A Roma si scoprono altri lotti del cimitero dove sono sepolti i feti col nome di chi ha abortito: è polemica
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A Roma si scoprono altri lotti del cimitero dove sono sepolti i feti col nome di chi ha abortito: è polemica

La sepoltura è una possibilità regolata da una vecchia legge che risale all'epoca del fascismo.

Il cimitero dei feti
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1 Ottobre 2020 - 10.19


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A Roma è scoppiata una polemica di forte impatto emotivo che coinvolge associazioni delle donne, Garante della Privacy, ospedali e servizi cimiteriali ed è stata annunciata un’interrogazione parlamentare. Su Repubblica il pezzo di Marina De Ghantuz Cubbe spiega tutto.
La sepoltura è una possibilità regolata da una vecchia legge che risale all’epoca del fascismo e prevede che chi si sottopone a un aborto terapeutico possa chiedere all’ospedale di avviare questa procedura. Ma ciò che non spiega come sia possibile che il feto venga sepolto e il nome della madre sia affisso su di una croce, tanto che l’Autorità garante della Privacy ha aperto un’istruttoria. E anche il simbolo religioso è posto sotto discussione, nessuna delle donne che poi si è ritrovata le generalità pubbliche aveva specificato orientamento religioso, volontà di porre il simbolo cattolico su una qualsivoglia sepoltura.
A denunciare pubblicamente quanto avviene al cimitero Flaminio è stata per prima M. L. che con un post sui social aveva raccontato la sua drammatica scoperta: “Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero se volevo procedere con esequie e sepoltura. Risposi di no”, racconta la donna. Niente firma, niente autorizzazione dunque. E continua: “Rimasi colpita da quella richiesta e ho iniziato a cercare informazioni”.
Dopo 7 mesi contatta la camera mortuaria dell’ospedale San Camillo dove ha abortito e questa sarebbe stata la risposta ricevuta: “Signora, il fetino sta qui da noi, stia tranquilla anche se non ha dato il consenso, il feto verrà comunque seppellito per beneficenza. Non si preoccupi avrà un suo posto con una sua croce e lo troverà con il suo nome”.
Così scopre che in diversi lotti del cimitero Flaminio si trovano sepolti i non nati con i nomi delle madri. La sepoltura avviene in base a un regolamento di polizia mortuaria del 1990 che si rifà a un decreto regio del 1939. Deve esserci il consenso della donna e M. L. denuncia di non averlo dato.
Scoppia il caso e quella triste Spoon River romana che offende anni e anni di battaglie femminili al cimitero Flaminio di Prima Porta diventa anche un caso politico e di coscienza laica e civile. E ora c’è il rimpallo delle responsabilità.
L’ospedale San Camillo, dove è stata effettuata l’interruzione di gravidanza, ha dato la colpa di un’eventuale violazione della privacy all’Ama, la municipalizzata che a Roma si occupa dei cimiteri. L’Ama rifiuta ogni addebito e spiega che tutto avviene su input degli ospedali e delle Asl, mentre sul nome affisso sulla croce sostiene che “l’epigrafe in assenza di un nome assegnato, deve riportare alcune indicazioni basilari per individuare la sepoltura da parte di chi la cerca”.
Una motivazione che, insieme a tutta la vicenda, non ha convinto affatto un gruppo di parlamentari che ha presentato un’interrogazione al governo per vederci chiaro.
Intanto, dopo che la donna ha sollevato il caso raccontando la sua esperienza sono in tante adesso a voler capire se è la storia di M. L. è anche la loro. Ieri anche F. T. è andata al cimitero Flaminio, si è rivolta agli uffici dell’Ama che le hanno dato un foglio con il suo nome e cognome sopra: corrisponde alla salma del feto e si trova affisso su una croce.

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