoscere l’uguaglianza delle persone LGBTQIA+. Il loro è un governo tradizionalista, ultra-cattolico e conservatore, patriarcale nella struttura sociale che intende portare avanti.

Ad esempio, attraverso le Prefetture si è chiesto ai sindaci di cancellare le trascrizioni dei figli delle famiglie arcobaleno, uno strumento che provava a mettere una toppa all’assenza di una legge nazionale, in riferimento ai servizi di competenza comunale. I Sindaci che si sono rifiutati sono stati richiamati informalmente ma anche in modalità molto formali, ne è un esempio quanto avvenuto al Sindaco di Milano, Sala, che è stato, infatti, stato citato in tribunale. 

Trai vari aspetti di quella che è una vera e propria crociata della destra contro di noi, quello giuridico è forse l’aspetto più grave e più preoccupante e che sta, invece, passando più sottotraccia in una chiara strategia politica di invisibilizzazione e silenzio.

L’assenza di leggi è qualcosa su cui è possibile costruire una mobilitazione politica ma una sentenza del tribunale che ci dichiara illegali o illegittimi è qualcosa di molto più difficile da superare e può determinare una prima volta molto pericolosa anche per altre sentenze e altri tribunali.

Di fronte a tutto questo e anche ad un centro-sinistra che arranca nell’avere posizioni unitarie e realmente progressiste, sono i Pride a rappresentare l’unica grande risposta politica al Governo Meloni.

Già negli ultimi anni prima del COVID, l’esperienza dell’Onda Pride, più manifestazioni in tutto il Paese nel corso del mese di Giugno e nel periodo estivo, avevano visto un aumento importante di partecipazione che non si è fermato nonostante lo stop dovuto all’epidemia globale.

Nel 2023, primo Pride Month dell’era Meloni, si registrano oltre 50 Pride in tutta Italia. Centinaia di migliaia di persone LGBTQIA+ stanno invadendo da nord a sud il Paese dando prova che esiste una risposta forte e corale all’oscurantismo del Governo e della maggioranza. Quasi un milione a Roma,  300mila a Milano, fiumi di persone nelle grandi città e una risposta straordinaria nelle città più piccole di provincia, proprio lì dove c’è estremo bisogno di visibilità e Pride.

Accanto a noi, persone LGBTQIA+, ci sono altre migliaia di alleati e alleate che decidono di accompagnarci in una battaglia che non riguarda solo noi ma tutta la società. Più diritti, più uguaglianza, più libertà, servono a tutte e tutti non solo ad alcuni.

Viviamo in un Paese, tra i fondatori dell’UE, che non ha ancora una legge contro omofobia e transfobia, non ha il matrimonio egualitario – supportato oramai in Europa anche da governi liberali e di centro-destra – nessuno parla delle terapie di conversione, lo abbiamo fatto solo noi di Possibile LGBTI+ insieme a decine di associazioni e attivistə, abbiamo firmato, come Italia, un impegno internazionale per i neonati intersex mai applicato. 

L’Italia ha un gap oramai ventennale rispetto ai Paesi più avanzati su questi temi. Pensate quindi cosa significa per le persone LGBTQIA+ vivere in uno Stato che sprofonda in un immobilismo che mette a rischio la vita e la dignità di una fetta di cittadine e cittadini.

Allo stesso tempo, però, stiamo notando come i temi della comunità siano diventati sempre più presenti nella quotidianità. Trai giovani soprattutto, come già sottolineato, ma anche in quello che possiamo definire showbiz con artisti che superano reticenze e timidezze per schierarsi con la comunità. E’ il caso di Tiziano Ferro che ha sostenuto apertamente il Lazio Pride di Latina, la sua città, scontrandosi anche con la Sindaca di Fratelli d’Italia, o Marco Mengoni che è uscito con una rainbow flag durante l’esibizione all’Eurovisione e che ha replicato anche nel suo concerto al Circo Massimo a Roma. E’ il caso delle serie tv delle piattaforme di streaming dove si raccontano le sfaccettature arcobaleno della nostra comunità. E’ il caso dei programmi della tv generalista con il successo, dentro e fuori lo schermo, di Drag Race Italia o Non Sono Una Signora. E’ il coraggio de conduttorə, attorə, alleatə che scelgono di non nascondersi più.

Siamo ad un punto di svolta. Se da un lato noi attivisti queer continiamo a portare avanti una rivoluzione che parte dai territori, a salvaguardia della comunità, dall’altro è sempre più chiaro come su questi temi si sia acceso un riflettore anche nazionale e, considerate le mobilitazioni lanciate da EuroCentralAsian Lesbian* Community che si sono svolte in tutta Europa oltre che a Roma. Non esistono più le zone d’ombra, sui diritti e le libertà della comunità LGBTQIA+ non si può più stare nel mezzo, bisogna scegliere e schierarsi, senza ambiguità.

Quella italiana, però, non è una situazione isolata. Si inserisce in un quadro motlo più ampio: la strategia globale della destra radicale che parte dall’America, passa per la Spagna di Vox, l’Italia di Meloni e si sposta verso i Paesi dell’Est Europa come Polonia, Ungheria e Russia. Tocca l’Africa, dove ancora le persone LGBTQIA+ rischiano la vita per il proprio orientamento sessuale e identità di genere, passa per l’Uganda ma anche per la strategia dei Repubblicani di Donald Trump.

E’ uno schema chiaro che necessita di una risposta globale, una rete internazionale per i diritti perché questi temi non hanno confini, ci riguardano tutti in ogni angolo del mondo.

Per questo serve che le storie dell’Italia e di altri Paesi vengano raccontate e possano contribuire a costruire questa rete.

Solo insieme, siamo più forti. 

E, oggi, non siamo più solə, esiste una Generazione Pride che si mostra, con coraggio e orgoglio, che non resta più in silenzio, che si racconta e che va raccontata. Che ha bisogno di uno spazio politico da costruire, aperto, plurale, progressista, intersezionale.

Una piattaforma politica da lanciare subito dopo l’estate, perché il Pride sia permanente come la nostra lotta per l’uguaglianza, i diritti, le libertà. Anche in vista delle prossime elezioni europee del 2024.

Possibile LGBTI+ è prontə, chiediamo a tuttə, forze politiche e associative in primis, di unirsi (lgbt@possibile.com).

Il momento è ora.

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