La marcia di avvicinamento di Carlo Calenda al governo Meloni procede spedita. In un’intervista al Corriere della Sera, il leader di Azione si dice d’accordo con la destra per aver limitato il controllo della Corte dei conti sul Pnrr. «Si tratta di un controllo ridondante rispetto alla Ue. Quello di costruire controlli su controlli per poi ottenere la paralisi della pubblica amministrazione è uno dei tanti mali italiani. Il governo ha fatto bene. E in tal senso si sono espressi anche autorevoli amministrativisti».
«Il punto è che noi non riusciamo a spendere i soldi perché in questo Paese i politici non sono in grado di far accadere le cose perché non hanno esperienza di gestione. È un problema trasversale. Con il Pnrr questo aspetto si evidenzia in modo clamoroso. Sono bravissimi a fare le leggi e a regalare bonus, per il resto, dalla sanità all’immigrazione e all’istruzione, niente di strutturale cambia mai. E gli italiani si ritrovano a dover spendere 40 miliardi di euro l’anno per curarsi mentre solo l’uno per cento dei fondi del Pnrr è stato speso per la sanità», dice il leader di Azione.
Calenda parla anche del rapporto con il Pd: «Forse, dico forse, e con grande ritardo, sulla retribuzione minima riusciremo a fare qualcosa insieme. Ma il problema è che Schlein ha tre proposte sul salario minimo che riflettono le diverse anime del partito».
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