Il dolore dei familiari delle vittime della ThyssenKrupp: semilibertà per i manager tedeschi condannati
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Il dolore dei familiari delle vittime della ThyssenKrupp: semilibertà per i manager tedeschi condannati

A quanto si apprende la concessione è subordinata a tre condizioni: l'assenza di recidiva, l'assenza di pericolo di fuga e assenza di pericolo di reiterazione del reato. 

Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz
Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz
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18 Giugno 2020 - 07.27


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Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager tedeschi condannati per il rogo alla ThyssenKrupp di Torino costato la vita a sette operai nel dicembre 2007, hanno ottenuto l’ammissione al lavoro esterno, che significa che sono detenuti in un penitenziario ma possono lasciarlo la mattina per andare a lavorare e devono tornare la sera. La notizia è arrivata oggi alla procura generale di Torino.

A quanto si apprende la concessione è subordinata a tre condizioni: l’assenza di recidiva, l’assenza di pericolo di fuga e assenza di pericolo di reiterazione del reato. 

Un diritto che però lascia l’amaro in bocca ai familiari delle vittime. ”Siamo disperate e indignate, non è possibile che ci si dimentichi di sette ragazzi bruciati vivi. Nessuno ci restituirà i nostri ragazzi e l’unica cosa che possiamo avere è un po’ di giustizia terrena”, dice all’Adnkronos, Graziella Rodinò, la mamma di Rosario uno dei sette operai morti nel rogo, annunciando che domattina saranno davanti al Palagiustizia di Torino e poi andranno a Roma a far sentire la loro voce contro la decisione del magistrato di sorveglianza. ”Per caso oggi tra mamme ci eravamo riunite per discutere degli sviluppi della vicenda e dalla Germania ci è arrivata questa notizia. Ora ci devono ascoltare, il governo deve fare qualcosa, vogliamo giustizia per i nostri ragazzi”, conclude.

Di beffa parla anche Antonio Boccuzzi, l’ex operaio della Thyssen sopravvissuto al rogo. ”Sono costernato oltre che senza parole, questa notizia è stata come ricevere uno schiaffo in pieno viso quando non te lo aspetti. Siamo di fronte a una beffa”, dice all’Adnkronos. ”Dopo le dichiarazioni della procura generale di Torino mi ero un po’ rassicurato. Sapere che i due manager tedeschi sarebbero andati in carcere era come mettere un punto fermo, avere in qualche modo giustizia. Ora sono senza parole”.

Sulla decisione interviene anche Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro secondo il quale “la concessione di un regime ‘leggero’ di detenzione per i due manager tedeschi è una notizia inaspettata, che lascia perplessi sotto diversi punti di vista. Si sono usati due pesi e due misure”, afferma Quirico. ”In Italia – ricorda – i dirigenti ‘minori’ sono stati arrestati subito dopo la sentenza e hanno scontato un normale regime carcerario, almeno inizialmente. In Germania, i massimi vertici dell’azienda iniziano a pagare per le proprie responsabilità oltre quattro anni dopo la sentenza della Cassazione italiana. E non scontano neanche un normale periodo di detenzione: iniziano subito a usufruire di una sorta di ‘semi-libertà’’.’

”Quella della magistratura tedesca è una decisione incomprensibile: la giustizia dovrebbe valere allo stesso modo in ogni Paese d’Europa. Soprattutto, quando si tratta di omicidi. E’ una sconfitta per gli operai italiani”, conclude .

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