La presidente della comunità ebraica di Roma: "La comunicazione è la vera sfida per tutelare la Memoria"
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La presidente della comunità ebraica di Roma: "La comunicazione è la vera sfida per tutelare la Memoria"

"La comunicazione è la vera sfida per tutelare la cultura della memoria". Lo spiega Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma

La presidente della comunità ebraica di Roma: "La comunicazione è la vera sfida per tutelare la Memoria"
Ruth Dureghello
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27 Gennaio 2023 - 09.12


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“La comunicazione è la vera sfida per tutelare la cultura della memoria”. Lo spiega Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma, in una intervista All’AGI in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria. La ricorrenza del 27 gennaio, quest’anno è segnata dal pensiero espresso dalla senatrice a vita Liliana Segre sulla possibilità che in futuro il racconto dell’Olocausto sia confinato a poche righe sui libri di storia.

Rifletto molto in questo tempo sull’estrema velocità delle forme di comunicazione, sui cambiamenti che ci sono stati. Sul modo in cui dovremmo cimentarci per assicurare la trasmissione della memoria. Perché gli strumenti di comunicazione e interpretazione di alcuni messaggi, soprattutto per le giovani generazioni, corrono su strisce che per quelli come noi sono distanti. Credo sia doveroso – spiega Dureghello – come abbiamo fatto in questi anni affidandoci all’arte, al cinema e al fumetto, trovare strumenti nuovi che siano di stimolo”.

“Stiamo già facendo esperimenti importanti affidando ai ragazzi la ricerca di nuovi metodi, ad esempio attraverso gli ologrammi, per ricordare i testimoni che non ci sono più, e penso che il rinnovamento della comunicazione sia la direzione giusta da seguire. È un tema da non sottovalutare davanti a una sfida che si fa imminente e ci mette tutti in grande discussione. L’obiettivo sarà quello di trasmettere la memoria della Shoah, affidandosi a nuovi sistemi di comunicazione senza snobbare gli strumenti che a noi adulti potrebbero sembrare distanti. Essenziale è che nei contenuti e nei presidi che in questi anni abbiamo costruito e che fanno della Shoah quel valore unico e universale storicamente riconosciuto, il messaggio possa arrivare anche ai più giovani. Serve quindi investire in questa direzione”.

E questo, perché, sottolinea Dureghello, “siamo sensibili al fatto che a breve non ci saranno testimoni. Dobbiamo allora usare i nuovi strumenti che ci permettono di vivere nel presente. Se noi usassimo i social per inserire i contenuti della Shoah piuttosto che permettere che siano altri a diffondere contenuti sbagliati, raggiungeremmo l’obiettivo di conservare la memoria e di fare in modo che sia parte di una cultura a tutto 360 gradi”.

Cosi verrà sventato il pericolo che della Shoah, possa rimanere solo qualche rigo nei testi scolastici “è pur vero che fino ad oggi, sui testi scolastici non viene dedicato al tema più di una pagina e mezza, cosi come poco spazio ha avuto la storia degli ebrei in Italia – riflette la presidente – e non è che fino ad oggi non abbiamo parlato della Shoah. Capita poi spesso di trovarsi anche a dover fronteggiare fenomeni di antisemitismo con manifestazioni evocative, cori degli stadi. E qui, dobbiamo rispondere con contenuti positivi. Riusciremo a tutelare la conservazione della cultura della memoria anche adeguandola ai tempi di oggi e alle nuove forme di comunicazione”.

E poi, aggiunge Dureghello, “come ha detto tante volte Liliana Segre, c‘è il problema della zona grigia dell’indifferenza. Se c’è ribellione piuttosto che assuefazione davanti a un atto di antisemitismo come con un braccio alzato davanti a una scuola per fare una foto di gruppo o l’invio di un emoticon in una chat, allora possiamo ben sperare. Purtroppo non sempre accade”.

Ruth Dureghello, pensando alle parole di Liliana Segre, secondo cui le persone già da anni dicono di essere stufe di sentir parlare degli ebrei e che dopo la scomparsa degli ultimi testimoni ci sarà solo una riga sui libri di scuola, ricorda che “negli ultimi anni, la senatrice ci ha insegnato che ci sono delle preoccupazioni intorno alla memoria, e il suo impegno come quello di tanti altri testimoni, è stato di dedicare attenzione alla consapevolezza che la loro presenza era importante per il ricordo. E per far questo hanno usato una formula che va oltre i libri di storia e l’impegno politico. Hanno fatto in modo che la loro testimonianza, divenisse con il tempo patrimonio di coscienza civile e collettiva con un unico obiettivo: mai piu’. I testimoni sono stati investiti di grande responsabilità. Una responsabilità che si sono caricati sulle spalle necessariamente, dedicandosi alle nuove generazioni”.

Quella riflessione della senatrice Segre “l’ho intesa come una provocazione piuttosto che un allarme, nella misura in cui come abbiamo detto nei tanti incontri con gli studenti, la loro testimonianza di sopravvissuti non debba finire con loro. L’obiettivo è sempre quello di lasciare il testimone proprio alle generazione future. La scomparsa dei testimoni è un fatto anagrafico ed è un tema di rilievo che ci pone nelle condizioni di come gestire nel futuro la memoria della shoah. E questo ora, non dobbiamo vederlo come un elemento negativo quanto piuttosto, come un invito a un maggiore impegno a investire energie”.

“Nella mia esperienza di questi anni – afferma Dureghello – ho sempre riscontrato nella riflessione sulla memoria la grande attenzione e sensibilità delle giovani generazioni e il loro crescente interesse. I ragazzi sanno non solo recepire e ricevere, ma si interrogano pure. Il problema semmai è quello di non allontanarli e quindi di avere una misura della riflessione storica e del racconto che non sia mai banale e scontata o strumentalizzata”.

E su questo, “devo dire che ho grande fiducia perchè nei vari contesti che ho frequentato ho trovato nei ragazzi sempre elementi di stimolo positivo. E questo anche grazie al fatto che negli ultimi 20 anni è stato fatto innegabilmente un grande lavoro. Se fino agli anni 80-90 il tema della Shoah era quasi un tabù, nella coscienza collettiva, da un certo momento in poi e con l’istituzione della Giornata della Memoria che in Italia è venuta prima di quella europea, questo è diventato un impegno comune. è innegabile che in questi 20 anni si è costituita una generazione attenta”.

Riflettendo sui conti con il passato, la presidente della comunità ebraica ritiene che “l’Italia abbia fatto il suo processo in ritardo, anche per pudore, vergogna, opportunità. Elementi che hanno contraddistinto la storia del dopoguerra di questo Paese. Ma penso che i presi’di nella nostra Costituzione ci sono e sono innegabili. E su questo abbiamo fondato la nostra convivenza e il nostro futuro. è un processo necessario per chi vuole rimanere all’interno di questo ambito. Nel Paese ci sono stati sempre innegabili riconoscimenti del trascorso”.

“Oggi si sente sempre di più una voce unanime che è motivo di riflessione. Ovviamente ci sono sempre sacche di imbecillità che devono essere definite come tali, e vanno tenute fuori. Nella storia del Paese ci sono stati momenti di criticità e condivisione. Noi abbiamo sempre avuto il rispetto delle istituzioni e per quelle che rispettano il valore che rappresentiamo. E fintanto che questo è chiaro ed evidente e se le istituzioni si muovono all’interno della Costituzione, per noi non ci sono problemi”.

“La città ha sempre avuto per noi grande attenzione e sensibilità – chiarisce Dureghello – certo, la pandemia ha rallentato tante attività e iniziative che vedono la presenza della comunità ebraica come valore aggiunto. E poi ci sono luoghi come la stazione Tiburtina da dove partivano i famigerati treni, che andrebbero valorizzati come memoria. Ma io sono fiduciosa, perchè il prossimo 16 ottobre ci sarà l’anniversario degli 80 anni e Roma ha preso l’impegno di commemorare quella data con progetti significativi. Del resto, la memoria di questa comunità di Roma non passa solo per quegli eventi tragici ma anche per tante atttività e iniziative che ci vedono presenti nella capitale”.

Che cosa direbbe Ruth Dureghello a un turista che viene a visitare il quartiere ebraico di Roma?  “Gli direi che questo quartiere siamo noi e che se vuole conoscere la romanità deve venire qui, dove la tradizione ebraica si innesta nella città. Dove sono rappresentati 2000 anni di storia raccontati attraverso eventi negativi ma anche da tanta cultura, dalla cucina, attraverso i luoghi del vecchio ghetto con il calore e l’affetto di una identità che riusciamo a trasmettere. Roma in questo senso ha una peculiarità e una ricchezza unica. In Europa molte comunità ebraiche sono scomparse, a Roma, invece, c’è una comunità viva, vivace e capace di infondere speranza e di produrre iniziative. E anche di far conoscere un pezzo della nostra storia regalando emozioni diverse e nuove. Ecco, penso che questo sia davvero un punto di forza per la città e lo vedo dalla domanda di turismo che valorizza sempre di piu’ questi luoghi. Se pensiamo che a Praga c’è un bellissimo quartiere ebraico ma non ci sono piu ebrei Questa comunita di Roma è stata capace di reagire alla tragedia della Shoah e a tante altre minacce, all’attentato alla Sinagoga,creando un contesto e un clima protetto, curato e ben organizzato che nel tempo è divenuto simbolo di accoglienza e reciproco arricchimento”. (Maria Letizia D’Agata)

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