Il 2 Agosto vogliamo esserci: perché la nostra campagna non si fermerà
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Il 2 Agosto vogliamo esserci: perché la nostra campagna non si fermerà

L'appello a essere in tanti il 2 agosto a Bologna nel 40° della strage, nonostante il Covid e le limitazioni alla manifestazione che le istituzioni hanno messo "per ragioni di sicurezza sanitaria" ha colto nel segno.

Strage di Bologna
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Claudio Visani Modifica articolo

21 Luglio 2020 - 15.10


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Il 2 Agosto vogliamo esserci. L’appello a essere in tanti domenica 2 agosto a Bologna nel quarantesimo della strage, nonostante il Covid e le limitazioni alla manifestazione che le istituzioni hanno dovuto o voluto mettere “per ragioni di sicurezza sanitaria”, sembra aver colto nel segno.

La cerimonia ufficiale con i discorsi in Piazza Maggiore, con appena un migliaio di posti, non basta a contenere quella voglia di partecipazione, ricordo, vicinanza. Il no al corteo lungo via Indipendenza e, soprattutto, il no al ritrovo nel piazzale Medaglie d’Oro alle 10.25 per il minuto di silenzio al fischio del locomotore, non sono in sintonia col sentire della città. L’amministrazione comunale sembra averlo capito. Per questo il programma definitivo del 2 agosto è ancora in sospeso.

Si sta valutando la possibilità di inserire anche un momento pubblico nel piazzale antistante la stazione, alle 10.25, forse con ingressi contingentati. Una decisione verrà presa nei prossimi giorni, assieme alla Prefettura e ai famigliari delle vittime. Se così fosse, il 2 agosto di questo quarantesimo assumerebbe un altro significato. Mattarella in città il 31 luglio per Ustica e la strage alla Stazione. E il 2 agosto la commemorazione ufficiale in Piazza Maggiore e il raccoglimento nel piazzale Medaglie d’Oro alle 10.25. Mancherebbe solo il corteo. Forse non tutti potrebbero accedere. Ma il significato sarebbe molto diverso. 

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La campagna lanciata attraverso Globalist e sui social ha dato voce a un sentimento diffuso in città. Al Comune sono arrivate diverse mail con richiesta di prenotazione e partecipazione. Per ora non hanno avuto e probabilmente non avranno risposte singole e private, ma una risposta pubblica.

L’articolo di Agide Melloni, l’autista dell’autobus 37 che quel giorno di 40 anni fece la spola tra la stazione e l’obitorio a trasportare i morti, è stato condiviso da diverse centinaia di persone. “Probabilmente si poteva fare diversamente, probabilmente si poteva avere maggiore fiducia nella compostezza e nel rispetto per le regole che la gente di Bologna ha sempre dimostrato”, ha scritto Melloni.

Molti la pensano come lui.

Ritengono che quelle limitazioni siano eccessive, soprattutto se raffrontate al sì alle notti rosa e a tutte le attività che producono soldi e business; che potevano essere evitate senza per questo rinunciare alla sicurezza sanitaria. E comunque i bolognesi vogliono esserci quel giorno, soprattutto alle 10.25 in stazione, per stringersi in un abbraccio virtuale ai famigliari delle vittime e  per chiedere verità e giustizia.

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E proprio i famigliari delle vittime sono i primi a essere amareggiarti per il no alla manifestazione. In un primo momento, di fronte alle direttive di Comune e Prefettura, avevano accettato a malincuore quelle restrizioni. Ma ora è lo stesso presidente dell’associazione, Paolo Bolognesi, a sollecitare la partecipazione: “Venite in piazza, seppur con tutte le cautele, ma fateci sentire il vostro abbraccio come sempre”. In attesa di conoscere le decisioni delle istituzioni e il programma definitivo, a Globalist intanto continuano ad arrivare interventi e commenti di giornalisti, intellettuali, esponenti della società civile che sollecitano una maggiore apertura e annunciano la loro presenza, “in sicurezza, con distanze e mascherine”.

Testimonianze che Globalist continuerà a pubblicare fino al 2 agosto.

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