Galli sulla polemica dei bollettini Covid: "I numeri vanno dati, non si può nascondere la verità agli italiani"
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Galli sulla polemica dei bollettini Covid: "I numeri vanno dati, non si può nascondere la verità agli italiani"

Il virologo: "I numeri servono anche per l'organizzazione dei reparti, perché se entri in ospedale per altre cause e poi ti trovano positivo, devi essere gestito come tale e i numeri servono proprio all'organizzazione delle strutture e dei reparti".

Galli sulla polemica dei bollettini Covid: "I numeri vanno dati, non si può nascondere la verità agli italiani"
Massimo Galli
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13 Gennaio 2022 - 15.19


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Si sta accendendo il dibattito intorno all’opportunità di fornire ogni giorno i numeri dei contagi e sta entrando nel vivo. Ognuno dice la sua e tra i dottori che pensano sia necessario continuare a farlo c’è l’infettivologo Massimo Galli: “Non c’è niente da nascondere – ha spiegato a “Zona Bianca” – e credo che la maggior parte degli infettivologi siano d’accordo con me. I numeri possono essere per certi versi parziali, per altri criticabili, ma cambiar marcia adesso non serve a niente, servirebbe solo a dare agli italiani l’impressione che si voglia nascondere qualcosa”.

Numeri fondamentali per l’organizzazione
Massimo Galli ha spiegato perché è importante conoscere il numero giornaliero dei contagi: “I numeri servono anche per l’organizzazione dei reparti, perché se entri in ospedale per altre cause e poi ti trovano positivo, devi essere gestito come tale e i numeri servono proprio all’organizzazione delle strutture e dei reparti”.

L’esperienza con il virus
“La mia situazione non ha paragone con quanto ho visto in corsia in questi anni. – ha continuato l’infettivologo – Quasi una passeggiata, ma senza la terza dose sarei stato nella condizione di chi l’ha fatta nel momento peggiore, senza vaccino. Poi, ho fatto i monoclonali, perché da protocollo potevo farli. Mi dispiace per le moltissime persone che non riescono a ottenerli, perché ci sono dei buchi nell’organizzazione sanitaria, vanno fatti nell’arco di cinque-sette giorni dalla comparsa dei sintomi per ridurre il rischio di progressione della malattia nelle persone fragili, usarli tardi non serve a nulla. Fosse stato per me non l’avrei fatti, ma i colleghi hanno insistito e hanno avuto ragione in base ai miei parametri”.

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