Considerazioni sul risultato delle elezioni europee in Sardegna
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Considerazioni sul risultato delle elezioni europee in Sardegna

L'elezione di un sardo non conta nulla in un consesso in cui a essere rappresentati sono i partiti e non i popoli.[Michela Murgia]

Michela Murgia
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27 Maggio 2014 - 14.07


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di Michela Murgia

Trovarsi a Parigi nel giorno in cui Marine Le Pen sfiora il 26% dei consensi fa capire molte cose sulla direzione politica che sta prendendo davvero l’Europa. Amici insospettabili ti confessano che sì, Marine l’hanno votata, perchè di un’Europa finanziaria centrata solo sulla stabilità delle banche non se ne può più, perchè mandare gli euroscettici al parlamento significa mettere mine sotto al sistema e perchè dare un calcio ai vecchi partiti ormai tutti a braccetto era fondamentale per poter ripensare il patto internazionale. Sentirsi a casa nel peggio degli umori sociali oltralpe non cancella la necessità di riflettere sui significati del buon risultato fatturato da Renato Soru per le europee, a partire dalle frasi che sento dire in merito ad amici e conoscenti.

Almeno hanno eletto un sardo, si consola qualcuno, come se le elezioni europee fossero un televoto di Amici dove quello del tuo paese lo tifi anche se canta da cani. L’elezione di un sardo non conta nulla in un consesso in cui a essere rappresentati sono i partiti e non i popoli. Soru è un uomo del PD e il PD è stato molto chiaro nei confronti della Sardegna, bocciando appena un mese fa la richiesta dell’istituzione del collegio unico per l’isola. Nel momento in cui accetti che la Sardegna non sia rappresentabile in Europa in quanto territorio con specifiche caratteristiche socio-culturali e geografiche, stai accettando un sistema in cui i sardi che vogliono essere rappresentati in Europa devono passare esclusivamente dai partiti italiani. Soru ha condiviso questa visione e vi appartiene, ecco perché è del tutto logico che in campagna elettorale abbia detto che si candidava per il PD e non per la Sardegna. Inutile quindi consolarsi con la simpatia etnica: non è stato eletto “un sardo”, ma “un esponente sardo del partito democratico”, un uomo di partito e non di popolo, che non rappresenta la comunità dei sardi in quanto tale, ma le istanze del suo apparato e degli interessi a cui quell’apparato ha già abbondantemente dimostrato di rispondere con fedeltà.

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Almeno hanno eletto uno di sinistra, mi dicono. Soru è di sinistra nella stessa misura in cui lo è il PD, cioè zero. Se l’Italia fosse un paese con miglior memoria qualcuno si sarebbe ricordato che appena sei mesi fa – sul tema dei diritti delle donne e delle persone lgbt – il PD al parlamento europeo ha votato sulla stessa linea delle peggiori destre conservatrici, astenendosi sulla cruciale risoluzione Estrela e attirandosi le ire di tutto il PPE. Quell’episodio vergognoso aggiunge conferme al dato per niente trascurabile (ma che molti amici di sinistra tendono a dimenticare) che il PD in Italia governa a braccetto con la destra da un anno e mezzo e lo fa senza alcun mandato elettorale. I due partiti insieme stanno portando avanti politiche di destra su tutti i fronti, dal lavoro all’istruzione, dai diritti personali alla fiscalità, al punto che la visione di società difesa dal PD non rappresenta più le persone di sinistra già in Italia, figuriamoci se può farlo in Europa. Che poi questa visione piaccia al 41% degli italiani che votano è un’altra questione, che ha molto a che fare con gli italiani, ma davvero pochissimo con la sinistra.

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Almeno qualcuno è andato a votare. Ecco, questo è vero. Per rispetto alle persone che gli hanno dato il voto auguro al suo partito che Soru a Bruxelles si presenti con frequenza superiore a quella con cui si è presentato alle votazioni del consiglio regionale sardo, dove è stato cintura nera di assenze, secondo per assenteismo solo a Cappellacci.

Il PD in Europa c’è. Per vederci anche la Sardegna vuol dire che aspetteremo ancora.

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