Dai barconi al campo di calcio: così allontaniamo il ricordo degli sbarchi
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Dai barconi al campo di calcio: così allontaniamo il ricordo degli sbarchi

Tra un sogno e l’altro, i giovani aspiranti calciatori si allenano, mentre i volontari si adoperano per organizzare delle amichevoli con squadre locali.

Dai barconi al campo di calcio: così allontaniamo il ricordo degli sbarchi
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30 Agosto 2014 - 17.10


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Il calcio come sport che aggrega e integra popoli di razze diverse del continente africano. Un modo per evadere anche dai ricordi delle difficoltà sofferte nei propri Paesi, ormai lasciate alle spalle, e dai drammi vissuti durante la traversata che dall’Africa li ha portati a Palermo. È dalla stessa passione in comune, che ventiquattro migranti, infatti, accolti nei vari centri di accoglienza straordinaria della Caritas di Palermo hanno dato vita a una squadra di calcio, la “San Curato d’Ars”, in onore dell’omonima parrocchia di Falsomiele, in cui molti di loro sono ospitati. Sono tutti giovanissimi e provengono tutti da paesi africani diversi: Gambia, Senegal, Ghana, Costa d’Avorio, Mali e Benin, dove, nei loro piccoli villaggi, giocare a calcio è sì un hobby, un passatempo che ci si può permettere di fare con poco, ma anche un’occasione per sbarcare il lunario e cambiare così il corso della propria vita.

“Nel villaggio in cui vivevo, giocavamo a calcio per intere giornate – racconta Tamba Jabai, del Mali, nominato dai suoi compagni il capitano della squadra -. Bastava davvero poco. Non avevamo soldi e così facevamo il pallone con i vestiti”. È giocando a calcio che per Tamba si presenta un’occasione quando viene ingaggiato da un allenatore che lo fa entrare in una vera squadra, la Sutukoba Football club. Di questo, però, Tamba parla a stento. “Un infortunio non mi ha più permesso – dice – di continuare a giocare e così ho dovuto interrompere”. Ridendo aggiunge: “Vorrei giocare nel Palermo calcio, una squadra famosa che mi piace molto”. Il ritorno a casa e la povertà che lo aspettava lo hanno costretto così a salire su quel gommone che lo ha fatto giungere in Sicilia.

Come in una vera squadra che si rispetti, i ragazzi si allenano ogni giorno al campo “Eurocalcetto” o al prato del Foro italico. L’allenamento è il momento più atteso della giornata: un divertimento e un’occasione per allontanare il pensiero dai problemi e dalle difficoltà vissute. “All’allenamento devi dimenticare tutti i tuoi problemi – spiega Lamin Sawo -, perché devi concentrarti e questo ti aiuta ad allontanarti per un po’ dai drammi vissuti durante il viaggio, dalla mancanza dei tuoi cari che hai lasciato per raggiungere l’Europa, dai problemi con cui convivi ogni giorni. Quindi, quando si gioca, non devi pensare. Se non stai concentrato non fai sul serio”. Lamin Sawo in Gambia era un calciatore della Laitr Kunday United, una squadra di serie B, presso cui ha giocato per 4 stagioni consecutive. Era abbastanza famoso, tanto che quando è arrivato a Palermo, altri suoi connazionali ospiti al centro “San Curato d’Ars” della Caritas l’hanno subito riconosciuto. Il suo obiettivo, però, non cambia: “Io voglio fare il calciatore e voglio giocare”. È questa l’unica risposta che Lamin dà sul suo futuro.

Tra un sogno e l’altro, intanto, i giovani aspiranti calciatori si allenano ogni giorno, mentre i volontari si adoperano per organizzare delle amichevoli con squadre locali, come già avvenuto qualche settimana fa a Casteldaccia, dove hanno giocato un’amichevole. “Vista la loro passione per il calcio, praticamente tanto quanto quella posseduta da molti loro coetanei palermitani – racconta Flavia De Simone, una volontaria Caritas – , stiamo cercando di organizzare delle partite con altri aspiranti calciatori siciliani. L’obiettivo è farli divertire, con il loro hobby preferito, ma soprattutto creare occasioni d’incontro e integrazione nel territorio”.

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