Libia: la farsa delle mozioni parlamentari
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Libia: la farsa delle mozioni parlamentari

La guerra di Libia ormai non fa più notizia. Nessun italiano sa bene cosa succeda in quel Paese, mentre in Parlamento si va avanti a colpi di mozioni

Libia: la farsa delle mozioni parlamentari
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4 Maggio 2011 - 16.07


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Mentre le bombe di Gheddafi e della Nato uccidono senza pietà decine di civili libici, i partiti italiani si impegnano in un braccio di ferro che nessuno riesce a capire. Forse neppure i leghisti che per primi hanno lanciato lo show.

La guerra di Libia ormai non fa più notizia. Nessun italiano sa bene cosa succeda in quel Paese, mentre infuriano i bombardamenti aerei operati da piloti di Francia, Italia, Inghilterra e Stati Uniti, gli scontri tra l’esercito governativo ed i presunti ‘ribelli’ (dei quali si sa poco o nulla), le attività spionistiche di ogni genere e soprattutto si moltiplicano i sussurri sui futuri contratti petroliferi ‘di riguardo’ preparati dai ‘democratici locali anti Gheddafi’ ed i governi di Parigi e Londra.

La missione autorizzata dall’Onu e condotta dalla Nato e che doveva ‘proteggere’ i civili dalla ‘repressione armata’ del governo di Tripoli contro insorti di vario genere (tra i quali forse anche integralisti islamici) è diventata una caccia all’uomo al dittatore di Tripoli ed un aperto sostegno militare a chi vuole abbattere il suo regime.

Il precedente dovrebbe allarmare, perchè ormai è definitivamente tramontata la dottrina della non ingerenza negli affari interni dei singoli stati. Così che se a Washington, Pechino o Mosca si dovesse decidere, per esempio, che i governi di Panama, del Tibet o della Cecenia non sono ‘democratici’ e che quindi qualcuno è autorizzato all’uso delle armi per sostituirli.

In realtà in passato è accaduto proprio questo. Gli Usa dopo aver sostenuto nel Paese del Canale un golpe del capo della polizia segreta ed informatore della Cia, il generale Noriega, lanciarono l’operazione ‘Just Cause’ (‘Giusta causa’) per liberarsene e con una durissima invasione, che produsse alcune migliaia di vittime civili, lo eliminarono nominando anche un nuovo presidente Guillermo Endara, insediato in una repentina cerimonia allestita all’interno di una loro base militare. L’attività dei cinesi nella terra del Dalai Lama è nota da tempo, così come quella dell’esercito di Mosca dalle parti di Groznyj. Insomma, pare che il passaporto di ‘democratico’ sia assegnato non sulla base dei comportamenti reali, ma in relazione al ‘giudizio’ di alcuni, in particolare della cosiddette ‘grandi potenze’.

Gheddafi, nelle intenzioni di Obama, Sarkozy, Cameron ed adesso Berlusconi (suo ex grandissimo amico), deve lasciare il posto ad altri poichè ha reagito ad una rivolta armata interna. In realtà perchè il suo petrolio è diventato vitale per l’Eliseo e per Downing Street. La stessa indignazione guerresca non riguarda il presidente siriano Bashār al-Asad, che nelle ultime settimane ha utilizzato l’esercito per reprimere nel sangue una insurrezione. Così come in passato nessuno ha condannato la violenza delle truppe inglesi nell’Irlanda del Nord, durante i moti indipendentisti di quel popolo o la crudeltà delle forze speciali turche nei confronti dei curdi. Ed altre decine di episodi simili in giro per il mondo. Insomma, la reazione dipende da chi fa il ‘cattivo’.

In questo panorama sconfortante ed ormai fuori dalla legalità internazionale i partiti italiani non hanno perso l’occasione per offrire una ennesima prova della loro inadeguatezza. Bossi si è scontrato col Cavaliere sulle finalità della missione libica e di rimando l’opposizione ha partecipato al ‘confronto’ aggiungendo mozioni parlamentari a mozioni parlamentari in attesa di chissà quale chiarimento.

Mentre nessuno chiede l’immediata cessazione dei bombardamenti e l’immediata apertura di un confronto diplomatico, Pdl, Pd, Lega e altri litigano sulle virgole di documenti del tutto ininfluenti nella vicenda. Alla fine Berlusconi ed il Senatùr hanno trovato un accordo, altrimenti il governo avrebbe rischiato di cadere, che prevede la definizione di una data certa delle operazioni libiche.

Il comando della Nato ha subito fatto sapere di rimando che che “le operazioni si concluderanno solo con la resa di Gheddafi”, dando un nuovo significato al mandato ricevuto dall’Onu, che prevedeva la difesa dei civili e non il cambio del regime.

L’opposizione, che invece di chiedere l’immediata cessazione delle ostilità è schierata con chi giustifica le ‘guerre umanitarie’ ha definito il prevedibilissimo accordo trovato tra Carroccio e Pdl una “cosa farsesca”, “il solito tentativo di mettere insieme ciò che insieme non può stare, con molte furbizie, con qualche silenzio e con una grande strumentalità”.

Per il cosiddetto Terzo Polo, invece, l’intesa intragovernativa ha rivelato “una pantomima umiliante” e per questo motivo Fini, Casini e Rutelli voteranno soltanto la propria mozione, forse astenendosi su quella presentata dal Pd.

Ma nessuno, né al governo né all’opposizione, si è ancora reso conto che gli italiani non comprendono neppure i contorni dell’intera vicenda, che nel frattempo costa decine di migliaia di euro al giorno. Fatto per nulla positivo per un Paese messo in ginocchio da tagli in tutti i settori e devastato da disoccupazione e povertà crescente.

Massimo D’Alema sulla questione ha detto: “Non c’entra la Libia, non c’entra il terrorismo. Si tratta della campagna elettorale”. Ed ha aggiunto: “La Lega ha dovuto digerire una soluzione che non condivideva. Adesso deve dimostrare ai suoi elettori che loro contano. Quindi si impapocchierà un documento confuso per accontentare tutti. Spero che in tutto questo l’immagine internazionale dell’Italia, già caduta in basso, non precipiti. Quando si partecipa a missioni così complesse bisognerebbe cercare di comportarsi seriamente’. In ogni caso, secondo D’Alema in Libia “è necessario accompagnare l’azione militare con la pressione politica. Invece non vedo la politica e questo mi preoccupa. Non si vede una via d’uscita. Penso che l’intervento militare fosse necessario, altrimenti si assisteva al massacro di migliaia di persone. Però è chiaro che con gli attacchi aerei non si risolve in conflitto”. “Non è ben chiaro quale sia la strategia politica della coalizione che in questo momento opera. E’ un tema sul quale dovremmo riflettere….ma siamo purtroppo prigionieri di beghe di casa nostra” ha concluso l’ex ministro degli Esteri.

Senza spiegate tuttavia perchè pur in assenza di una “strategia” fosse “necessario l’intervento militare”. Ma da qualche tempo la pratica di sparare prima di ragionare sembra dilagante, anche per chi un tempo si dichiarava pacifista.

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