L'infettivologo del Sacco: "Coronavirus già in Italia da gennaio, l'emergenza è seria"
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L'infettivologo del Sacco: "Coronavirus già in Italia da gennaio, l'emergenza è seria"

Parla Massimo Galli, infettivologo primario del Sacco di Milano: "In 42 anni non ho mai visto una cosa simile. Dal punto di vista dell'organizzazione sanitaria è uno tsunami"

Massimo Galli
Massimo Galli
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1 Marzo 2020 - 11.30


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Massimo Galli è il primario infettivologo del Sacco di Milano e ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui si dice parecchio preoccupato per l’epidemia di Coronavirus: “Il virus ha dimostrato di aver eluso i criteri di sorveglianza. L’epidemia ha a tutti gli effetti conquistato una parte d’Italia. Ci troviamo a dover gestire una grande quantità di malati con quadri clinici importanti. Sta succedendo qualcosa di grave, non soltanto da noi ma anche in Germania e Francia, che potrebbero ritrovarsi presto nelle nostre stesse condizioni e non glielo auguro. Stiamo trattando una marea montante di pazienti impegnativi”. 
“I quadri clinici gravi non fanno pensare che l’infezione sia recente” ha spiegato Galli, “È verosimile che i ricoverati abbiamo alle spalle dalle due alle quattro settimane di tempo intercorso dal momento in cui hanno preso il virus allo sviluppo di sintomi molto seri, dalla semplice necessità di aiutarli con l’ossigeno fino a doverli assistere completamente nella respirazione”. 
E riguardo chi paragona il Covid-19 a un’influenza, Galli risponde così: “Chi ha cercato di infondere tranquillità, e li capisco, non ha considerato le potenzialità di questo virus. In quarantadue anni di professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive. La situazione è francamente emergenziale dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria. È l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con patologie importanti ricoverati tutti insieme. Le descrivo la giornata di venerdì, prima che arrivasse la nuova ondata di casi. In Lombardia erano 85 i posti letto occupati da malati intubati con diagnosi di Covid-19, una fetta molto importante di quelli disponibili. Per non contare il rischio di contagio al quale sono esposti gli operatori. Un carico di lavoro abnorme”. 
Per quanto riguarda le misure prese dal governo, Galli alza le mani: “È stato fatto tutto ciò che era possibile e adesso bisogna continuare con le restrizioni, cercando di evitare il più possibile l’affollamento. Purtroppo il virus è entrato in Italia prima che si cominciasse a ostruirgli la strada con la chiusura dei voli dalla Cina. La penetrazione nel nostro Paese è precedente, circolava già prima della fine di gennaio anche a giudicare dall’impennata di questi ultimi giorni. Sono tutti contagi vecchi per la maggior parte. Risalgono agli inizi di febbraio, qualcuno anche a prima”. 
La malattia quindi si sviluppa lentamente: “Ha più fasi e si esprime nella sua massima gravità anche a 7-10 giorni dalla comparsa dei primi sintomi. È molto probabile che dietro tutti i pazienti gravi ce ne siano altrettanti infetti ma meno gravi. Per usare un termine tipico dell’epidemiologia, questa è solo la punta dell’iceberg. Anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo, e noi siamo tra queste, rischia di non reggere un tale impatto”. 

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