Vincerà ancora Cappellacci. Senza inganni
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Vincerà ancora Cappellacci. Senza inganni

A due mesi dalle elezioni regionali in Sardegna, un'analisi di chi si contende la guida dell'isola. E del perché tutto rischia di restare com'è.

Vincerà ancora Cappellacci. Senza inganni
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5 Gennaio 2014 - 17.34


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di Francesco Giorgioni

Della prossima riconferma di Ugo Cappellacci alla guida della Regione Sardegna tutto si potrà dire, tranne che sia il frutto di un inganno.

I sardi sanno perfettamente chi è o, perlomeno, hanno tutti i mezzi per conoscere i metodi di un’azione politica ridotta a propaganda H24.

La sua nuova vittoria sarà perciò molto diversa da quella del 2009: allora la maggioranza dei sardi gli credette in buona fede, stavolta lo seguirà per la sconfortante povertà delle alternative, per avere dimenticato i fallimenti di questa legislatura o perché, semplicemente, quella maggioranza di sardi se ne fotte e le sta bene un presidente così.

Della campagna elettorale del 2009, a Cappellacci è rimasto appiccicato il ruolo indegno di valletto del mattatore: Berlusconi a condurre i comizi, lui sempre un passo indietro, con le mascelle tirate in larghissimi sorrisi.

Perché il programma politico era il sorriso.

Ancora una volta, i sardi credettero che la formula di un governatore amico del presidente potesse risolvere tutti i problemi. Un’immagine potentemente simbolica del modo prevalente di intendere la politica: se sono amico di qualcuno che conta, sono a posto.

In realtà è l’esatto contrario.

Un presidente nominato dal capo di un partito nazionale è una palla al piede, una condanna a morte per la Regione che lo abbia scelto.

Perché tante altre regioni che politicamente e demograficamente contano molto più della Sardegna hanno presidenti nominati da Berlusconi, secondo le logiche di un centrodestra composto da un padrone e tanti servi.

E le ragioni di quei pezzi d’Italia conteranno sempre più di quelle della lontana e folkloristica Sardegna, proprio perché nello scacchiere sono pedine che valgono di più.

Ma un presidente calato direttamente da Arcore, beneficiario di riflesso dell’immenso potere mediatico di Berlusconi, presidente lo diventa perché si impegna ad esaltare incondizionatamente figura e azione del capo e a tacere quando questo capo danneggi il suo popolo con atti politici a lui avversi.

Così funzionano le nomine e non è che ci voglia una fine analisi di Vanni Sartori per capirlo. Ma, in cinque anni, i sardi non lo hanno capito e si apprestano ad incoronare nuovamente Cappellacci.

Si chiama Democrazia.

Ora, mi dicono che il governatore abbia pubblicato sul sito della Regione un bilancio di tutti i successi del suo mandato, compresi la Flotta Sarda e la Sassari Olbia.

Proprio la vicenda della Sassari-Olbia è la più solare dimostrazione di come un presidente della Regione asservito sia condizione indispensabile perché Berlusconi lo designi per quel ruolo. Ma lo stesso potremmo dire per il G8 scippato a La Maddalena e per la disastrosa privatizzazione di TIrrenia, una delle più immani catastrofi subite dalla nostra economia negli ultimi decenni.

Erano passati pochi giorni dalla vittoria di Cappellacci quando si deliberò in gran segreto di trasferire i 500 milioni di euro stanziati per la Olbia-Sassari ad un fondo controllato dalla presidenza del Consiglio, cancellando dunque l’investimento.

Solo che le elezioni a quel punto erano già vinte ed il Presidente del Consiglio in carica sapeva perfettamente che il governatore da lui appositamente confezionato non avrebbe detto una parola contro di lui.

Ecco a cosa serviva il Governo amico della Regione.

La quattro corsie, inserita nelle opere straordinarie per il G8 di La Maddalena, sarebbe stata realizzata in tempi da record. Ora, un rinvio dopo l’altro, pare potrà essere ultimata non prima del 2018. La giunta Cappellacci ha tempestato le redazioni dei giornali di annunci farlocchi, spesso trasformando in una conquista epocale una semplice valutazione d’impatto ambientale favorevole.
Basta un titolo di quotidiano compiacente ed un giornalista arrendevole perché il nulla di una pratica burocratica possa tramutarsi in un taglio di nastro. E di articoli infarciti di falsità dalla prima all’ultima lettera, in questi anni, ne abbiamo letti parecchi.
Però non dimenticatevi mai che stiamo parlando della strada più pericolosa d’Italia, che ha ucciso novanta persone in quindici anni.

Passarono pochi altri mesi e, utilizzando quale pretesto il terremoto a L’Aquila, la Sardegna e La Maddalena vennero incredibilmente scippate del vertice G8 di La Maddalena, un’occasione importante per facilitare la riqualificazione dell’Arcipelago e la transizione verso un turismo strutturato di un’economia precariamente fondata sulle basi militari.

Obama e i padroni del mondo a La Maddalena non approdarono mai e tutte le centinaia di milioni di euro spesi per trasformare l’arsenale militare in un porto turistico valsero soltanto ad ingrassare le imprese coinvolte in un gigantesco giro di ruberie e mazzette.

Poteva forse protestare o organizzare mobilitazioni popolari, il governatore nominato ad Arcore?

E veniamo alla flotta sarda. Dal 2009 al 2012, il porto di Olbia Isola Bianca ha perso 2,2 milioni di passeggeri in transito, passando da 5,8 a 3,6 milioni di movimenti. Sappiamo tutti che a determinare questo collasso è stato il fenomenale incremento delle tariffe navali.

Oltre due milioni di persone in meno che hanno messo in ginocchio, principalmente, le imprese turistiche cui si rivolge la classe media. Quella classe media che, valutati i prezzi esorbitanti dei biglietti, ha stabilito in questi anni di trascorrere le proprie vacanze altrove.

Ho personalmente calcolato che con l’importo di un biglietto andata e ritorno Olbia-Genova, quest’estate, si trascorrevano quattro giorni di crociera tutto compreso nel Mediterraneo.

Mentre tutto questo accadeva, il governo amico ha privatizzato nel 2011 Tirrenia, affidandola agli armatori che già detengono le rotte per la Penisola. Inevitabilmente, queste compagnie hanno fatto cartello e hanno ulteriormente incrementato i prezzi per le traversate.

Ero a Cagliari, nella redazione del fallito quotidiano Sardegna24, quando l’Ansa aveva battuto l’annuncio dell’affidamento alla Cin di Tirrenia. Un collega giornalista, un minuto prima, aveva chiamato al telefono l’assessore regionale Cristian Solinas, il quale si disse fiducioso sulla possibilità che la temuta soluzione Cin potesse essere scongiurata. Solinas, assessore di quel Partito sardista capace di affidare il proprio vessillo a Berlusconi, durante la campagna elettorale.

Insomma, il Governo preparò la privatizzazione di Tirrenia tenendone completamente all’oscuro Cappellacci a i suoi assessori. O, forse, la Giunta sapeva ma aveva le mani legate.

Silenzi cui non ci si può sottrarre, quando si viene nominati.

In quello stesso periodo, la Giunta noleggiò due navi della Saremar varando la cosiddetta Flotta Sarda. Secondo le fonti ufficiali, sarebbe stato il sistema per liberare la Sardegna dall’isolamento imposto dal cartello degli armatori.

Io, su Sardegna 24, la ribattezzai la Frottola Sarda. Non era una mia opinione, era la matematica: due navi al giorno di proporzioni così modeste avrebbero potuto soddisfare meno del 5 per cento della richiesta complessiva di biglietti e, in definitiva, non potevano rappresentare una concorrenza tale da indurre i privati a ridurre le tariffe.

Di fatto così avvenne, perché per buona parte dell’estate quelle navi viaggiarono semivuote e l’investimento della Regione si rivelò fallimentare, tanto da non essere ripetuto la scorsa estate. Anche per essere finito sotto la lente dell’Unione Europea, che accusò la Regione di avere interferito nel libero mercato.

Ma fu un esempio significativo degli espedienti che la Regione fu costretta ad escogitare per difendersi dal disinteresse tossico di quel Governo, ben lungi dall’essere amico.

Quella volta Cappellacci accusò il colpo e, manifestando il suo disappunto, si sospese dal Pdl. “Autosospensione”: una formula senza significato, ben lontana dal poter essere interpretata come una presa di distanze definitiva da quel governo.

Come quando una moglie abbandona la casa coniugale lasciandovi dentro tutti i vestiti. Non tarderà a tornarvi.

E così è stato. Cappellacci è rientrato nella casa del padre, senza mai avere fornito una spiegazione plausibile sul perché quella rottura con il Pdl sia rientrata. Cosa è cambiato, da allora, nel panorama dei trasporti marittimi, per convincere i sardi a credere che le ragioni di quella sospensione siano state superate? Le tariffe sono forse state ridotte e rese accettabili?

No, anche se è possibile che qualche organo d’informazione sponsorizzato da Tirrenia ve lo lasci credere.

E la Zona Franca? Bocciata da tutti i principali economisti, è una trovata inserita nel 2009 per compiacere i sardisti e imbarcarli nel centrodestra. Ma, pur essendo un istituto di complessa e dubbia fattibilità, si è tornati a parlarne a mandato quasi scaduto, perché coincidesse con la montante campagna elettorale,
Cappellacci, dopo avere annunciato la sua disponibilità a ricandidarsi nel marzo scorso, ha incassato la nuova nomina da Berlusconi. Che oggi non è più Presidente del Consiglio e, per giunta, è un pregiudicato, condannato per reati contro una pubblica amministrazione.

Se cinque anni fa si contava sulla forza persuasiva di un capo del Governo che si dichiarava “amico” dei sardi, oggi tutti sanno che quell’amico – che amico lo è stato ben poco – non è neppure più al governo.

I sardi hanno tutti gli strumenti di lettura per capire che il loro Presidente non può essere scelto ad Arcore. E che un Presidente nominato è un presidente con le mani legate e la bocca tappata. Però lo sceglieranno ancora.

E dunque non ci sarà alcun inganno, questa volta.

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