Desiree e i troppi adolescenti che fanno uso di droghe. Come aiutare i giovani?
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Desiree e i troppi adolescenti che fanno uso di droghe. Come aiutare i giovani?

A Trieste da anni si sperimenta un servizio per gli under 25. Equipe specializzate, educatori, formatori, psicologi, per ascoltare i ragazzi e le loro famiglie.

Droga e adolescenti
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31 Ottobre 2018 - 10.24


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 C’è chi bussa alla porta su consiglio di un amico, chi arriva convinto dai genitori, chi viene inviato dai servizi. Tutti giovani o giovanissimi, per la maggior parte ragazze, sanno di  trovare in questa struttura a pochi passi da piazza dell’Unità, al centro di Trieste, un aiuto per la dipendenza da sostanze stupefacenti. In particolare da quelle che oggi fanno più paura, come l’eroina, gli oppiacei, le nuove droghe sintetiche. Lo spazio si chiama “Androna Giovani” e all’interno non compare mai la scritta Sert, ma nei fatti è il primo servizio dedicato agli under 25 con problematiche connesse all’uso di droghe. Una sperimentazione nata nel 2012, che funziona e che oggi può diventare un modello replicabile su scala nazionale, soprattutto dopo che gli ultimi casi di cronaca che hanno coinvolto ragazze (Desirèe Mariottini e Pamela Mastropietro) finite giovanissime nella dipendenza da sostanze e poi barbaramente uccise.  Abbiamo chiesto a Roberta Balestra, direttrice del dipartimento delle dipendenze dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste, quali sono gli strumenti di prevenzione che si possono adottare per aiutare i ragazzi, prevenire l’abuso e contrastare le ricadute.

Un’équipe specializzata (con educatori e psicologi) pensata per i ragazzi. “Noi abbiamo pensato un servizio dedicato che prenda in carico i ragazzi fino ai 25 anni – spiega a Redattore sociale -. La specificità è innanzitutto quella di avere un équipe potenziata sul piano educativo e pedagogico, rispetto a un Sert per adulti abbiamo cioè più educatori e più psicologi. Inoltre la sede è stata voluta e pensata come non connotata, quindi non appare da nessuna parte la scritta ‘Sert’ per facilitare l’accesso da parte dei ragazzi e delle loro famiglie, evitando così lo stigma e la paura ad essere etichettati tossicodipendenti”. La gran parte degli utenti arriva volontariamente, con il passaparola o tramite la famiglia, un’altra parte attraverso la segnalazione dei servizi, come il pronto soccorso pediatrico o quello dell’ospedale per adulti. I problemi sono legati al consumo problematico di sostanze o alla dipendenza da droghe. Nella struttura si fa attività di cura e prevenzione, nel 2017 sono stati presi in carico 177 ragazzi.

L’obiettivo non è la stabilizzazione clinica ma rimettere in carreggiata i ragazzi. “In proporzione vediamo che c’è un’utenza femminile più elevata rispetto agli adulti, le ragazze cioè  vengono di più. Questo perché ormai c’è una parità nei consumi, ci sono meno freni inibitori e hanno più coraggio di venire – spiega Balestra -. L’altro aspetto interessante è il  tempo di latenza da quando si inizia a usare le sostanze a quando si chiede aiuto, che nei ragazzi è di 2 anni. Negli adulti, invece, si parla di 6, 7 anni. La latenza più breve facilita l’ottenimento di obiettivi più soddisfacenti”. In alcuni casi, spiega la direttrice, vengono rilevate problematiche di natura psichiatrica e si lavora con il reparto di neuropsichiatria infantile e con il dipartimento di salute mentale. “La depressione, i disturbi comportamentali o della personalità fino a casi psicotici nei ragazzi si manifestano con modalità diverse dagli adulti”. C’è poi un investimento forte anche sulla prevenzione e diagnosi di patologie correlate (epatite C, hiv) con un ambulatorio che fa screening e prelievi. “Oltre a questo abbiamo pensato un’attività di intervento e di accompagnamento, che prevede anche percorsi formativi, di reinserimento o recupero scolastico. Quest’anno, anche grazie alle ripetizioni intensive, quotidiane, alcuni hanno preso la maturità – aggiunge – Il nostro obiettivo non è la stabilizzazione clinica, ma rimettere in carreggiata questi ragazzi, il consumo di sostanze per noi va inserito nel percorso adolescenziale del singolo. Il nostro focus è sempre sull’adolescenza piuttosto che sulla malattia. In questa logica vengono riusciamo anche ad analizzare i comportamenti a rischio per fare prevenzione”.

Tra gli utenti giovani l’eroina e gli oppiacei sono la sostanza primaria prevalente.Anche se le modalità di assunzione sono diverse: alla somministrazione in vena si arriva quando la dipendenza è molto forte, nella norma si predilige l’assunzione per bocca. In quasi tutti i casi vengono assunte più sostanze. “Il policonsumo è un fenomeno che riscontriamo spesso e che da quanto sappiamo riguarda molti ragazzi adolescenti – spiega Balestra-. A livello nazionale c’è allarme anche rispetto alla presenza sul mercato di sostanze sempre più pure, più pericolose e più economiche. Parliamo di oppiacei, eccitanti e stimolanti. Oggi il mercato sta costruendo il consumo e questo fa paura. Per questo bisogna far di tutto per ridurre il danno. Sappiamo che i ragazzi che hanno problemi di dipendenza sviluppano un rapporto di fiducia con il servizio, e questo garantisce una protezione. Noi portiamo avanti sia terapie farmacologiche che psicologiche per prevenire il ricorso alle sostanze, la ricaduta. Inoltre pensiamo a momenti informativi su che sostanze si usano e quali sono le cautele da tenere rispetto al mercato. Si lavora molto anche con la famiglia. Che i ragazzi rimangano nel sommerso deve fare preoccupare, il mercato oggi è sempre più aggressivoe bisogna pensare a come proteggere i ragazzi”.

Un modello replicabile che fatica a imporsi per mancanza di risorse. Il modello di Trieste, primo nel suo genere, in questi anni sta facendo scuola ma fatica ad imporsi a livello nazionale soprattutto per la mancanza di risorse dedicate ai servizi per le dipendenze. “Tanti colleghi vengono, c’è grande interesse sul progetto e molti ci dicono di voler aprire servizi di questo tipo, ma spesso si fanno all’interno di Sert per adulti. Non è la stessa cosa ovviamente, perché la struttura completamente dedicata ai più giovani permette una presa in carico diversa. Spesso però non si può fare altrimenti: le risorse sono poche, sui servizi per le dipendenze si investe poco – conclude Balestra -. A questi servizi andrebbero affiancate le unità di strada per la riduzione del danno, noi lo facciamo con un intervento nei locali notturni”. Sono tutti interventi che devono viaggiare sullo stesso binario, spiega ancora la direttrice: “il ventaglio di azioni deve andare dalla prevenzione nelle scuole ai servizi dedicati per la riduzione danno, ci deve essere tutta la filiera e si deve lavorare con tutti i servizi che si occupano di età evolutiva. I minorenni vanno seguiti con équipe specializzate, non dobbiamo offrire subito l’identità di tossicodipendente a un ragazzino. Noi lavoriamo perché questi ragazzi restino a scuola, continuino a frequentare i coetanei. Restare nella normalità serve anche a superare la dipendenza dai servizi”. (Eleonora Camilli)

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