Ridurre gli sprechi è possibile, ma servono regole
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Ridurre gli sprechi è possibile, ma servono regole

Dalle scadenze fraintese alle porzioni eccessive, lo sperpero domestico è alimentato da un sistema che spinge a consumare troppo

Ridurre gli sprechi è possibile, ma servono regole
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redazione Modifica articolo

8 Dicembre 2025 - 19.48 Culture


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Ogni anno, in Europa, ciascuno di noi butta via circa 130 kg di cibo, pari a quasi 350 etti al giorno considerando tutte le perdite lungo la filiera: dai produttori ai ristoranti, dai supermercati alle nostre case. Gran parte di questo spreco, circa 70 kg,  avviene proprio tra le mura domestiche, come scrive Anna Lisa Bonfransceschi di Wired

Ma gli sprechi alimentari non sono solo un problema individuale. Come sottolineano gli esperti sulle pagine di Nature Human Behaviour, ciò che accade nelle nostre case riflette un sistema pensato per incentivare consumi sempre più elevati, anche di cibo. 

Mangiare, spiegano Katy Tapper e colleghi della City St George’s University di Londra, comporta variabili difficili da prevedere: accontentare un bambino, soddisfare il desiderio di un pasto d’asporto o semplicemente preparare più cibo del necessario può portare inevitabilmente a sprechi. Inoltre, a causa del marketing, non siamo abituati minimamente al messaggio di consumare meno. Un altro fattore è la scarsa consapevolezza. Raramente ci rendiamo conto di quanto cibo finisca nella spazzatura e del suo impatto economico e ambientale. Christian Reynolds del Centre for Food Policy dell’Università di Londra sintetizza: “Sebbene lo spreco alimentare possa sembrare un semplice comportamento, in realtà è determinato da un numero molto elevato di fattori determinanti”.

Di fronte a queste complessità, gli esperti propongono aree chiave di intervento per ridurre gli sprechi, che richiedono la collaborazione di istituzioni, industria alimentare, supermercati e comunità scientifica. Il primo passo è aumentare la visibilità: come introdurre sistemi intelligenti capaci di stimare gli sprechi rispetto al resto dei rifiuti. Ma anche strumenti per fissare obiettivi di spreco in base ai consumi per le famiglie, ad esempio assegnando contenitori specifici in base ai consumi previsti.

Un altro filone riguarda l’educazione dei consumatori e la conservazione corretta degli alimenti. Iniziative in scuole, luoghi di lavoro e supermercati, possono promuovere il riutilizzo degli avanzi e chiarire le differenze tra indicazioni di scadenza “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”. Solo la confusione su queste diciture genera circa 9 milioni di tonnellate di cibo sprecato, secondo stime dell’Efsa. Ma serve anche motivazione. Informazioni sugli effetti economici, ambientali ed etici dello spreco alimentare possono incoraggiare comportamenti più responsabili.

Infine, gli esperti sottolineano l’importanza di azioni regolatorie e organizzative. Ridurre le dimensioni delle confezioni, delle porzioni al ristorante e scoraggiare pratiche di acquisto eccessivo sono strategie che dovrebbero essere promosse dalle istituzioni. Ma il cambiamento non riguarda solo il cibo, come evidenzia Tapper e il suo team: è necessario immaginare un sistema in cui i governi diano priorità a fattori come salute, felicità e sostenibilità, non solo crescita economica.

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