Corleone: il paradiso fiscale dei boss
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Corleone: il paradiso fiscale dei boss

Le motivazioni dello scioglimento del Comune per mafia. Nelle carte, una missione economica in Russia affidata ad un imprenditore amico degli amici.

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10 Settembre 2016 - 17.44


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A San Pietroburgo, in Russia, c’era una manifestazione nella quale si esaltava l’eccellenza dell’agroalimentare siciliano. A quella manifestazione il Comune di Corleone mandò a rappresentarlo una ditta molto particolare, un’impresa vinicola che appartiene alla famiglia di un grande elettorale del sindaco, Leoluchina Savona. Un imprenditore che il Viminale descrive come pregiudicato e frequentatore di esponenti mafiosi. La ditta “ambasciatrice” di Corleone andò a San Pietroburgo agevolata da un bel contributo del Comune di Corleone. Missione sulla quale stanno indagando i magistrati di Termini. Imerese. L’episodio vien fuori dalle carte che hanno portato al recente scioglimento del Comune del palermitano. Naturalmente c’è dell’altro, una catena di condizionamenti e di favori, coi boss esentasse. “Corleone, l’ultimo paradiso fiscale in terra di Sicilia”, scrive, infatti, Salvo Palazzolo su Repubblica di Palermo nel riportare alcune motivazioni del recente scioglimento del paese di Riina e Provenzano. “Dall’esame della situazione del Comune – si legge nel decreto di scioglimento – si registra un calo di oltre quaranta punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi, che è passata dal 73 per cento al 25”.
A Corleone, dunque, boss mafiosi ed anche familiari di alcuni politici non pagavano le tasse. L’hanno scoperto gli ispettori del prefetto di Palermo Antonella De Miro durante l’ispezione di agosto. Redditizia infiltrazione mafiosa, dunque. Al centro di tutto, un imprenditore che tre anni fa venne incaricato dall’amministrazione del sindaco, Lea Savona, di gestire l’esternalizzazione del servizio di accertamento e riscossione dei tributi. Un incarico da 412 mila euro all’anno. Un imprenditore particolare, essendo il cognato del capomafia di Belmonte Antonino Spera, attualmente in carcere, uomo molto vicino all’ultimo padrino di Corleone, Rosario Lo Bue.
Gli ispettori del prefetto si sono fatti consegnare la lista dei morosi, e sono saltati fuori i nomi dei boss ai quali, negli ultimi tre anni, nessuno è mai andato a chiedere conto dei tributi da pagare. In sei pagine, il Viminale scrive un durissimo j’accuse. I mafiosi non pagavano la tassa sui rifiuti e invece incassavano i soldi del Comune per la raccolta dell’immondizia (peraltro, fatta in modo approssimativo).”Il Comune ha perseguito gli interessi delle locali famiglie fin dai primi momenti di crisi dell’Ato – si legge nell’atto d’accusa del ministero dell’Interno – ostacolando le procedure per l’istituzione dell’Area di raccolta ottimale, prevista dalle norme regionali”. L’ufficio tecnico comunale aveva predisposto tutto, ma il sindaco Savona scelse di assegnare gli incarichi in via d’urgenza a due ditte poi risultate vicine ai boss.
Favori su favori ,scoperti da carabinieri e polizia. E come ciliegina quella trasferta in Russia.

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