Un sindaca indagata perché un bambino si schiaccia le dita all'asilo: la solidarietà dei colleghi
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Un sindaca indagata perché un bambino si schiaccia le dita all'asilo: la solidarietà dei colleghi

Stefania Bonaldi, prima cittadina di Crema, ha rivelato in consiglio comunale di aver ricevuto un avviso di garanzia per non aver saputo evitare l'incidente. Gori: "Ma si può andare avanti così?"

Stefania Bonaldi
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8 Giugno 2021 - 09.59


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Un caso che sta facendo discutere in queste ore è l’avviso di garanzia fatto recapitare alla sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, perché un bambino si è schiacciato le dita all’asilo. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori si sfoga su twitter dopo aver appreso la notizia: “perché un bambino dell’asilo si è chiuso due dita nel cardine di una porta tagliafuoco,senza conseguenze permanenti”. Secondo l’accusa, spiega Gori, “avrebbe dovuto impedire che la porta si chiudesse automaticamente”.
Il caso rinfocola le polemiche sui rischi a cui sono esposti i sindaci e gli amministratori dal punto di vista giudiziario.
A raccontare i fatti è stata la stessa Bonaldi, prima in consiglio comunale, poi con un post su facebook, scrive Antonio Piccirilli di “Today”. “Il procedimento – spiega la sindaca – scaturisce da un sinistro occorso nello scorso mese di ottobre, presso l’Asilo nido di Via Dante, quando un bimbo ha subito un trauma da schiacciamento del 3° e 4° dito della mano sinistra.
Il bambino ha messo due dita nel cardine della porta tagliafuoco, che si era chiusa automaticamente, le ferite conseguenti hanno richiesto un periodo di cura di circa 3 mesi, fortunatamente, ed è quello che conta di più, senza che vi sia stato un lascito di lesioni permanenti, tanto che il bimbo è tornato a frequentare il medesimo nido comunale di Via Dante”. La sindaca però è stata indagata.
Il motivo?  Stando a quanto riferisce Bonaldi, le sarebbe stato contestato, “in cooperazione colposa con altri individui”, la violazione di una delibera della giunta regionale della Lombardia emanata il 9 marzo del 2020, secondo cui negli asili nido gli “elementi costruttivi, gli arredi e le attrezzature compresi i giochi, devono avere le caratteristiche antinfortunistiche”, e  “in particolare devono essere adottati idonei accorgimenti atti ad evitare situazioni di pericolo (es. spigoli acuti, gradini, radiatori sporgenti, infissi con bordi taglienti), in relazione all’età dei bambini e garantire condizioni di sicurezza e di agevole pulizia da parte del personale”.
“Da tale assunto – aggiunge la sindaca – la Procura deduce che la sottoscritta, in concorso con altri, avrebbe omesso ‘di dotare la porta tagliafuoco REI 120 di qualsivoglia dispositivo idoneo ad evitare la chiusura automatica o da garantire la chiusura ed apertura manuale in sicurezza, contro il rischio di schiacciamento degli arti o di altre parti del corpo dei bambini ivi accolti'”. E tutto ciò, argomenta ancora Bonaldi, “nonostante le nostre ricostruzioni di allora, operate congiuntamente alle Responsabili della Cooperativa Aurora Domus” che gestisce la struttura, “non ascrivessero a responsabilità di tipo manutentivo o strutturale gli accadimenti”.
Ad accertare se ci sono stati reati sarà dunque la magistratura. Ma il caso è anche politico e come tale sta facendo discutere. “Se oggi per trovare candidati disponibili è necessario un lunghissimo percorso di persuasione, è perché servire la propria comunità è diventato troppo rischioso” si è sfogata Bonaldi in consiglio comunale ripercorrendo le vicissitudini di altri amministratori, da Virginia Raggi assolta “per un comportamento che, alla prova del giudizio non è risultato costituire reato”, alla sindaca di Torino Chiara Appendino, condannata in primo grado ad un anno e sei mesi per i fatti di Piazza San Carlo, un caso “che parrebbe inquadrarsi in una responsabilità penale di tipo oggettivo, più che personale”. Per questo, dice Bonaldi, è “tempo di porre l’attenzione su un sistema che, a livello nazionale, necessita di interventi e correttivi, invocati anche da autorevoli opinionisti e studiosi in modo trasversale, che aumentino le tutele giuridiche a favore dei sindaci”. 
Sindaci esposti a troppi procedimenti giudiziari: “Chi oggi ha un lavoro non si candida”
Il tema non è certo nuovo. Oltre ai casi citati sopra c’è quello di Simone Uggetti, il sindaco del Pd di Lodi che fu arrestato (nemmeno ai domiciliari, ma in carcere, 10 giorni a San Vittore), con l’accusa di aver favorito una società partecipata e poi assolto perché “il fatto non sussiste”. E la vicenda che vide coinvolto Antonio Decaro, oggi sindaco di Bari finito sotto inchiesta quando era deputato del partito democratico con l’accusa di tentato abuso di ufficio. Anche lui assolto. Nel 2016 Decaro rivelò che all’epoca dell’indagine aveva pensato al suicidio. Voleva buttarsi in mare con la propria auto. “Ma poi – raccontò – ho pensato i a miei figli”.
Lo stesso Decaro aveva poi posto il tema in questi termini. “Chi trova soddisfazione nel proprio lavoro oggi difficilmente si candida. Chi ha un mestiere, non lo lascia per andare spesso a guadagnare meno e sempre a rischiare. È un mestiere pericoloso: ogni volta che un sindaco firma un atto rischia di commettere un abuso d’ufficio. Se non firma, rischia l’omissione di atti d’ufficio”. 
Del resto i casi di amministratori finiti sulla gogna e poi scagionati dalle accuse non si contano sulle dita di una mano. C’è un eccesso di zelo da parte delle Procure? Per il sindaco di Pesaro Matteo Ricci è proprio così: “Basta con queste pazzie. Come si può indagare un Sindaco perché un bimbo dell’asilo prende le dita in mezzo alla porta? Siamo al ridicolo”, scrive su twitter Ricci che definisce “urgente che si intervenga” sulle “eccessive responsabilità dei sindaci”.

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