La scoperta: i gatti sviluppano anticorpi anti Covid senza ammalarsi
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La scoperta: i gatti sviluppano anticorpi anti Covid senza ammalarsi

Lo si evince dai risultati delle analisi pubblicate sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas) dall'Istituto di ricerca e tecnologia agroalimentare (Irta) dell'Università autonoma di Barcellona

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24 Settembre 2020 - 13.13


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Faticava a respirare per un problema cardiaco e non per Covid-19, il gatto spagnolo ‘Negrito’, tra i primi al mondo risultati positivi al virus SarsCoV2: contagiato dai membri della famiglia in cui viveva, all’autopsia non ha mostrato alcun segno della malattia. Proprio come Whisky, l’altro gatto di casa contagiato, anche Negrito aveva sviluppato anticorpi neutralizzanti, segno che questi animali potrebbero avere un sistema immunitario capace di fronteggiare il nuovo coronavirus. Lo si evince dai risultati delle analisi pubblicate sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas) dall’Istituto di ricerca e tecnologia agroalimentare (Irta) dell’Università autonoma di Barcellona e dall’Istituto spagnolo di ricerca sull’Aids (IrsiCaixa).

Il caso di Negrito era finito sotto la lente dei ricercatori lo scorso maggio, quando la sua famiglia è stata colpita da Covid e uno dei suoi componenti ne è rimasto vittima. Il gatto, di quattro anni, mostrava gravi difficoltà respiratorie e subito si era pensato che potesse essere colpa del coronavirus. L’autopsia ha dimostrato in realtà che il decesso è dovuto a una cardiomiopatia ipertrofica felina, anche se il tampone ha confermato la presenza di SarsCoV2 con una bassa carica virale. Le analisi genetiche hanno dimostrato che il virus è identico al 99,9% a quello del padrone morto, e questo sembra indicare che Negrito sia stato contagiato direttamente dagli umani e non da altri gatti.

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Considerato l’elevato numero di pazienti colpiti da Covid nel mondo e l’esiguo numero di casi registrato fra gli animali, gli esperti sottolineano che “gli animali domestici giocano un ruolo trascurabile nell’epidemia e i gatti, in particolare, vengono infettati in maniera residuale e non ci sono prove di trasmissione del virus agli umani. Questo – spiega la ricercatrice J£lia Vergara-Alert dell’Irta – è un caso di zoonosi inversa, in cui i gatti sono vittime collaterali senza che il virus causi loro dei problemi di salute”.

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