Lavoratrici e madri: nell'Italia del Covid-19 le donne lavorano più degli uomini, ma con meno diritti
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Lavoratrici e madri: nell'Italia del Covid-19 le donne lavorano più degli uomini, ma con meno diritti

Non solo devono lavorare in smartworking, ma si occupano anche dei figli e della casa, lavori che in Italia ancora si pensa spettino solo alle donne. Eppure sono pagate meno degli uomini

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9 Maggio 2020 - 10.32


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Una ricerca della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, diffusa proprio alla vigilia della festa della mamma, rivela che su 9.872.000 donne lavoratrici nel nostro Paese, le madri sono 5.4 milioni e almeno 3 milioni hanno un figlio di meno di 15 anni. In generale, le donne occupate con figli “costituiscono il 54,3%” dell’intera platea di occupati, quelle con prole di età inferiore ai 15 anni ne rappresentano, invece, il 30%.
Nell’emergenza Covid-19 lo ‘smart working’ avrebbe potuto aiutarne molte a conciliare le esigenze lavorative e quelle familiari, soprattutto a causa della chiusura delle scuole: circa la metà (51,1%), infatti, svolge un impiego che potrebbe essere organizzato in modo ‘agile’.
Bisogna anche tenere conto di un altro dato: per la maggioranza degli italiani, sia uomini che donne, sono ancora quueste ultime quelle ‘naturalmente’ delegate a occuparsi dei lavori domestici. Solo il 14% delle donne italiane infatti pensa che una donna lavoratrice a tempo pieno possa anche essere una buona madre. E non è finita: i lavori domestici sono svolti solo dalle donne nel 74% dei casi, rendendo l’Italia uno dei paesi più maschilisti d’Europa, senza contare il tasso di occupazione femminile, che prima della pandemia si attestava al 49,5% (il più basso d’Europa), un quadro destinato ad aggravarsi a causa dell’emergenza. La carenza di donne nelle materie scientifiche e tecnologiche, settore tra i più richiesti per il futuro e meglio pagati, sta diventando una vera emergenza, soprattutto ora che il coronavirus ha dimostrato come il digitale sia indispensabile. Emerge una debolezza finanziaria delle donne che contrasta con il fatto che dalle università escano più laureate che laureati.

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