Voto di scambio mafioso, due arresti a Latina: indagato parlamentare europeo della Lega
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Voto di scambio mafioso, due arresti a Latina: indagato parlamentare europeo della Lega

Secondo gli inquirenti, 200 voti al capolista di "Noi con Salvini", sarebbero stati "comprati" pagando 45mila euro a membri del clan Di Silvio

Raffaele Del Prete
Raffaele Del Prete
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13 Luglio 2021 - 19.51


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Se le accuse sono confermate, il fatto sarebbe molto grave: le responsabilità sono naturalmente ancora da accertare.

Un imprenditore del settore dei rifiuti, Raffaele Del Prete, e un suo collaboratore, che sono stati arrestati con l’accusa di scambio elettorale politico mafioso.

Secondo gli inquirenti i due, pagando 45mila euro a membri del clan Di Silvio, avrebbero fatto arrivare almeno 200 voti al capolista di “Noi con Salvini” nelle Amministrative del 2016 a Latina.

Nell’inchiesta è indagato anche l’europarlamentare della Lega Matteo Adinolfi.

Il provvedimento restrittivo è legato alle risultanze acquisite in due diverse indagini eseguite dai carabinieri, dopo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Agostino Riccardo e Renato Pugliese.

In particolare è stato documentato che il collaboratore Riccardo, indagato in concorso nell’odierno provvedimento, è risultato essere il tramite per l’accordo politico mafioso tra il gruppo criminale e l’imprenditore operante nel settore dei rifiuti. Riccardo ha ricevuto una sorta di investitura da parte dei Di Silvio nel curare i rapporti con la politica della provincia di Latina ed in occasione della tornata elettorale del 2016, tramite l’imprenditore, di sostenere la candidatura di un politico della lista “Noi per Salvini” nonché dell’attacchinaggio dei manifesti relativi al candidato.

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Il pagamento e i rapporti con il clan – Il pagamento dei 45mila euro è avvenuto in tre tranche all’interno dell’azienda. In base all’accordo illecito, nessuno degli appartenenti alla famiglia Di Silvio si sarebbe dovuto presentare nella sede del partito, per evitare di apparire come “collettore” di voti “procurati da soggetto intraneo al clan”, mentre l’imprenditore avrebbe fatto avere le comunicazioni al clan esclusivamente tramite il pentito.

L’elezione del politico sarebbe stata per l’imprenditore pontino funzionale alle strategie economiche della sua società per ottenere verosimilmente il monopolio nella gestione dei rifiuti e delle bonifiche nel territorio pontino.

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