"Matteo Renzi d'Arabia". Se 80mila euro sauditi vi sembran pochi...
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"Matteo Renzi d'Arabia". Se 80mila euro sauditi vi sembran pochi...

Il senatore di Italia Viva sarebbe organico a un “advisory board” di un ente governativo, l’FII Insitute controllato dal potente fondo sovrano saudita, il Saudi public investment Fund (Pif).

Renzi e il principe Salman
Renzi e il principe Salman
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Gennaio 2021 - 18.05


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C’è poco da scherzare sul “Matteo d’Arabia”. E non serve buttarla sul moralismo, tipo “ma guarda questo, mentre in Italia è aperta una crisi di Governo che proprio lui ha provocato, ecco volare in Arabia Saudita per 80mila euro”.

Ora, lasciamo stare gli 80mila, che per noi comuni mortali sono un sacco di soldi ma per chi ne riceve 12mila al mese come stipendio da parlamentare può essere argent de poche, e lasciamo pure stare la facile battuta “ma che in lingua si è espresso, visto il suo inglese maccheronico”.

Insomma, lasciamo stare tutto questo. E andiamo al sodo. E il sodo è: ma che legame esiste tra il senatore di Rignano e l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi? E qui la cosa si fa seria, molto ma molto seria. Perché, stando a quanto scritto da Emanuele Fittipaldi in un documentato articolo su Domani, l’ex presidente del Consiglio sarebbe organico a un “advisory board” di un ente governativo, l’FII Insitute controllato dal potente fondo sovrano saudita, il Saudi public investment Fund (Pif). Ora, “Matteo d’Arabia” sa chi lo ha ingaggiato. Un Paese dove si giustiziano ogni giorno persone con la decapitazione perché omosessuali, dove si lapidano le donne considerate di “facili costumi”, dove si condannano a morte anche i minorenni. 

Promemoria per il senatore di Rignano

L’uccisione del giornalista dissidente saudita, Jamal Khashoggi, è solo l’ultima di una lunga serie di violazioni dei diritti umani che si aggiungono all’incredibile lista di quelle compiute in Arabia Saudita. Ecco dieci cose da sapere sul regno della crudeltà. A stilarle è Amnesty International

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1 – GUERRA DEVASTANTE NELLO YEMEN

La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha contribuito in modo significativo a una guerra che ha devastato lo Yemen negli ultimi tre anni e mezzo, uccidendo migliaia di civili, compresi i bambini, bombardando ospedali, scuole e case.

I nostri ricercatori hanno documentato ripetute violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi i crimini di guerra. Nonostante ciò, l’Italia e altri paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia continuano a fare affari lucrosi con i sauditi.

2 – INCESSANTE REPRESSIONE CONTRO ATTIVISTI PACIFICI, GIORNALISTI E ACCADEMICI

Da quando il principe ereditario Mohammed bin Salman è salito al potere, molti attivisti sono stati arrestati o condannati a lunghe pene detentive semplicemente per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione, associazione e assemblea.

Le autorità hanno preso di mira la piccola ma rumorosa comunità di difensori dei diritti umani, anche usando le leggi anti-terrorismo e contro il cyber-crimine per sopprimere il loro attivismo pacifico come strumento di opposizione alle violazioni dei diritti umani.

3 – ARRESTI DI DIFENSORI DEI DIRITTI DELLE DONNE

All’inizio del 2018, una serie di eminenti difensori dei diritti delle donne sono stati arrestati durante repressione messe in atto dal governo saudita. A maggio, Loujain al-Hathloul, Iman al-Nafjan e Aziza al-Yousef sono stati arrestati arbitrariamente. Dopo il loro arresto, il governo ha lanciato una campagna diffamatoria per screditarli come “traditori”. Ora rischiano una lunga pena detentiva. Tre anni dopo, sono ancora detenute. L’ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda Loujain al-Hatloul, attivista per i diritti delle donne condannata a cinque anni e otto mesi di carcere al termine di un processo iniquo celebrato dal Tribunale penale speciale, che si occupa di casi di terrorismo. Giudicata colpevole di “spionaggio per potenze straniere” e “cospirazione contro il regno” saudita, solo per aver promosso i diritti delle donne e aver chiesto e ottenuto la fine del sistema del sistema del guardiano maschile, che controlla ogni aspetto della vita delle donne. La condanna è stata poi sostanzialmente neutralizzata ma le rimangono ancora tre mesi di carcere.

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4 – ESECUZIONI

L’Arabia Saudita emette ogni anno moltissime condanne a morte, spesso eseguite con macabre decapitazioni pubbliche. Riteniamo che la pena di morte violi il diritto alla vita e sia crudele, inumana e degradante. Inoltre, nonostante sia dimostrato come la condanna a morte non scoraggi le persone dal commettere reati, l’Arabia Saudita continua a emettere queste sentenze e a eseguirle, a seguito di processi gravemente iniqui.

5 – PUNIZIONI CRUDELI, INUMANE O DEGRADANTI

Le corti dell’Arabia Saudita continuano a imporre condanne di flagellazione come punizione per molti reati, spesso a seguito di processi iniqui. Raif Badawi è stato condannato a 1.000 frustate e 10 anni di carcere semplicemente per aver scritto un blog. Amputazioni e amputazioni incrociate, che invariabilmente costituiscono tortura, sono anche eseguite come punizione per alcuni crimini.

6 – TORTURA E MALTRATTAMENTI

L’uso della tortura come strumento punitivo, e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza rimangono comuni e diffusi, mentre i responsabili non sono mai chiamati a giustificare i propri comportamenti di fronte alla giustizia.

7 – DISCRIMINAZIONE SISTEMATICA DELLE DONNE

Le donne e le ragazze sono discriminate e legalmente subordinate agli uomini in relazione al matrimonio, al divorzio, alla custodia dei figli, all’eredità e ad altri aspetti. Sotto il sistema di tutela, una donna non può prendere decisioni per conto proprio, bensì è un parente maschio a decidere tutto a suo nome.

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8 – DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA

I membri della minoranza sciita del Regno continuano a essere discriminati: limitato il loro accesso ai servizi pubblici e all’occupazione. Decine di attivisti sciiti sono stati condannati a morte o a lunghe pene detentive per la loro presunta partecipazione a proteste antigovernative nel 2011 e nel 2012.

9 – “CIÒ CHE SUCCEDE NEL REGNO, RESTA NEL REGNO”

È noto che le autorità saudite intraprendono azioni punitive, anche attraverso i tribunali, contro attivisti pacifici e familiari di vittime che per chiedere aiuto contattano organizzazioni indipendenti per i diritti umani, come la nostra, o diplomatici e giornalisti stranieri.

10 – L’OMICIDIO DI JAMAL KHASHOGGI

Dopo l’orribile uccisione di Jamal Khashoggi, Amnesty International ha chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di istituire un’indagine indipendente delle Nazioni Unite sulle circostanze che hanno portato all’esecuzione extragiudiziale di Khashoggi, l’eventuale tortura e altri crimini e violazioni commessi al suo caso.

Richiesta respinta da Ryadh. 

“Matteo d’Arabia” queste cose le sa. Ma evidentemente valgono meno di 80mila euro.

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