Migranti: il sogno di un bimbo, l'incubo delle ragazze, gli eroi civili della Geo Barents
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Migranti: il sogno di un bimbo, l'incubo delle ragazze, gli eroi civili della Geo Barents

Continueremo a raccontare le imprese degli “eroi” del mare, le volontarie e i volontari che a bordo delle navi Ong continuano a salvare migliaia di esseri umani. Come fa la Geo Barents.

Migranti: il sogno di un bimbo, l'incubo delle ragazze, gli eroi civili della Geo Barents
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Aprile 2023 - 18.46


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Globalist non si stancherà mai di denunciare i crimini commessi nei lager libici finanziati con i soldi dell’Italia. Così come continueremo a raccontare le imprese degli “eroi” del mare, le volontarie e i volontari che a bordo delle navi Ong continuano a salvare migliaia di esseri umani. Come fa la Geo Barents.

Testimonianze dall’inferno libico

Hanno denunciato stupri e torture, subite nei campi di detenzione in Libia, diversi dei 339 migranti sbarcati oggi nel porto di Brindisi dalla nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere (Msf), almeno 24 dei quali minori non accompagnati. I medici hanno raccolto le testimonianze e diversi migranti ne portano i segni fisici e psicologici degli abusi. I migranti, riferiscono da Medici senza Frontiere, provengono da Siria, Pakistan, Bangladesh, Egitto, Somalia e Sri Lanka. Ci sono a bordo 24 minori non accompagnati. 


Due donne di circa 20 anni hanno riferito ai medici di Msf, saliti a bordo per i primi accertamenti prima dello sbarco, di avere subito violenza sessuale e torture nei centri di detenzione libici. Ci sarebbero anche tre persone con alcune fratture sospette, mentre altri migranti presenterebbero segni di ustioni. In Libia gli adulti avrebbero subito torture, testimoniate anche dai segni sui loro corpi, mentre i bambini sono stati sottoposti a violenza psicologica, ha riferito Sebastien Ponsford, responsabile Affari umanitari di Msf, che hanno fatto riferimento anche ad alcune donne che viaggiavano sole, ridotte in schiavitù, subendo anche abusi sessuali in Libia. Tra i migranti a bordo anche alcuni bambini che avrebbero patologie cardiache. Accertati alcuni casi di scabbia. 
“Siamo pronti ad assicurare la migliore accoglienza ai migranti”. Lo ha detto la prefetta di Brindisi Michela La Iacona, incontrando i giornalisti nel porto. I 24 minori non accompagnati resteranno a Brindisi, dove verranno accolti da strutture che sono già state individuate dal Comune, insieme ad altri adulti. Gli altri migranti saranno smistati in diversi centri già individuati dal ministero dell’Interno tra Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. 


Una famiglia siriana sbarcata a Brindisi dalla Geo Barents aveva già tentato altre quattro volte di scappare dal suo paese in guerra per raggiungere l’Europa attraverso la Libia, ma era stata sempre intercettata in mare e rinchiusa nei centri di detenzione libici. 


La nave aveva salvato pochi giorni fa nel Mar Mediterraneo 440 migranti, 100 dei quali erano già stati trasferiti su una nave della Guardia costiera italiana al largo della Sicilia. Un altro migrante era stato evacuato con un elicottero a causa delle precarie condizioni di salute. Lo sbarco in Puglia è iniziato poco dopo le 7. A terra sono iniziate le procedure di identificazione e a controlli medici più approfonditi.  Uno dei bimbi sbarcati dalla Geo Barents a Brindisi ha chiesto con insistenza agli operatori di Medici senza frontiere se avrebbe mangiato la pizza. «Mangerò la pizza? Ditemi che in Italia mangerò pizza tutti i giorni», ha ripetuto più volte il bimbo in inglese.

La schiavitù sessuale

Questo abominevole crimine si aggiunge all’elenco delle sistematiche e documentate violazioni dei diritti umani, praticate in particolare nei centri di detenzione per migranti di Mabani, al-Shwarif, Zuwarah, Sabratha, Sabha e Bani Walid.
«La missione si rammarica che queste vittime di crimin

i efferati siano state, oltre a uomini e donne, bambini e minorenni che hanno un disperato bisogno di protezione», ha affermato Auajjar. Secondo le testimonianze di numerosi migranti detenuti nei centri di Maya, Ayn Zarah e Gharyan, «la loro preoccupazione non era morire nelle acque del Mediterraneo, ma tornare nella prigione dove profughi e migranti sono oppressi e torturati dalle guardie».

«Le donne migranti vengono regolarmente stuprate come prassi usuale nei centri di detenzione – ha spiegato Tracy Robinson, membro della missione – abbiamo riscontrato anche casi di schiavitù di persone vendute a soggetti esterni per svolgere vari servizi, con un’infinità di segnalazioni che non eravamo stati in grado di stabilire nei nostri precedenti cicli di monitoraggio».

Bacchettati dall’Europa

Ormai abbiamo perso il conto delle reprimende che il governo securista ha collezionato nei suoi primi sei mesi di vita da parte dell’Europa per le politiche praticate sui, o meglio contro i migranti.

L’ultima in ordine di tempo la resoconta con dovizia di particolari Emanuele Bonini su La Stampa: “Fare parte dell’Unione europea – scrive Bonini – vuol dire «rispettare pienamente gli obblighi derivanti dall’Ue in materia di asilo e dal diritto internazionale». Questo vuol dire non respingere, permettere di scendere a terra e chiedere asilo. Precisazioni e richiami, quella della commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, rivolti all’Italia. Il governo Meloni finisce nel mirino dell’Ue per la sua politica anti-migranti, oggetto di critiche da Commissione e Parlamento a dodici stelle. Il modo in cui si stanno gestendo gli arrivi non convince, e ancor meno piace. A cominciare dal gruppo dei Verdi, che contesta apertamente, con tanto di interrogazione che suona da denuncia. Si contesta «la pratica dei respingimenti illegali su navi commerciali dall’Italia alla Grecia». I sei firmatari hanno raccolto articoli pubblicati su varie testate (Al Jazeera, Radio e Televisione svizzera, Ard, vale a dire la «rai» tedesca) che evidenziano come i richiedenti asilo fermati dalle autorità italiane nei porti adriatici non possono chiedere asilo all’arrivo. Articoli apparsi a gennaio scorso, in piena attività di governo Fdi-Lega-Fi. E’ sulla base di questo che viene sollevata la richiesta di chiarimenti e, implicitamente, di interventi. La fresca risposta della Commissione è diretta. Questa almeno la decisione di Johansson. Spesso a Bruxelles si sceglie di non commentare articoli di giornale, ma è stato questo il caso.

«Qualsiasi violazione del diritto dell’Ue e del diritto internazionale, compresi i diritti fondamentali, è inaccettabile», ricorda la commissaria per gli Affari interni. Che rincara la dose. Il diritto non si viola «garantendo l’effettivo accesso alla procedura di asilo a tutte le persone bisognose di protezione, rispettando i diritti fondamentali, compreso il diritto di asilo, il principio di non respingimento e il divieto di espulsione collettiva». Si riconoscono le ragioni dell’Italia e le sfide a cui è confrontata, ma dall’altra parte la maggioranza di governo non può esimersi ai propri obblighi.

«Una gestione efficiente delle frontiere esterne deve essere saldamente radicata nel pieno rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali», insiste Johansson a nome dell’intero collegio dei commissari che, collettivamente, si aspetta che le autorità nazionali «indaghino rigorosamente su qualsiasi presunta violazione del diritto dell’Ue e internazionale». Nel nuovo capitolo della mai risolta questione dei flussi e della loro gestione rischia di riprodursi la divisione geografica dell’Europa. I sei firmatari dell’interrogazione sono europarlamentari di Germania (Erik Marquardt e Damian Boeselager), Paesi Bassi (Tineke Strik), Belgio (Saskia Bricmont) e Francia (Damien Carême e Gwendoline Delbos-Corfield). E’ l’Europa del nord e di quella Francia con cui, proprio per la gestione dei flussi, si produsse lo strappo tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente francese, Emmanuel Macron, per la decisione di respingere la nave di Ocean Viking con 234 persone a bordo e dirottarla verso la Francia, con approdo finale a Tolosa. E’ convinzione dell’Italia che fin qui gli altri Paesi non riescano a capire le difficoltà del problema, scaricando tutto sullo Stivale. Come comunque prevedono le attuali regole, che lasciano le primarie responsabilità ai Paesi di primo arrivo”.

La vergogna dei Cpr

I Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) “vanno chiusi”, perché “incostituzionali” e “peggio del carcere”. Lo hanno spiegato Riccardo Magi (+Europa) e Ilaria Cucchi (Avs) presentando alla Camera i dati di una inchiesta di ‘Altreconomia’ che denuncia tra l’altro una “emergenza palese legata all’abuso di psicofarmaci all’interno delle strutture”. “Sono luoghi concepiti con l’unico scopo di afflizione e annientamento della persona. Sono gabbie non pensate per la vita delle persone”, ha spiegato il segretario di +Europa annunciando tra l’altro una interpellanza al ministro dell’Interno. “Definirli una gabbia non rende l’idea. Sembra di stare allo Zoo e tutto questo succede nel disinteresse totale, con violazione dei diritti e spesso con la morte”, ha fatto eco Cucchi.  “Non sono previste attività e un operatore che abbiamo intervistato ci ha raccontato che gli psicofarmaci sono lo strumento per stordire le persone: mangiano meno, fanno meno casino e pretendono meno i loro diritti e ha aggiunto che all’ente gestore costa di meno lo psicofarmaco che il cibo”, ha spiegato Luca Rondi di ‘Altraeconomia’ presentando tra l’altro dati relativi delle spese “elevatissime” per psicofarmaci e medicinali: “I Cpr sono strutture incompatibili con il rispetto dei diritti umani”.

Tunisia, aiutare chi e per fare cosa?

Da incorniciare è l’analisi di Maurizio Ambrosini su Avvenire:

“Partiamo dalla buona notizia. Dal vertice governativo di martedì sulla gestione degli ingressi di immigrati è uscita la decisione di contribuire ad aiutare la Tunisia in crisi, anche premendo perché si sblocchi un ingente prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale. Un governo in evidente affanno sul “dossier sbarchi”, spesso enfatizzato in passato proprio dalle forze oggi di (ampia) maggioranza parlamentare, dopo aver tagliato i fondi alla cooperazione internazionale, sta scoprendo l’importanza della solidarietà verso la sponda Sud del Mediterraneo. Qui finisce la buona notizia e comincia il problema. Le motivazioni di tale scelta non sono ridare speranza alla popolazione di un Paese così prossimo al nostro e risollevare le sorti dell’unica democrazia sopravvissuta tra quelle uscite dalle primavere arabe, ma finanziare il despota Saied perché riprenda a svolgere con efficienza il compito di gendarme esterno delle frontiere europee.


Ancora una volta, per di più, si ricorre a stime disinvolte sugli arrivi previsti nel corso dell’anno, chiamando a puntellarle l’immancabile riferimento ai Servizi segreti: 300-400mila a seconda delle fonti.
Dieci giorni fa erano 685mila in arrivo dalla Libia, e per colpa del famigerato gruppo Wagner.


La seconda risposta alla presunta enorme emergenza è un altro cavallo di ritorno: puntare sulle espulsioni. A questo servirebbe aumentare il numero di Cpr, ovvero Centri di permanenza per il rimpatrio, e allungare il periodo di detenzione dagli attuali 90 a 120 giorni, o addirittura a 180, nelle intenzioni della Lega. I Cpr sono attualmente dieci, rappresentano un costo ingente e infliggono alle persone lì rinchiuse condizioni peggiori del carcere: mancano infatti dei servizi e dei progetti, come corsi di formazione e opportunità lavorative, che nelle strutture carcerarie “normali” servono (seppure non abbastanza) a rendere meno disumana la detenzione e a favorire la riabilitazione. Nei Cpr le persone sono soltanto “custodite”,


in attesa di essere espulse, e la crudeltà del trattamento serve probabilmente anche a piegarne la resistenza.
Ma i Cpr non solo dispongono di pochi posti, rispetto al numero teorico degli immigrati irregolari da espellere (le stime, anche in questo caso friabili, di solito si attestano sopra quota 500mila), ma sono anche inefficienti. Secondo il Dossier immigrazione, nel 2020, infatti, sono transitati dai Cpr 4.387 migranti teoricamente da espellere (ossia meno dell’1% della popolazione irregolare stimata): appena la metà (2.232, pari al 50,9% del totale), però, è stata effettivamente rimpatriata. Non è andata meglio nel 2021: 2.520 rimpatri effettuati a fronte di 5.147 transitati dai Cpr (49,0% del totale). Tra l’altro la Tunisia è già il principale Paese di destinazione, quello più collaborativo sul fronte dei rimpatri. È tutto da dimostrare, invece, il teorema secondo cui aumentando il tempo di detenzione crescerebbe la capacità di arrivare all’espulsione: già ai tempi di Salvini al Ministero dell’Interno il tempo di detenzione era stato portato a 180 giorni, ma l’efficienza del sistema era rimasta la solita. E anche raddoppiando il numero dei posti nei Cpr, si arriverà (forse) a trattenere il 2% delle persone in condizione irregolare.


La terza risposta, che prenderà forma probabilmente nel dibattito parlamentare sulla conversione in legge del decreto partorito dal Consiglio dei ministri di Cutro, riguarda altre restrizioni alla possibilità di ottenere asilo in Italia mediante la formula della protezione speciale: una formula, ha ricordato Magistratura democratica, che esiste con varie modalità in 20 Paesi Ue su 28.


Aumenteranno così le persone sbandate, quelle che vedranno interrompersi un processo d’integrazione ben avviato e quelle che non potranno regolarizzarsi nemmeno avendo legami familiari e affettivi. Propaganda, dunque, sulla pelle dei più deboli, anziché soluzioni pragmatiche e percorribili. Un governo così pronto nell’annunciare dubbie politiche restrittive tace, invece, quando si tratta di offrire risposte sull’accoglienza di chi fugge da guerre e repressioni. Non parla più dei corridoi umanitari, annunciati dal ministro Piantedosi come risposta al naufragio di Cutro. Non parla di come migliorare il sistema di accoglienza, decimato e mortificato dai tagli ai finanziamenti. Non parla di come trasformare gli attuali richiedenti asilo o soggiornanti irregolari lavoratori capaci di rispondere alle domande delle imprese, secondo modelli già attuati in Spagna, Francia, Germania. Fare delle politiche dell’immigrazione un vessillo propagandistico non produce né soluzioni ai problemi, né sicurezza nelle nostre città. Soltanto applausi o “buuu” allo straniero da curve estremiste, nel sonno della ragione, ai danni della coesione sociale e dell’interesse stesso del sistema Italia”.

Chapeau. 

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