Il decalogo della Polizia di Stato per difendersi da un 'amore' malato e pericoloso
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Il decalogo della Polizia di Stato per difendersi da un 'amore' malato e pericoloso

La violenza di genere non è solo quella che lascia i segni sulla pelle.

Il decalogo della Polizia di Stato per difendersi da un 'amore' malato e pericoloso
Violenza sulle donne
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25 Novembre 2022 - 13.54


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Esistono tanti modi, molto subdoli, con cui gli uomini tentano di mostrare il loro “potere” nei confronti di una donna. Manifestazioni reali e virtuali che, sottotraccia, possono fare altrettanto male. Sono proprio queste a cui dovrebbero stare attente le ragazze più giovani, così esposte – sia online che offline – alla volubilità di coetanei che, pur arrivando con minor frequenza al gesto estremo, sanno lo stesso ferire, spesso senza valutarne le conseguenze.

Per questo, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, il nostro portale Skuola.net ha interpellato la Polizia di Stato, impegnata su questo fronte con la tradizionale campagna informativa “Questo non è amore”. Ne è nato un decalogo che vuole aiutare le giovani a riconoscere i segnali che dovrebbero metterle in allarme, suggerendo loro le mosse più adatte per difendersi a dovere. Grazie all’esperienza della dott.ssa Marina Contino, del Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, e della dott.ssa Luisa Massaro, della Polizia Postale e delle Comunicazioni, ecco alcuni consigli pratici per tentare di evitare situazioni sgradevoli.

Se vi “sottovaluta”… non è amore

Quella psicologica è sicuramente la forma più infida di violenza. Se il partner si lascia andare a frasi offensive o capaci di minare la stabilità emotiva – come le, purtroppo, comuni “Non capisci niente”, “Come sei grassa”, “Ma dove vai vestita così” – c’è qualcosa che non va. Se un rapporto crea stress, perdita di autostima o, peggio ancora, depressione allora quello non è vero amore.

Il sesso non si “pretende”

Un partner, anche consolidato, che non accetta il rifiuto, foss’anche per una sera, non è una persona che ha rispetto dell’altro ma che vive la relazione in modo egoistico. Il sesso non è un obbligo ma è un cosa che si decide in due, si condivide. Va ricordato che una persona che tende a “obbligare” ad aver rapporti anche se non avete voglia, non ha rispetto di voi e, quindi, non è innamorato.

La gelosia è solo brama di possesso

Se un fidanzato vi vuole solo per lui non vuol dire che vi ama e che non vi vuole dividere con nessuno. Quasi sempre, infatti, il controllo ossessivo è solo il tentativo di isolare dal mondo esterno, per poter avere il pieno controllo di voi. Se, ad esempio, le continue telefonate anziché fare piacere iniziano a metter ansia, quello è il momento che le strade si dividano.

Non accettare l’ultimo appuntamento

È il più classico degli espedienti con cui un partner che non vuole rassegnarsi alla fine di una relazione tenta di ricomporre i pezzi della storia. La cronaca, però, ci insegna che a volte la cosa può degenerare. In momenti del genere gli animi non sono mai sereni. E, al cospetto di persone violente, non si sa mai cosa può accadere. Meglio evitare di cedere all’ultimo appuntamento. Anche la scusa più innocua, come quella di restituirsi regali o oggetti, può nascondere una trappola.

La complicità può avere un doppio fine

L’intimità può essere vissuta anche con piccoli segreti di coppia. Come nel caso in cui si decida di immortalare momenti di intimità con foto e video. Cose, ovviamente, da archiviare e custodire con cura. Ma la certezza che quel materiale non finisca nelle mani sbagliate non si avrà mai. Specie se a spingere per raccoglierlo sia soprattutto il vostro “lui”, che con la scusa di cementare il rapporto s’impossessa di quelle immagini. Che, però, quando la storia sarà finita, potrebbero avere un forte potere di ricatto. Attenzione dunque a strane richieste, specie se non siete convinte. Soprattutto nell’era dei social network, i risvolti potrebbero essere devastanti.

Attenzione al sexting

La dimensione online merita grande attenzione. Le nuove generazioni, spesso, non valutano che un banale “sì” può essere il primo passo verso il baratro. Anche se si ha voglia di scambiare immagini intime con il proprio ragazzo – il cosiddetto sexting –  perché magari può sembrare divertente e trasgressivo, bisogna ricordare che, una volta inviate, se ne perderà il controllo. Un partner ferito potrebbe ricondividerle nelle chat, postarle sui social, pubblicarle sul web. Con effetti incalcolabili.

Se ti chiede le tue password c’è puzza di bruciato

È il modo con cui un partner geloso e possessivo tenta di ottenere nel modo più facile le chiavi della vostra vita personale, per assumerne il controllo. Così può capitare che, consapevoli di non avere nulla da nascondere, ci si fidi incondizionatamente della persona della quale si è innamorati, dando seguito a queste richieste. Purtroppo, nel momento in cui si condividono le password, si consegna la totalità delle proprie informazioni, conversazioni, interazioni, nonché immagini e video ad un’altra persona che in futuro potrebbe disporne in modo illecito. Meglio avere la massima cura di queste informazioni.

Giocare d’anticipo per evitare guai peggiori

Il mezzo digitale mette molti meno ostacoli tra una potenziale vittima di violenza, seppur a distanza, e il suo aguzzino. Per questo, se qualcuno sfrutta l’online per vendicarsi della fine di una relazione o di un rifiuto, è meglio prendere immediatamente le contromisure. Fermando sul nascere una possibile escalation. Un’ottima strategia è quella di conservare tutto ciò che può essere utile a identificare l’autore del fatto: non cancellare le chat in cui si viene minacciati o diffamati, le immagini e i video in cui si è ritratti in atteggiamenti intimi che vengono divulgati, meglio ancora l’identificativo del profilo con cui viene commesso il fatto e l’URL dei siti su cui i file multimediali vengono pubblicati.

La colpa non è mai della vittima

Se si è vittima di una qualsiasi forma di violenza, bisogna lasciare da parte la vergogna o la paura del giudizio altrui. Chi maltratta dovrebbe infatti vergognarsi. Un buon inizio può essere quello di parlarne con una persona fidata e poi rivolgersi alle Forze dell’ordine. Questo non vuol dire arrivare necessariamente alla denuncia penale. Esistono infatti delle misure che possono limitare molto i danni, soprattutto l’ammonimento del Questore che è un vero e proprio “cartellino giallo” per chi maltratta. Non richiede l’intervento di un avvocato, è gratuito e nel 90% dei casi blocca gli episodi di violenza. La segnalazione non deve provenire necessariamente dalla vittima, ma da chiunque conosca la situazione: in questo caso segnalare non significa “tradire un’amica” ma, al contrario, è una dimostrazione di altruismo che può salvare una vita.

Ci sono tanti modi per farsi aiutare

Ogni storia è diversa dalle altre. Da qui l’importanza di parlarne. Dopodiché, a seconda della forma che la violenza assume, è bene sapere qual è il canale più adatto per chiedere aiuto. La Polizia di Stato è pronta ad ascoltare chiunque, dandogli il supporto di cui ha bisogno. Per esempio, in caso di reati “digitali” si può interpellare, anche solo per un suggerimento, la Polizia Postale e delle Comunicazioni, attraverso il sito o recandosi personalmente presso un qualsiasi ufficio della Polizia di Stato. C’è un modo ancor più semplice per farsi sentire: è l’App Youpol, che permette di fare una segnalazione (anche anonima), consentendo alle Forze dell’ordine di intervenire. Per le situazioni di pericolo imminente, si deve sempre contattare il numero unico di emergenza 112.

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