Migranti, i tanti "buchi nell'acqua" del governo Meloni
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Migranti, i tanti "buchi nell'acqua" del governo Meloni

Nell’ultimo aggiornamento del ministero dell’interno dell’11 gennaio scopriamo che gli sbarchi sono decuplicati. Nei primi dieci giorni dell’anno 3.673 persone sono sbarcate rispetto alle 378 arrivate alla stessa data dell’anno scorso e alle 287 del 2021

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22 Febbraio 2023 - 12.25


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Un buco nell’acqua, verrebbe da dire. Se in quell’acqua, il Mediterraneo, non fossero morte migliaia di persone. 

I dati inchiodano.

Scrive Emanuela Minucci su La Stampa: “Il governo di centrodestra ne ha fatto la punta di diamante della campagna elettorale: stop agli sbarchi incontrollati dei migranti sulle nostre coste. «In Italia, la porta principale del Mediterraneo non si entrerà più come fosse la cosa più facile del mondo» (come da rassicurante e reiterato diktat di Salvini). Poi arrivano i numeri. E la matematica non è un’opinione. Dai rapporti del Viminale si apprende che dall’inizio dell’anno, fino al 20 febbraio, sono sbarcati in Italia 12 mila e 96 migranti, quasi il triplo di quelli sbarcati nello stesso periodo dell’anno scorso, quando erano 4 mila 701, oltre il triplo del 2021, quando erano 3 mila 728. Soltanto il 18 febbraio ne sono sbarcati 2 mila 378, oltre il doppio di quelli soccorsi in questi primi cinquanta giorni dalle Ong, che sono in tutto 955. Dei migranti sbarcati nel 2023, quelli arrivati con le Ong sono meno dell’8 per cento, il restante 92 è arrivato da solo o con mezzi di soccorso dello Stato italiano. E porti estremi come quello di Lampedusa stanno per esplodere. I dati, dunque, ribaltano le promesse elettorali del centrodestra. Con il governo Meloni si sbarca di più e meglio. 

Sbarchi decuplicati nei primi 10 giorni del 2023
Più nel dettaglio sono stati oltre 100 mila i migranti sbarcati in Italia nel 2022. Secondo i dati aggiornati del Viminale, dal primo gennaio al 30 dicembre sono arrivate 104.061 persone, contro le 67.034 del 2021 e le 34 mila del 2022. Nell’ultimo aggiornamento del ministero dell’interno dell’11 gennaio scopriamo che gli sbarchi sono decuplicati. Nei primi dieci giorni dell’anno 3.673 persone sono sbarcate rispetto alle 378 arrivate alla stessa data dell’anno scorso e alle 287 del 2021. Volendo anche paragonare gli sbarchi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso quando al governo c’era Mario Draghi ci accorgeremmo che il divario è rilevante (31 mila contro 19 mila). Ma ciò che davvero raccontano questi numeri è che le soluzioni al fenomeno non possono che essere condivise ed «europee».

Sono dati, non narrazioni fake spacciate come verità.“Verità” di Palazzo (Chigi).

Il Dl della vergogna.

Da un lancio dell’agenzia Dire: “La conversione del cosiddetto “Dl Ong” da parte della Camera “è una vergogna. Quel decreto è una vergogna contro cui persino un gruppo di parlamentari tedeschi ha preso posizione, scrivendo ai nostri parlamentari sottolineando che quel testo va contro il diritto internazionale, e per ricordare loro di tenere ben presenti le conseguenze di quella legge sulla vita delle persone che cercano protezione in Europa. L’Italia ha raggiunto davvero un punto di non ritorno, per meri interessi politici”. Così commenta all’agenzia Dire Filippo Miraglia, il responsabile migrazioni di Arci nazionale, in seguito al “sì” da parte di 187 deputati, 139 contrari e tre astenuti alla norma che aggiorna il cosiddetto “dl Lamorgese” introducendo nuove disposizioni per le navi delle organizzazioni umanitarie che salvano migranti nel Mar Mediterraneo. Ora il “Dl” dovrà passare al vaglio del Senato.

La delusione di Miraglia per la scelta dei deputati si aggiunge alle recenti posizioni espresse dal Consiglio europeo dell’8 febbraio, in cui è stato chiesto di rafforzare le frontiere esterne e stringere nuovi accordi di rimpatrio coi Paesi d’origine dei migranti. “I trafficanti di persone staranno festeggiando ancora una volta per il grande contributo ai loro affari dato dall’Ue” dice il responsabile, che continua: “La grande enfasi sulla dimensione esterna dei controlli e delle frontiere, lo sforzo per rendere sempre più difficile accedere ai visti e attraversare legalmente le frontiere, oltre ad essere un danno alla democrazia e alla cultura del diritto, al futuro dell’Europa, è un favore a chi lucra sull’immigrazione irregolare. Non c’è neanche un blando tentativo, neanche generico, di governare gli ingressi Si alimenta l’idea che siamo in guerra contro l’immigrazione, facendo un favore, culturale ancor prima che politico, alle destre xenofobe che su questo hanno costruito le loro fortune elettorali. Rinunciando alla tutela dei diritti umani e alla cultura dei diritti l’Ue rinuncia al proprio futuro e cancella il proprio passato”.

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Di recente, il governo laburista dell’Australia, in netta controtendenza rispetto alla linea dell’esecutivo precedente, ha annunciato che consentirà ai circa 19 mila migranti sul proprio territorio di fare richiesta del permesso di soggiorno permanente. “La scelta dell’Australia, con molti limiti, ci dice che si può fare: introdurre canali di accesso legale alle frontiere per ricerca di lavoro e per richiesta d’asilo” il commento di Miraglia.

Italia contro il resto del mondo

Di grande interesse è il report-analisi di Cesare Treccarichi per Today: “Il decreto sul Codice di condotta vuole rendere insostenibile l’attività delle Ong. Di fatto cerca di ostacolare il salvataggio in mare di naufraghi,  secondo l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione con modalità “inapplicabili” e in aperta violazione di una serie di norme europee e internazionali, oltre che del codice di navigazione e della costituzione.

Il governo ha preso il decreto Lamorgese del 2020 e lo ha inasprito, aumentando i controlli sui salvataggi in mare delle navi Ong: sono banditi i trasferimenti di migranti da una nave a un’altra e non si potranno compiere soccorsi multipli. Questo perché accadeva spesso che navi più piccole andassero in soccorso di naufraghi per poi trasferirli su una nave più grande e continuare le operazioni di salvataggio in altre zone. 

Adesso una nave ha l’obbligo di chiedere il porto di sbarco all’Italia “nell’immediatezza dell’evento” – cioè subito dopo aver effettuato il primo salvataggio -, che deve “essere raggiunto senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso”.

Le norme internazionali e nazionali impongono i salvataggi in mare, ma il decreto sulle Ong impedisce di rispettarle. L’obbligo di chiedere “nell’immediatezza dell’evento” il porto di sbarco e di dirigersi lì “senza ritardo” anche in presenza di altri naufragi impedisce di rispettare un’ampia sfera di norme che va dal Codice di navigazione italiano alla Costituzione  – articoli 10 e 117 -, fino alla convenzione Onu sul diritto del mare e della convenzione Solas. 

In più, i porti assegnati dal governo si trovano a diversi giorni di navigazione di distanza dal luogo di salvataggio, come accaduto alla nave Geo Barents che dal Mediterraneo ha dovuto navigare per tre giorni e mezzo risalendo l’Adriatico e approdando al porto di Ancona. In quel caso il porto più vicino sarebbe stato Catania, a due giorni in meno di navigazione. 

Ai viaggi lunghi si aggiungono i trasferimenti: dopo essere stati salvati nel Mediterraneo dalla nave Ong Geo Barents sbarcata a La Spezia, in Liguria, alcuni dei 74 minori non accompagnati che si trovavano a bordo sono stati trasportati in pullman fino a Foggia, in Puglia. Altri sono stati portati ad Alessandria e Livorno. Il viaggio di questi minori è stato ulteriormente allungato dalle decisioni del governo: dopo 100 ore in mare e 1.235 km per andare dal punto di recupero fino a La Spezia, si sono aggiunti 760 km in autobus in direzione Puglia.

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Oltre ai controlli introdotti e ad altre complicanze addossate ai comandanti che a norma non sarebbero di loro competenza, è chiaro che qualunque vita ha diritto di essere salvata, a prescindere dal suo status giuridico. In pratica il governo Meloni sta sfidando tutte le fonti del diritto, l’etica, ma anche la propria credibilità: infatti il Codice di condotta non solo è dannoso, ma è persino inutile a raggiungere gli scopi per cui è stato pensato.

Perché proprio le Ong

Smantellare le Ong fa parte del filone narrativo contro l’immigrazione degli ultimi anni che ha permesso ad alcuni partiti politici di costruire e foraggiare ampie basi di consenso politico. Con il decreto anti Ong il governo Meloni vuole dichiaratamente contrastare l’immigrazione “illegale”, ma al contempo mettere in atto il disegno più ampio di annullare le Ong. Oltre le limitazioni e complicazioni imposte dal decreto, ci sono i risvolti economici per i diretti interessati.  

Come visto, le navi Ong ora sono costrette a viaggi decisamente più lunghi rispetto al recente passato e quindi meno sostenibili. I costi stellari del carburante necessario per coprire tratte così lunghe hanno infatti già costretto molte navi a fermarsi: le Ong stanno puntando su campagne straordinarie di donazioni, ma al momento non sono sufficienti a ripartire. Sono gli effetti della Dottrina Piantedosi, definiti dal Consiglio d’Europa “intimidatori”.

Come detto, il decreto prende di mira le Ong e riesce molto bene nel suo intento di ostacolarne l’attività, ma fallisce nel suo scopo primario di “fermare le partenze illegali”. Nonostante il Codice di condotta, in Italia non sbarcavano così tanti migranti a gennaio da sette anni, dal 2016. Il ruolo delle Ong – oltre quello di salvare vite in pericolo -, è rimasto lo stesso: limitato, ora più del solito a causa del decreto.

Da quando vengono raccolti i dati sul numero degli sbarchi mensili – il 2013 -, il mese di gennaio 2023 è il secondo per il numero più alto di migranti sbarcati (4.959), dietro gennaio 2016 (5.273). Anche se a gennaio gli sbarchi sono aumentati, dunque il peso delle Ong sugli arrivi totali rimane limitato. Secondo i dati raccolti dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), a gennaio 2023 sono sbarcati 527 migranti salvati nel Mar Mediterraneo da navi di Ong, su un totale di 4.959: poco più del 10 per cento sul totale. L’incidenza delle Ong rimane in linea con quella degli ultimi anni. Il restante 90 per cento dei migranti è arrivato in Italia con sbarchi autonomi o con l’aiuto della Guardia costiera. 

Meloni nella storia, ma da quale parte?

“Abbiamo scritto la storia. Ora scriviamo il futuro dell’Italia”. Erano le parole di Giorgia Meloni Dopo la cerimonia della campanella che davano inizio al suo governo. L’elezione della prima donna come Presidente del Consiglio è un fatto storico, che verrà tramandato e ricordato. Le azioni però contano. Come primo atto politico del nuovo anno il governo Meloni si è scagliato contro chi salva vite in mare. Risultati: sbarchi aumentati – il vero motivo è il meteo -, ostacoli ai salvataggi e morti. Da gennaio 2022 sono 1440 tra morti e dispersi. Di questi, la maggior parte è morta a causa di annegamento. Non resta alternativa che pensare al decreto sulle Ong come strumento di dannosa propaganda. Come passerebbe alla storia chi mette a rischio delle vite per tornaconto politico? Se si vuole, si può tornare indietro. Dopo aver fatto la storia con la sua elezione, Giorgia Meloni deve chiedersi per cosa passerà realmente alla storia, chi si chiede di essere per chi verrà dopo: il futuro si costruisce anche così, facendosi le domande giuste”.

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La burocrazia “disumana”.

Da un dettagliato report di Redattore Sociale: “Procedono ancora a rilento le pratiche per la regolarizzazione straordinaria dei cittadini stranieri: fino al 19 ottobre 2022 sono stati rilasciati 83.032 permessi di soggiorno, solo il 37,7% sul totale delle domande presentate. A denunciare una macchina amministrativa inceppata è la campagna Ero straniero, che sul suo sito pubblica l’aggiornamento sull’attuazione della sanatoria del maggio 2020.

“Continuano ad arrivare notizie sconfortanti dal ministero dell’interno circa la definizione delle circa 220.00 domande complessive, presentate oltre due anni fa – spiegano i promotori -. Alla luce di questi tempi lunghissimi, condannati anche dal consiglio di Stato nel maggio scorso, pare sempre più incredibile il trattamento riservato a decine di migliaia di persone straniere in tali uffici perennemente sotto organico e impreparati ad affrontare un carico di lavoro così gravoso. Né è bastato assumere – anche in tal caso con grandissimo ritardo – gli oltre 1.200 lavoratori e lavoratrici interinali grazie a cui alcuni passi avanti, seppur minimi, sono stati fatti ma che, avendo contratti precari e di durata brevissima, faticano a garantire quella continuità che invece sarebbe indispensabile all’attività amministrativa”. 

“Chi si scontra con tali ostacoli si sente  abbandonato dalla pubblica amministrazione, oltre all’impatto fortemente penalizzante sulla vita di queste persone: molte di loro continuano a vivere e lavorare nella precarietà o, nel peggiore dei casi, hanno perso la possibilità di mettersi in regola per il venir meno della disponibilità di chi voleva assumerle, come raccontano alcune testimonianze raccolte nell’approfondimento – continua la nota -.Particolarmente preoccupante è la situazione nella capitale dove al 3 ottobre, su 17.371 domande presentate, quelle definite positivamente sono 5.202, mentre sono 2.373 le domande con esito negativo: neanche la metà delle pratiche è stata dunque finalizzata. Vista la situazione, su iniziativa di alcuni legali e associazioni, a giugno scorso, è stata inviata una diffida alla prefettura di Roma e al ministero dell’interno da 30 tra lavoratori e lavoratrici in emersione e, successivamente, è stata depositata al Tar del Lazio una class action contro i gravi e persistenti ritardi della prefettura di Roma. Il prossimo 31 gennaio si celebrerà la prima udienza”. 

Secondo la campagna l’intervento più urgente per porre un limite a tale “grave ingiustizia” nei confronti di decine di migliaia di persone dovrebbe essere, da parte del governo, “la stabilizzazione degli oltre mille lavoratori e lavoratrici interinali presso prefetture e questure, il cui contributo è stato nei mesi scorsi e continuerà a essere indispensabile. La legge di bilancio 2023 prevede un’ulteriore proroga dei loro contratti per il 2023, ma solo per la metà delle figure professionali attualmente impiegate nelle prefetture”. La campagna Ero straniero nei prossimi mesi, oltre alla riforma del sistema attuale della gestione di flussi per lavoro e all’introduzione di un meccanismo permanente di regolarizzazione, lavorerà perché cambi l’approccio della pubblica amministrazione verso le persone straniere condannate a subire tempi di attesa lunghissimi e ostacoli burocratici inaccettabili in termini di inclusione e partecipazione alla vita del paese dove hanno scelto di stabilirsi e lavorare”.

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