La Cassazione: leccare la faccia di una donna è violenza sessuale
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La Cassazione: leccare la faccia di una donna è violenza sessuale

L’uomo aveva aggredito a Pescara una commerciante, rivale in affari: per lui 15 mesi di carcere.

Violenza sulle donne, immagine d'archivio
Violenza sulle donne, immagine d'archivio
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29 Agosto 2016 - 17.33


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Un uomo è stato condannato a un anno e tre mesi di reclusione per minaccia e violenza sessuale: a decidere la pena è stata la Cassazione che ha dovuto discutere di questa “singolare” aggressione avvenuta tra un commerciante di Pescara e una donna che con il suo negozio gli faceva concorrenza. Nel culmine dell’ennesima lite, avvenuta in pieno giorno su un marciapiede e di fronte a decine di testimoni, l’uomo oltre a minacciare la donna di ucciderla e di farle chiudere l’attività, le aveva palpato i seni e le aveva dato una “leccata repentina” dal mento al naso, come è stato scritto negli atti .

Secondo la Cassazione, l’uomo è quindi da punire anche per l’uso di “una qualsiasi energia, anche di ridottissime proporzioni, prodotta dal movimento corporeo che attinge una persona senza consenso o a sua insaputa per impedirne il dissenso”, come nel caso della leccata “fraudolenta”. Senza successo, l’imputato ha sostenuto di non voler soddisfare i suoi impulsi sessuali, essendosi tra l’altro il fatto svoltosi davanti ai rispettivi partner, ma di voler mortificare la concorrente. Ma per i supremi giudici, l’episodio è stato sufficiente perché ci sia la condanna per la “coscienza e la volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente, sicché non è necessario che tale atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri” di chi lo compie.

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 La libertà sessuale, ha poi aggiunto la Cassazione, rientra nella libertà personale comprendente “anche e soprattutto il diritto della libera autodeterminazione sessuale, come potere di disporre della propria persona e del proprio corpo, senza che siano ammesse intrusioni non consentite, una specie di ‘noli me tangere’, ossia un divieto assoluto di intromissione nella sfera intima, sessuale, della persona, che si traduce nella proibizione di qualsiasi intrusione corporale senza consenso”.

L’uomo, di 42 anni, era stato condannato nel dicembre 2011 dal Tribunale di Pescara ad una pena maggiore di cui non è nota l’entità, ma poi la Corte di Appello de L’Aquila nel 2013 gli aveva concesso le attenuanti generiche. Sebbene la violenza sessuale commessa in questa vicenda rientri nei casi meno gravi, la Cassazione – sentenza 35591 depositata oggi dalla Terza sezione penale – ha escluso che agli abusi meno violenti e invasivi possa essere concessa l’applicazione della “depenalizzazione” introdotta dalla legge sulla particolare tenuità del fatto. L’imputato e la vittima, una donna rumena, sono titolari a Pescara di due copisterie per supporti informatici. L’episodio e’ avvenuto nel gennaio del 2009.

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