Migranti: perché quello di Giorgia Meloni è il governo della paura
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Migranti: perché quello di Giorgia Meloni è il governo della paura

Il governo di Destra, presieduto da Meloni, sta varando, in maniera compulsiva e caotica, per fronteggiare l’emergenza migranti, così come viene definita, nel linguaggio allarmistico e intimidatorio dai vari ministri che sono intervenuti sull’argomento. 

Migranti: perché quello di Giorgia Meloni è il governo della paura
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

10 Ottobre 2023 - 01.21


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Le notizie si rincorrono, spietate, ed è un’impresa al limite dell’impossibile, quella di trovare una logica, un filo conduttore che riesca a tenere insieme eventi che appaiono privi di qualsiasi razionalità. Stiamo parlando dei provvedimenti che il governo di Destra, presieduto da Meloni, sta varando, in maniera compulsiva e caotica, per fronteggiare l’emergenza migranti, così come viene definita, nel linguaggio allarmistico e intimidatorio dai vari ministri che sono intervenuti sull’argomento. 

Per intanto è necessaria una premessa di ordine generale. Di fronte ai flussi migratori appare oramai evidente che l’Europa nella sua interezza ha dimenticato la solida tradizione razionalista, ha spento il lume della ragione e si è perduta nel buio della paura incontrollata. É come se di fronte a un evento dalle dimensioni ancora piuttosto limitate gli europei si siano smarriti nel labirinto delle fobie più primitive, ed abbiano reagito all’arrivo di qualche migliaia di migranti secondo le più ancestrali spinte securitarie.

Il risultato di queste spinte irrazionali sono le norme in materia di immigrazione che il Governo Meloni sta moltiplicando in maniera tanto compulsiva quanto confusa e inefficace, dal momento che l’obiettivo dichiarato di limitare gli sbarchi è miseramente fallito. 

Tralasciamo l’accordo con la Tunisia, che prevedeva denaro dall’Europa in cambio di trattenimenti di migranti nel paese nord africano, che di fatto non è mai entrato in vigore, e analizziamo il testo di un disegno di legge presentato nel Consiglio dei Ministri della settimana scorsa, che ha allungato a dodici mesi il tempo di permanenza dei richiedenti asilo nei centri per il rimpatrio (Cpr), e prevede la costruzione entro pochi mesi di un nuovo Cpr per ogni regione, in luoghi isolati e blindati dalle forze dell’ordine. Nei Cpr verranno detenuti anche tutti gli irregolari, che hanno un decreto di espulsione, che potranno essere trattenuti fino a diciotto mesi, in attesa di essere rimpatriati nei paesi di origine. Le nuove direttive in realtà appaiono piuttosto datate e rischiano di essere totalmente inefficaci; non sfugge a nessuno, infatti, l’evidente impossibilità di procedere all’identificazione dei migranti rispetto al Paese di provenienza, ma anche la mancanza di un qualsiasi canale diplomatico che garantisca l’effettiva attuazione dell’espulsione. In buona sostanza non sappiamo da dove arriva la maggior parte dei migranti, e non possiamo quindi riportarli nei luoghi di provenienza perché non ci sono accordi intergovernativi. Non è difficile quindi immaginare la situazione che si prospetta: anche se si procedesse alla costruzione di nuovi Cpr non sarebbero sufficienti a contenere i migranti che continuano ad arrivare, e anche senza considerare i dubbi di costituzionalità, peraltro già sollevati da qualche magistrato, al termine del periodo di detenzione, il migrante dovrebbe essere rilasciato con la prospettiva inevitabile di assurgere allo status di clandestino-invisibile per le istituzione pubbliche italiane, ma non per le organizzazioni criminali, che potrebbero beneficiare di manovalanza a basso costo e senza speranza. Sarebbe, come dicono i filosofi, l’eteronomia dei fini: tutte le norme in difesa dell’ordine pubblico e della sicurezza ottengono il risultato opposto e accrescono le aree di illegalità. 

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É possibile che le i ministri dell’attuale governo non abbiano previsto tutto questo? 

Cosa dobbiamo pensare? Si tratta di incompetenza oppure di malafede? 

In ogni caso non si vede neppure un barlume di razionalità. Un filosofo inglese del ‘600, Th. Hobbes pensava che la ragione fosse una prerogativa umana e che la sua funzione fosse quella di prevedere e calcolare con sufficiente precisione le conseguenze delle azioni e delle decisioni che vengono assunte. In questo momento storico le classi dirigenti hanno smarrito questa capacità, non sono in grado di travalicare l’emergenza fittizia nella quale vorrebbero costringerci, ed è per questo che ogni provvedimento deve essere modificato, integrato, rafforzato, in un crescendo di delirio securitario che alimenta una fobia sempre più generalizzata, che rischia di sfociare nel panico. Anche qui la domanda è legittima? Cui prodest? A chi giova il governo della paura? Sappiamo che le involuzioni autoritarie hanno sempre avuto origine dalla diffusione di paure sociali collettive e che la strada verso le dittature è lastricata da promesse rassicuranti.  

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Se restiamo ai fatti scopriamo che il governo italiano ha concepito altri due provvedimenti che pur nella loro contradditorietà, confermano le tendenze securitarie e la strategia del contenimento dei flussi migratori. La settimana scorsa è stato varato un decreto che stabilisce un criterio che offende la storia democratica di questo Paese. Per i migranti che provengono da paesi cosiddetti sicuri è prevista la possibilità di versare nelle casse erariali dello Stato la somma di cinquemila euro per evitare di essere rinchiusi nei centri di pronto rimpatrio, in attesa di sapere se verrà accolta la loro domanda di asilo. Il principio stabilisce una gerarchia della disperazione: chi può pagare è in grado di comprarsi la libertà, e gli altri, che non possiedono la somma richiesta, restano in ostaggio dello Stato italiano. L’Occidente conferma ancora una volta la sua vocazione rapinosa, che naturalmente si accanisce sui più deboli, mentre il Presidente del Consiglio si dichiara fedele ai precetti di un Vangelo scritto in una lingua che a noi risulta sconosciuta. 

Epperò non bastava. Bisognava essere ancora più rigorosi e quindi ecco che arriva un’altra norma restrittiva. Dopo qualche giorno l’infame decreto che lucrava sulla disperazione, arriva la bozza di un nuovo decreto, che disciplina la materia dei minori non accompagnati. Nell’idea del governo si dovranno accertare la reale età del migrante e nel caso abbia mentito è prevista l’espulsione; inoltre gli adolescenti in età compresa tra i 16 e i 18 anni, in assenza di strutture adeguate, possono essere ospitati nei centri per gli adulti.  Anche in questo caso si tratta di misure restrittive dei diritti fondamentali delle persone, che vorrebbero scoraggiare le partenze e rendere la vita ancora più difficile a chi sbarca, ma in realtà sembrano ancora una volta provvedimenti di natura propagandistica, rivolti a rassicurare quella parte di opinione pubblica che vive le migrazioni come una minaccia, l’invasione di uno spazio vitale. Ancora una volta si percepisce la totale inadeguatezza delle risposte della politica alle questioni che i tempi e la Storia impongono, la mancanza di lucidità e di chiaroveggenza, da cui risulta l’inseguimento affannoso di soluzioni che non risolvono i problemi, ma si limitano a tentare inutilmente di frenare, limiitare un’ondata che appare incontenibile, con il rischio di trasformare l’Italia e l’Europa in una sorta di fortilizio isolato che si prepara a difendersi dall’assalto dei nemici, senza alcuna possibilità di resistere. 

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Per concludere, una conferma paradossale della confusione nella quale versano le migliori menti della Destra italiana, ci viene offerta dalla soluzione tragicomica proposta dalla senatrice Biancofiore, che nel corso di una trasmissione televisiva ha recentemente suggerito di creare un’isola artificiale nel mezzo del Mediterraneo con la collaborazione degli organismi internazionali che dovrebbe raccogliere i migranti che sbarcano in Italia. A parte la fattibilità di un simile progetto, che appare piuttosto come un delirio che una proposta sensata, l’idea dell’isola è l’ennesima invenzione strampalata che dimostra semplicemente l’incapacità della Destra di governo di affrontare in maniera razionale il fenomeno, e il conseguente fallimento di tutte le politiche anti immigrazioniste.

E tutto questo alla vigilia della sentenza a carico di Domenico Lucano che a Riace aveva mostrato che l’immigrazione può essere un’opportunità e non un problema.   

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