Elio Vito: “Tajani è riuscito a rompere in un colpo solo con tutti. Deve dimettersi!”
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Elio Vito: “Tajani è riuscito a rompere in un colpo solo con tutti. Deve dimettersi!”

L'intervista al deputato di Forza Italia, già molto critico sulla gestione del partito

Elio Vito: “Tajani è riuscito a rompere in un colpo solo con tutti. Deve dimettersi!”
Elio Vito
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7 Febbraio 2022 - 14.52


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di Antonello Sette

Onorevole Vito, Forza Italia è in fermento. Silvio Berlusconi auspica un maggiore radicamento nel territorio e nel frattempo battibecca con Giorgia Meloni. Le ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini chiedono lo sganciamento dal centrodestra, una volta constatata l’inesistenza di una linea comune e vagheggiano il ritorno al proporzionale. Lei con chi sta?

Per prima cosa voglio ringraziare SprayNews e, di rimando, altri siti indipendenti come Globalist, perché, se non fosse stato per loro e per il mio attivismo sui social, in questi mesi la mia voce sarebbe rimasta muta. Questo – spiega l’ex capogruppo di Forza Italia rispondendo a SprayNews – implica una prima domanda da porre a Forza Italia, che continua a dire di voler essere un partito liberale. Le scelte, che Forza Italia ha operato in questi mesi e in questi anni, hanno avuto, come principale caratteristica, quella di non consentire a chi, come me, esprime delle critiche lealmente e apertamente, l’accesso alla comunicazione gestita dal partito. E non parlo solo delle presenze televisive, ma addirittura delle rassegne di stampa interne e dei social di partito.  

Torniamo alla domanda…

Dentro Forza Italia si è aperto finalmente un dibattito. Io credo che questo dibattito interno non possa non essere accompagnato da una riflessione autocritica da parte dei dirigenti. Autocritiche che, peraltro, io sollecito da alcuni mesi, in particolare da quando abbiamo perso le elezioni amministrative. Le abbiamo perse, accettando candidature debolissime a Roma e a Milano, per poi rifugiarci nella consolazione delle conferme centriste a Trieste e in Calabria. A Roma Forza Italia non ha neppure un consigliere comunale. L’unico eletto sulla base delle preferenze è dell’Udc. Una sconfitta palese, che avrebbe dovuto comportare un atto di responsabilità dei nostri dirigenti, che invece hanno continuato e continuano a rivendicare, come se fosse merito loro, il mezzo punto in più che, di volta in volta, ci attribuiscono i sondaggi. 

Una politica di piccolo cabotaggio, culminata nella confusa gestione delle elezioni per la Presidenza della Repubblica…

La gestione delle elezioni presidenziali ha mostrato la completa incapacità di comprendere quello che stava accadendo. Mentre ci si chiudeva nei vertici dei partiti di centrodestra, e anche simmetricamente in quelli di centrosinistra, non si aveva nessuna percezione di quello che stava accadendo fra i parlamentari in aula, là dove si diffondeva la convinzione di essere molto di più in contatto con la società e con il Paese, che avevano rinnovato, senza soluzione di continuità, un vero e un tributo plebiscitario nei confronti del Presidente Mattarella. I nostri dirigenti hanno, tanto per cominciare, mandato a sbattere contro un muro la candidatura del Presidente Berlusconi, facendola partire con mesi di anticipo ed esponendola conseguentemente al fuoco di sbarramento delle critiche della sinistra, per poi non sostenerla adeguatamente nel momento decisivo. Non bastasse, Tajani è riuscito nella difficile impresa di rompere sia con la Lega che con Fratelli d’Italia. Noi avevamo messo in conto che fosse complicato tenere insieme l’unità del centrodestra e contemporaneamente quella delle forze che sostengono la maggioranza di Governo. In pratica Forza Italia o stava con la Lega e la maggioranza che sostiene il Presidente Draghi o passava a una battaglia di tutto il centrodestra. Non avevamo, invece, messo in conto che Tajani riuscisse a rompere con entrambe le forze del centrodestra per fare un’operazione neocentrista la notte prima degli esami, quando era ormai chiaro a tutti i parlamentari che la candidatura di Mattarella avanzava irresistibilmente. Credo in tutta sincerità che sia stata un’operazione distruttiva.

Una cosa resta da capire. C’è chi, come le ministre Carfagna e Gelmini, dice che è giunta l’ora di trarre le conseguenze e che un’alleanza non può continuare a stare in piedi, se è venuta meno una linea programmatica comune. Non a caso, riparlano di un sistema elettorale proporzionale…

Io dico un’altra cosa. Il discorso sulle alleanze deve essere posticipato. Prima c’è da stabilire che cosa deve essere Forza Italia, i nostri contenuti e i nostri valori. Solo a quel punto potremo capire con chi possiamo dialogare, se con Fratelli d’Italia, con la Lega, con i Cinquestella o con Calenda. Dopo aver ridefinito la nostra identità, non prima. In questo senso Forza Italia avrà nelle prossime settimane la grande occasione dei referendum. Se Forza Italia vuole, come dice, essere un partito liberale, credo che debba sostenere anche quelli sulla cannabis e sull’eutanasia, oltre a quelli sulla giustizia, che abbiamo sottoscritto. Forza Italia deve indirizzare le sue battaglie sulla difesa dei diritti civili. Esattamente il contrario di quello che ha fatto in questi mesi, durante i quali si è addirittura resa protagonista di alcune battaglie antieuropee, come quella sul Natale e sui simboli cristiani.

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