Cranio Randagio, un'assoluzione e due condanne per la morte del rapper romano
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Cranio Randagio, un'assoluzione e due condanne per la morte del rapper romano

È la decisione del Tribunale di Roma, arrivata ieri in tarda serata, nel processo per la morte del rapper romano "Cranio Randagio", nome d'arte di Vittorio Andrei Boi, trovato senza vita il 12 novembre 2016 dopo una festa di compleanno in un appartamento.

Cranio Randagio, un'assoluzione e due condanne per la morte del rapper romano
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8 Luglio 2022 - 16.55


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Per la morte di Cranio Randagio, il rapper romano diventato celebre grazie alla sua partecipazione a XFactor, è arrivata un’assoluzione e due condanne a 2 anni e mezzo di carcere per favoreggiamento e ostacolo alle indagini

È la decisione del Tribunale di Roma, arrivata ieri in tarda serata, nel processo per la morte del rapper romano “Cranio Randagio“, nome d’arte di Vittorio Andrei Boi, trovato senza vita il 12 novembre 2016 dopo una festa di compleanno in un appartamento alla Balduina, nella Capitale. La morte del giovane, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stata causata dall’assunzione di un mix di droghe pesanti.

A rifornire Cranio Randagio sarebbe stato, secondo la procura, un terzo amico, Pierfrancesco Manente, accusato di morte come conseguenza di  altro delitto. Ma per Manente il pm Giovanni Nostro aveva chiesto l’assoluzione per mancanza di prove, richiesta accolta dal giudice. Sempre in base alla ricostruzione degli inquirenti, lo spacciatore – mai individuato e la cui identità non è venuta fuori nemmeno nel corso del procedimento – sarebbe stato protetto dagli altri due amici del rapper, Pierfrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vicentiis, finiti a processo con l’accusa di favoreggiamento. Per Bonolis e De Vincentiis, il pm Nostro aveva sollecitato al Tribunale una condanna a 3 anni

Il giovane morì la notte dell’11 novembre 2016 al termine di una festicciola di compleanno a base di alcool e droghe, in casa di uno degli imputati. Nessuno tra i giovani presenti si accorse che stava male e quando la madre Carlotta riuscì a chiedere aiuto era ormai troppo tardi.

La madre di Vittorio Andrei Boi ha commentato così la sentenza: ”La soddisfazione in questi casi non esiste, quello che desideravo da questo processo è che ci fosse una condivisione delle responsabilità, che non era mai emersa. Il fatto che il giudice in qualche modo abbia sottolineato con una pena la responsabilità è importante”. “‘Che dopo cinque anni ancora ci fossero i ‘bho, non so’, ‘Vittorio ha preso…Vittorio è andato’, mi chiedo: Vittorio è morto lì, ma voi dove eravate? –  ha aggiunto  – È un favoreggiamento di responsabilità. Io vado nelle scuole a parlare ai giovani su questi temi. Mio figlio non ha avuto questa possibilità, Vittorio ha sbagliato ed è morto, con la droga o ci muori o stai anni in tribunale, o diventi un cretino”.

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