Pio La Torre e Rosario Di Salvo: la memorie preziosa delle vittime di mafia
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Pio La Torre e Rosario Di Salvo: la memorie preziosa delle vittime di mafia

Dall'occupazione delle terre alla lotta alla mafia all'impegno pacifista. 9:20 del 30 aprile 1982: ricordando l'eccidio di via Li Muli.

Pio La Torre
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30 Aprile 2022 - 11.12


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La memoria delle vittime della mafia passa per i volti e per i nomi di chi ha avuto il coraggio di restare a testa alta. I nomi e i cognomi. Come quelli di Pio La Torre, ucciso a Palermo il 30 aprile 1982 anni e del suo collaboratore Rosario Di Salvo da Cosa Nostra.

Alle 9:20 del 30 aprile 1982, con una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo la sede del partito. Quando la macchina si trovò in una strada stretta, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo, che guidava, ad uno stop, immediatamente seguito da raffiche di proiettili. Da un’auto scesero altri killer a completare il duplice omicidio. Pio La Torre morì all’istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.

Dall’occupazione delle terre alla lotta alla mafia. Si racchiude in questo itinerario politico, negli ultimi tempi approdato all’impegno pacifista, la vicenda umana e politica di Pio La Torre. 

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La dura esperienza di vita orienta subito le scelte di La Torre, nato in una povera famiglia contadina nella borgata palermitana di Altarello di Baida, descritta da lui stesso come un ”paese lontano” nel libro ”Comunisti e movimento contadino in Sicilia” ora ripubblicato, nell’anniversario del delitto, dagli Editori Riuniti. Nelle case non c’ e’ ne’ l’acqua corrente ne’ la luce e percio’ ”si studiava a lume di candela”. Giovanissimo, aderisce al Pci inseguendo un ideale di giustizia e di riscatto sociale. Tra il 1949 e il 1950 e’ tra i protagonisti del movimento di occupazione delle terre nella zona di Corleone.

Ma viene arrestato dopo uno scontro con la polizia che provoca tra i braccianti decine di feriti e sconta 18 mesi di carcere. E’ in una cella dell’Ucciardone che lo raggiunge la notizia della nascita del figlio Franco, ora impegnato nel volontariato in Palestina. Tornato in liberta’, riprende un’intensa attivita’ sia come dirigente del Pci sia come esponente della Cgil. L’impegno politico del ”comunista romantico”, come sara’ definito in un libro di Cesare De Simone uscito in questi giorni, non gli impedisce di concludere gli studi universitari.

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Nel 1961 si laurea in Economia e commercio mentre e’ consigliere comunale. Due anni dopo viene eletto deputato all’ Assemblea regionale. Come componente della commissione parlamentare antimafia firmera’ assieme al giudice Cesare Terranova, deputato della sinistra indipendente pure assassinato nel 1979, la relazione di minoranza incentrata sui rapporti tra mafia e politica. ”Tale compenetrazione – scrive – e’ avvenuta storicamente come un risultato; cercato e voluto da tutt’e due le parti”. Negli anni ’80 coglie e interpreta l’evoluzione della mafia che, sotto la dittatura di Toto’ Riina, mutua dal terrorismo non solo i metodi ma anche le strategie di attacco allo Stato e agli uomini delle istituzioni impegnati nelle inchieste piu’ penetranti.

La Torre ripensa anche la strategia antimafia e punta a disarticolare il potere economico di Cosa nostra. Si fa perciò promotore di un disegno di legge, che sara’ approvato solo dopo la sua morte e l’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che introduce nell’ordinamento penale il reato di associazione mafiosa e prevede la confisca dei patrimoni illeciti. Nel 1981 torna in Sicilia e subito dopo diventa segretario regionale del Pci. Ha appena il tempo di promuovere un vasto movimento pacifista contro l’ installazione dei missili Cruise a Comiso. Avvia la raccolta di un milione di firme, organizza marce e manifestazioni. Sostiene la nomina di Carlo Alberto Dalla Chiesa a prefetto di Palermo. Ma avverte anche il rischio di una forte esposizione e teme la saldatura tra forze oscure e poteri criminali. ”Ora tocca a noi”, confida a Emanuele Macaluso pochi giorni prima di essere assassinato. Da qualche tempo tiene in tasca una pistola: non farà in tempo a impugnarla davanti ai suoi sicari.

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