Strage della Thyssenkrupp: il manager Espenhahn in carcere in Germania
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Strage della Thyssenkrupp: il manager Espenhahn in carcere in Germania

Il caso Thyssenkrupp ritorna in primo piano: il dirigente tedesco Harald Espenhahn è attualmente detenuto in Germania dal 10 agosto e sconterà la sua pena in semilibertà, trascorrendo le notti in prigione.

Strage della Thyssenkrupp: il manager Espenhahn in carcere in Germania
Il manager tedesco Harald Espenhahn
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17 Agosto 2023 - 15.15


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Il caso Thyssenkrupp ritorna in primo piano: il dirigente tedesco Harald Espenhahn è attualmente detenuto in Germania dal 10 agosto e sconterà la sua pena in semilibertà, trascorrendo le notti in prigione.

Circa 16 anni dopo l’incendio nell’impianto torinese che ha causato la morte di 7 lavoratori, la vicenda legale sta finalmente giungendo a una conclusione. Espenhahn era stato precedentemente condannato a 5 anni di carcere, ma fino a questo momento non aveva trascorso nemmeno un giorno dietro le sbarre. “Dopo tanti tentativi di eludere la giustizia e di sfuggire alle conseguenze” – commenta Antonio Boccuzzi, uno dei sopravvissuti all’incendio – “Espenhahn è ora entrato in prigione. Questo non è un atto di risarcimento, né rappresenta vendetta. È semplicemente l’unico esito che avrebbe dovuto materializzarsi da tempo ed è stato soltanto posticipato.”

A luglio Der Spiegel ha riportato la notizia di un manager tedesco di Thyssenkrupp – “condannato in Italia per un incendio con sette morti” – che ha visto fallire a fine maggio il proprio ricorso presso la Corte costituzionale federale tedesca per evitare di scontare la propria pena per “omicidio colposo e incendio doloso colposo”. Dell’accusato il quotidiano tedesco non ha citato il nome, probabilmente per una ricorrente linea tedesca sulla privacy.

Il manager è stato giudicato colpevole in un processo in Italia nel 2016 e il tribunale gli aveva inflitto una pena di 9 anni e 8 mesi di carcere. Il tribunale regionale di Essen ha poi commutato il verdetto di colpevolezza in una condanna a 5 anni di carcere in Germania, pena massima tedesca per questo reato.

Dopo il tentativo di ricorso del condannato, la Corte costituzionale tedesca ha stabilito a maggio che il ricorso non fosse accettabile contro le modalità del processo in Italia e che, inoltre, la colpevolezza del manager sia evidente. Da quel momento, il passaggio successivo è diventata l’apertura delle porte del carcere.

I familiari delle vittime: “Non siamo contenti”

 “Non siamo contenti. Mettiamo la parola fine a questa sentenza che non ci soddisfa per niente”. E’ il commento di Rosina Platì, madre di Giuseppe Demasi, uno dei sette operai morti nel rogo. “Non siamo contenti – ribadisce -. In confronto a quello che volevamo, anzi che meritavano, non è nulla. Quello che mi dà  ancora più fastidio è che questo poco lo abbiamo raggiunto noi, con tutte le lotte che abbiamo fatto. Se qualcuno ci avesse aiutati, magari saremmo riusciti a ottenere qualcosa di più”.

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