Nuova vittima del Covid, un ristoratore di Firenze si ammazza: lavorava troppo poco
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Nuova vittima del Covid, un ristoratore di Firenze si ammazza: lavorava troppo poco

L'imprenditore, 44 anni, aveva acquistato l'immobile nella zona di piazza Santa Croce.

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24 Agosto 2020 - 13.57


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In ansia per il mutuo del suo locale, un ristoratore fiorentino si è tolto la vita. L’imprenditore, 44 anni, aveva acquistato l’immobile nella zona di piazza Santa Croce poco prima della pandemia di coronavirus e la ripresa delle rate del mutuo che sarebbero ripartite tra qualche giorno, con gli incassi diminuiti a causa della crisi Covid, sarebbe diventata per lui una vera ossessione. L’uomo si è tolto la vita tra il turno del pranzo e quello della cena di sabato scorso. Rimasto solo nel suo ristorante, ha compiuto l’estremo gesto. A ritrovare il cadavere sono stati i dipendenti. Sul posto è intervenuta una volante della polizia, che ha potuto soltanto constatare il decesso. “In questo periodo stava lavorando poco, come tutti noi – ha detto un collega ristoratore che ha parlato con la famiglia secondo quanto riferito dalla ‘Nazione’ – Temeva di non riuscire più a pagare, di aver fatto dei sacrifici inutilmente”. Il suicidio ha sconvolto i commercianti del centro storico di Firenze.
“Come presidente della Confcommercio fiorentina e della Fipe Toscana esprimo le mie più sentite condoglianze alla famiglia del ristoratore che si è tolto la vita. Quali che siano le ragioni che l’hanno portato al gesto estremo, sento profondamente che la sua morte rappresenta una sconfitta per tutti noi, nessuno escluso. Anche per la nostra categoria, che evidentemente non è riuscita a fare abbastanza per essere davvero vicina agli imprenditori del settore in questo momento di difficoltà”. Lo scrive in una nota alla stampa Aldo Cursano. “Abbiamo lottato in tutte le sedi opportune perché venisse riconosciuta la gravità della situazione economica, perché venissero approvate varie forme di sostegno che tutelassero le imprese e l’occupazione, sottolineando sempre il grande valore di un comparto che oltre ad esprimere numeri in termini di fatturato, posti di lavoro, imprese, è anche emblema della tradizione tutta italiana dell’accoglienza – osserva Cursano – Eppure, il nostro impegno non è bastato a salvare la vita del collega fiorentino”.

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“Mi si dirà – continua Cursano – che le ragioni economiche sono state solo una parte dei motivi celati dietro al suo gesto, che evidentemente nasce nel contesto di una vicenda umana privata e delicatissima. Mi si dirà che non è compito di un’associazione di categoria intercettare le fragilità psicologiche dei suoi operatori. Ma nulla mi convincerà a sentirmi meno responsabile di questa morte che, forse, poteva essere evitata. Magari solo con una parola in più, una telefonata, un gesto concreto di solidarietà e vicinanza. Ecco perché è una sconfitta per tutti. Sabato è stato un giorno davvero triste per il mondo della ristorazione e per l’intera città di Firenze”.

Gli fa eco il presidente dell’Associazione Ristoratori Fiorentini Marco Stabile: “quello del nostro collega è stato un gesto forte, di grande disagio. Mi stringo alla famiglia con dolore e preoccupazione. Dopo tanti anni di vita investiti per costruire la propria azienda e una posizione sociale, molti di noi ristoratori si ritrovano ad affrontare un azzeramento totale di quanto costruito e ulteriori debiti da affrontare (anche dovuti a tasse che non vengono nemmeno diminuite), senza poter contare su alcun miglioramento in vista. La città del resto è, e non sempre, frequentata da un turismo che non spende, se non nei musei. Ed è probabile che la situazione sarà purtroppo ancora peggiore dal prossimo autunno-inverno. Le istituzioni devono intervenire seriamente”.

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È quanto chiede anche il direttore della Confcommercio Toscana Franco Marinoni: “la vicenda impone una profonda riflessione su quanto si possa e si debba fare per sostenere il dramma sociale di migliaia di famiglie che hanno visto sparire dall’oggi al domani la propria fonte di sostentamento e che, questo è l’aspetto più grave, non vedono prospettive per l’immediato futuro. Non è un problema di alcuni, è il problema di una intera comunità”.

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