La Spezia-Dakar, storia di un traffico clandestino d'armi made in Italy
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La Spezia-Dakar, storia di un traffico clandestino d'armi made in Italy

La storia inizia a La Spezie e si conclude, al momento, a Dakar. Una brutta storia di traffico d’armi.

La Spezia-Dakar, storia di un traffico clandestino d'armi made in Italy
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Gennaio 2022 - 20.37


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La storia inizia a La Spezie e si conclude, al momento, a Dakar. Una brutta storia di traffico d’armi.

La Spezia-Dakar

“Chiediamo a tutte le autorità italiane (sia nazionali che locali di La Spezia) competenti in materia di esportazioni di materiali d’armamento e di munizionamento militare e civile di fare immediatamente chiarezza e al Parlamento di richiedere con urgenza tutte le informazioni necessarie sulla notizia del sequestro in Senegal di un carico di munizioni di produzione italiana”.


Lo scrivono in un comunicato congiunto la Rete Italiana Pace e Disarmo, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (Opal e l’associazione Weapon Watch a seguito della notizia proveniente da Dakar relativa al sequestro  da parte della Direzione Generale della Dogana senegalese di tre container contenenti munizioni di tipo militare prodotte dall’azienda Fiocchi di Leccoe del conseguente arresto del capitano della nave e dell’equipaggio. Secondo le prime informazioni il carico avrebbe un valore stimato di circa 5 milioni di euro ed era a bordo della nave-cargo Eolika, battente bandiera della Guyana, proveniente dal porto di La Spezia, da cui è salpata il 2 dicembre. Pur non essendo nota la tipologia di munizionamento, la produzione italiana sarebbe comprovata dalle immagini del sequestro che mostrano diversi scatoloni con il logo della Fiocchi. “Chiediamo innanzitutto all’Agenzia delle Dogane di rendere noto se le munizioni ritrovate sulla nave-cargo Eolika siano state esportate dall’Italia sulla base della necessaria autorizzazione rilasciata dall’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni materiali d’armamento) incardinata presso il Ministero degli Esteri. Chiediamo inoltre alla Capitaneria di Porto e all’Autorità Portuale della Spezia di rendere noto se il carico di munizioni sia stato imbarcato nel porto locale e se sia stata rilasciata tutta la documentazione richiesta della legge e siano stati effettuati tutti i controlli previsti”. 


La nave-cargo Eolika era diretta nella Repubblica Dominicana, ma – da un’indagine dell’Osservatorio Opal sulle Relazioni governative – non risultano negli anni dal 2018 a 2020 autorizzazioni all’esportazione di munizionamento militare dall’Italia per il paese centroamericano. Tuttavia le licenze potrebbero essere state rilasciate lo scorso anno e per questo è necessario che Uama e l’Agenzia della Dogane facciano chiarezza. 
“Sarebbe davvero molto grave – conclude la nota – se le varie autorità nazionali italiane e della Spezia non avessero provveduto ad ottemperare tutte le norme previste: ci troveremmo di fronte ad un traffico illecito di munizioni che vedrebbe implicata non solo una delle più note aziende italiane, ma le stesse autorità nazionali italiane”. 

“E’ fondamentale – commenta Giorgio Beretta dell’Osservatorio OpaL – che le autorità italiane facciano piena chiarezza su questo carico. Se l’esportazione è avvenuta su autorizzazione di Uama è comunque necessario chiarire tipologia, quantità, valore e soprattutto il Paese destinatario finale del carico di munizioni. E’ infatti nota la prassi di navi che si fermano in prossimità delle coste di un paese per sbarcare illecitamente materiali su natanti locali. Non è da escludere inoltre la possibilità che il comandante ucraino della nave abbia pensato di approfittare del carico di munizioni per fare affari con qualche trafficante in Senegal. Ma anche in questo caso vien da chiedersi perchè sia stata scelta dagli spedizionieri questa nave cargo e quali controlli siano stati fatti in Italia riguardo al suo comandante e all’equipaggio”. 


Quelle spese indecenti

Traffici illeciti ma alquanto lucrosi. Che s’inseriscono in una crescita delle spese militari che neanche la pandemia è riuscita a frenare.

Illuminante a tal proposito un articolo di Francesco Vignarca per Valori.it. “Si stappa lo spumante nel 2021 nelle fabbriche di armi italiane – scrive Vignarca -. La legge di bilancio per il 2022 sfonda il muro dei 25 miliardi per il ministero della Difesa, un aumento del 3,4% sul 2021 e circa il 20% negli ultimi tre anni. Si dirà: come ha fatto di recente il generale Figliuolo, dovuto al grande e imprevisto impegno delle strutture sanitarie dell’esercito contro il Covid. Certamente un lavoro meritevole e di cui tutto il Paese è riconoscente. Ma purtroppo l’aumento del budget non è dovuto a questo. Pesano invece i piani militari che hanno preso la forma di 23 nuovi programmi per un totale di 12 miliardi di euro.

Festa grande per le armi italiane nel 2022

Gli ultimi cinque decretiil ministro li ha fatti trovare al Parlamento sotto l’albero di Natale. Un regalino che l’Aula ora dovrà scartare e approvare. Proiettili di precisione per i cannoni semoventi dell’Esercito, avamposto di comando per le missioni all’estero dell’Aeronautica, piattaforma di addestramento per gli incursori della Marina. E così via elencando.

L’Osservatorio Mil€x ha approntato una nuova metodologia di valutazione delle spese militari per comprendere una materia opaca e incomprensibile. Un metodo che contabilizza le spese militari di competenza (previste nelle bozze di legge di Bilancio) e le effettive spese di cassa dopo il Rendiconto. Nella valutazione del Bilancio di previsione hanno rilievo le scelte politiche, nel rendiconto le effettive capacità di spesa della struttura del ministero. Ma anche di fornitura delle imprese produttrici.

Istruzioni per leggere e capire il Bilancio militare

Ebbene, l’analisi del Bilancio previsionale 2022 ci parla di un contributo all’incremento complessivo del bilancio della Difesa dovuto proprio a nuovi sistemi d’arma. Dei 1.352 milioni di aumento di spesa, ben un miliardo va per l’acquisto di nuovi armamenti. In tutto 8,27 miliardi per sistemi d’arma, in aumento del 13,8% rispetto al 2021. Con un balzo del 73,6% negli ultimi tre anni (+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019).

L’Osservatorio Mil€x ricorda come la complessiva spesa militare italiana sia ben superiore a quella del ministero della Difesa, perché comprende spese allocate presso altri ministeri. Principalmente il fondo per le Missioni militari all’estero (Economia e Finanze) e i fondi per acquisizione e sviluppo di sistemi d’arma (Sviluppo Economico). Analogamente, dal bilancio del ministero della Difesa vanno sottratte gran parte delle spese dell’Arma dei Carabinieri (salvo quelle per le missioni militari all’estero).

Nuove armi, ma zero nemici

Sulla spesa militare grava anche parte del costo delle basi statunitensi, gli ammortamenti dei mutui sulla spesa per armamenti del Mise, nonché le pensioni militari. Complessivamente la spesa militare “diretta” per il 2022 è di circa 25,82 miliardi di euro (26,49 miliardi considerando anche i costi indiretti). Un aumento di 849 milioni rispetto alle stesse valutazioni sul 2021 (+3,4% rispetto al 2021, dell’11,7% sul 2020 e del 19,6% sul 2019).

Ciò che però preoccupa soprattutto è l’incremento di spesa per l’acquisto di nuove armi. Che nel bilancio, raggruppato per macro voci e perciò non leggibile ad occhio nudo, può essere dedotto unicamente isolando le spese d’investimento. Si tratta dei 5,39 miliardi di euro (+1,3 miliardi) allocati nel bilancio della Difesa e 2,89 miliardi (-350 milioni) in quello del Mise. In questo sono ricompresi 105 milioni di interessi sui mutui accesi dallo Stato per anticipare alle aziende soldi per progetti pluriennali. Totale: 8,27 miliardi per nuove armi, +13,8% rispetto al 2021. Un salto del 73,6% negli ultimi tre anni (+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019).

In attesa (vana) dei tartari

Di simili regali il Paese non avrebbe necessità e soprattutto sono soldi sottratti ad usi e settori più strategici per la vita dei cittadini. Il nemico è in casa, ministro Guerini: si chiama Covid, marginalità sociale,crisi climatica e ambientale. Da questi dovremo difenderci. Non siamo una Fortezza Bastiani; non c’è bisogno di un sottotenente Drogo che attende invano nemici dal fronte del deserto dei Tartari”
 Fin qui Vignarca. 

Ora, si dà il caso che il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, sia un autorevole esponente del Partito democratico. Che la presidente della Commissione Difesa del Senato sia Roberta Pinotti, anch’ella esponente dem nonché ex ministra della Difesa, la prima donna ad aver ricoperto tale incarico.  E si dà sempre caso che del governo Draghi facciano parte esponenti di quella sinistra che si dice legata al mondo solidale e “disarmista”, come Articolo I.  Fatto sta che Guerini detiene il (triste) primato del ministro-record man nella crescita delle spese militari. E che la senatrice Pinotti abbia salutato con entusiasmo il fatto che l’aumento di spesa in armamenti sia stato votato pressoché all’unanimità dalla Commissione da lei presieduta. E che non si hanno riscontri di prese di posizione contrarie in Consiglio dei ministri da parte del ministro Speranza. Domanda finale: cosa c’è di progressista e di sinistra in tutto ciò?

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