Dalla mafia arrivano troppi segnali inquietanti
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Dalla mafia arrivano troppi segnali inquietanti

Da Salvo Riina all'intimidazione di un paio di giorni fa ad una cronista calabrese. Si accendono le spie che appaiono annunci di giorni bui.

Il silenzio è mafia
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20 Giugno 2017 - 15.12


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di  Tancredi Omodei

Padrini, padri, figli e figliocci. In questo inizio estate del 2017 colgo inquietanti segnali di arroganza della mafia, delle mafie. Non è poi vero che la mafia uccide solo d’estate, ma è anche vero che i suoi affondi più cruenti li ha assestati in una stagione caldissima che non dimenticheremo mai e che ci ha portato via (e li ha liberati, mafiosi e soci) di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Qui e là si accendono delle spie che appaiono annunci di giorni bui. Una sensazione, come le ossa che ti fanno male per un vecchio trauma e sanno annunciarti la pioggia. E a farsi attori di questa scena che anticipa quella che io temo una nuova tragedia, più che i padri sono i figli. Andiamo a Salvo Riina, mafioso certificato, quello che Bruno Vespa si permise di ospitare a Porta a Porta, magari stringendogli la mano all’ingresso, senza che qualcuno in Rai ritenesse di dover fermare l’insulto. Ebbene Salvo Riina, Salvuccio per gli amici ci ha fatto sapere:”Alcuni miei grandi amici della Romania si sono trovati in questo ristorante e guarda… guarda che fotografia c’era sulla parete assieme ad altri personaggi italiani famosi nel mondo… Grazie amici miei”.

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Ricordiamo cosa ha raccontato, nel dettaglio, il figlio di Totò Riina: amici rumeni dei quali sarebbe interessante conoscere attività passata e presente, in vacanza o per “lavoro” a Tenerife, in un ristorante italiano, alle pareti, tra le foto di italiani illustri, accanto a quella di Roberto Baggio ed altri grandi protagonisti del calcio azzurro, hanno visto quella di Totò Riina. E il figlio lo racconta con fierezza, complici i social. Vale ricordare solo per un attimo che anche le cronache degli ultimi giorni ci dicono che Tenerife continua ad essere una dorata piattaforma sul mare per chi in fuga dall’Italia non si vuole allontanare più di tanto. Da lì, facendo la bella vita, si può tenere d’occhio la Sicilia e continuare gli affari con gli uomini dei cartelli dell’America latina. I segnali arrivati dalla famiglia Riina negli ultimi tempi non si contano. Intanto la “bolla” della “dignitosa morte” a casa per Riina che si è levata dalla palude di liquame, aiutata dal servile retino di uno pseudo garantismo che a volte curiosamente ritorna senza conoscere il mittente, potendo intuire il destinatario. Archiviata la questione, avendo accertato che nell’ospedale dove Riina senior è ricoverato, la degenza è accompagnata da una bella dose di rispetto della dignità umana. E avendo avuto dalla Bindi assicurazione che una dose altrettanto generosa di rispetto lo accompagnerà in cella, se dovesse tornarci, la famiglia Riina si è fatta risentire per bocca della figlia. Ha chiesto il bonus bebè per il figlio, nipotino di Totò.

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Come si sa, in aula e fuori i Riina si sono professati sempre poveri e senza alcuna proprietà, smentiti dallo stesso Totò intercettato in carcere mentre si vantava di tante ricchezze comunque a lui riconducibili. Ora, il post celebrativo dell’affetto riscontrato dal vecchio Totò in quel di Tenerife. E Totò spiaccicato sulla parete di un ristorante che sarei curioso di visitare raccoglie un bel po’ di 2Mi piace”. In verità anche diversi vaffà, bel divisi tra Riina senior e Riina junior. Figli di boss attivissimi da un angolo all’altro della Sicilia. In campagna elettorale si è visto un post condiviso dal figlio del boss Michele Crapula che, promuovendo la foto di un candidato, ha scritto: “Spero che tutti quelli che si reputano “Amici” non ci voltino le spalle perchè poi quando avete di bisogno ve li volto io e io le spalle ce l’ho belle larghe che mi sembrano il muro di Berlino”. Per capirci, la famiglia Crapula è la stessa che rivolgendosi al direttore di un istituto scolastico pretendeva di avere la registrazione video di un dibattito antimafia per guardare in faccia uno ad uno i ragazzi che vi avevano partecipato. E l’arroganza non si era fermato a questo, avevano pure preteso che si facesse una seconda assemblea che rispettasse la “par condicio” dando loro l’occasione per difendersi. Al confronto, le atmosfere del Far West di certi film appaiono melassa.
E poi, tanti altri piccoli segnali, compresa l’intimidazione di un paio di giorni addietro ad una cronista calabrese, perché di mafie parliamo, non di mafia. Di mafie e soci, perché se una certezza c’è e che le mafie hanno vissuto tanto e oggi provano a rialzare la testa grazie alle complicità, anche politiche. E complicità politiche che con la mafia dividono anche buie appartenenze. Come a Trapani, dove il triangolo mafia-politica-massoneria sta provando a dare scacco alla democrazia.

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